frattamaggiore ei suoi uomini illustri l'evoluzione sociale e culturale ...
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Fu ricevuto dal direttore famoso, lo trovò mentre si faceva curare le mani da una prosperosa ciarliera<br />
manicurista, ma non sapeva che Scarfoglio era stato premurato da De Tilla a non incoraggiare il (poco)<br />
raccomandato, perché non voleva perdere sì valente collaboratore.<br />
Lettera del preside Visone al parroco Arcangelo Lupoli<br />
E don Eduardo, con un fiume di parole ci riuscì.<br />
Allora la vita del Reccia prese altra strada. Si dette all’insegnamento. Ed insegnò sino alla fine, cioè sino al<br />
56 mo anno, dopo aver sostenuto e superato prove non facili, in campo militare, partecipando, da ufficiale<br />
alla prima guerra mondiale, con medaglia ed encomio solenne, per alcune imprese degne di eroi d’altri<br />
tempi. Fu durante quel conflitto che il Reccia incontrò il “suo” D’Annunzio. Allora il “divo” pescarese<br />
aveva rivoluzionato il campo <strong>culturale</strong> e patriottico italiano e le sue opere ed i <strong>suoi</strong> famosi discorsi,<br />
attraevano le masse.<br />
Alcuni anni dopo, a Gardone Riviera, si fece ricevere dal poeta e gli presentò un suo scritto. Il “Vate” lo<br />
lesse ad alta voce, si alzò dalla poltrona e si diffuse in caldi elogi, invitando l’ospite a colazione.<br />
Non si sposò, il Reccia, per restare nella famiglia della sorella Rosa, per il cui matrimonio aveva scritto il<br />
commovente discorso: Per le nozze della sorella Rosina; stupendo squarcio di prosa poetica.<br />
La parte più notevole dell’attività <strong>culturale</strong> sua fu l’insegnamento, ma egli fu più noto in tutto il circondario<br />
provinciale, per i <strong>suoi</strong> scritti e, soprattutto per i <strong>suoi</strong> discorsi.<br />
Come oratore, non ci fu a Frattamaggiore una manifestazione civile, una ricorrenza religiosa in cui il<br />
Reccia non fosse chiamato, per acclamazione popolare a fare il “SUO discorso”. Ed erano entusiastiche<br />
acclamazioni ed anche b<strong>ei</strong> doni.<br />
Legato com’era al parroco don Arcangelo Lupoli, altro cultore di ricerche ecclesiastiche sulla vita e sul<br />
culto del santo protettore di Fratta, cioè san Sosio, martire con san Gennaro nella feroce persecuzione di<br />
Diocleziano. Il Reccia si diede a collaborare nelle celebrazioni ecclesiali ed anche in quel campo fu<br />
trascinatore di fedeli.<br />
Egli fu autorizzato a “predicare” nelle funzioni della parrocchia e specialmente nelle ricorrenze speciali,<br />
quando si svolgevano ampi festeggiamenti liturgici e feste cittadine, con gare di bande e luminarie (che n<strong>ei</strong><br />
primi tempi erano “a fiammelle a gas” per tutto il corso Francesco Durante).<br />
Allora, come forse qualcuno ricorda, c’era una “gara” tra i fedeli di San Sosio e quelli di San Rocco. Erano<br />
altri tempi. Altri <strong>uomini</strong>. E scusate il ritorno a fare il “laudator temporis acti”, perché veramente si viveva<br />
meglio allora, anche senza televisione, ma anche senza tante turpitudini che siamo costretti a vedere ad<br />
subire con tanto sbalorditivo progresso.<br />
I <strong>suoi</strong> interventi oratorii, nella chiesa, le sue conferenze dentro e fuori tutte le chiese di Frattamaggiore,<br />
senza escludere quella di San Rocco, (perché allora non c’erano buoni rapporti tra le due schiere di fedeli: i<br />
sansossini ed i sanrocchini), i lupoliani e i mutiani (dal cognome del dott. Muti tenace organizzatore delle<br />
feste del santo francese).<br />
Famosi erano i “cappelletti” d<strong>ei</strong> manifesti delle cerimonie nelle ricorrenze di ambedue i santi: ed era<br />
sempre Reccia l’estensore, ed erano sempre diversi e tutti capolavori di stile, di fervore cristiano e di