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frattamaggiore ei suoi uomini illustri l'evoluzione sociale e culturale ...

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Più articolate, invece, furono le vicende che portarono all’acquisizione del busto reliquario di San Sossio.<br />

Esso era stato originariamente progettato dal Pedace per fungere da modello ad un busto reliquario in<br />

argento da porsi nella chiesa madre in sostituzione dell’analogo manufatto secentesco fuso poco dopo il<br />

1634 in ringraziamento dell’avvenuto riscatto della città dalle mani del patriarca di Alessandria, Alessandro<br />

del Sangro. Non essendo piaciuto però ai committenti, che ne avevano ordinato un altro a Salvatore<br />

Cepparulo, fu acquistato da Costanzo e solo alcuni anni dopo donato, opportunamente corredato di una<br />

reliquia, alla chiesa di Sant’Antonio 25 .<br />

Appassionata quanto la ricerca delle spoglie del Durante, fu la strenua battaglia che Costanzo mise in atto<br />

allorquando nel 1919, accortosi che il rettore della chiesa napoletana d<strong>ei</strong> Santi Severino e Sossio, don<br />

Giorgio Giordano, aveva fatto sparire le reliquie d<strong>ei</strong> due Santi, informatene monsignore Galante, noto<br />

storico dell’epoca, non convinto delle rassicurazioni da questi ricevute circa una momentanea rimozione<br />

delle reliquie per riporle in teche più belle, e certo, invece, che esse erano state maldestramente messe da<br />

parte, si rivolse al cardinale Prisco e al suo coadiutore monsignore Zezza affinché si adoperassero per la<br />

restituzione delle stesse alla pubblica venerazione. Era successo, infatti, come egli aveva da subito<br />

sospettato, che le reliquie, alle quali per chissà quale strana fisima il rettore non dava evidentemente alcuna<br />

importanza, erano state volutamente riposte in un polveroso armadio della sagrestia e lì dimenticate.<br />

Nonostante l’intervento del cardinale la questione si protrasse per circa due anni, ma alla fine Costanzo la<br />

spuntò: il 2 novembre del 1920 riceveva comunicazione da don Pasquale dell’Isola, segretario particolare<br />

dell’arcivescovo, del ritorno delle reliquie d<strong>ei</strong> due santi in chiesa.<br />

E. Pedace, Busto reliquario di San Sossio,<br />

Frattamaggiore, Chiesa dell’Annunziata e di S. Antonio da Padova<br />

Non meno interessante per la storia religiosa di Frattamaggiore è un breve scritto, rimasto finora inedito, e<br />

che ho rintracciato tra le carte di Costanzo gentilmente messe a mia disposizione dagli eredi, nel quale lo<br />

storico narra di un miracolo operato da san Sossio a beneficio di una bambina durante la processione<br />

organizzata, nel 1873, prima della deposizione del corpo del santo, unitamente a quello di san Severino, nel<br />

nuovo cappellone della chiesa parrocchiale della città. Narra dunque Costanzo:<br />

“Nella traslazione del corpo di S. Sosio dalla solfatara, dove fu decapitato, al campo Marciano, e dal campo<br />

Marciano a Miseno, dopo aver ottenuto la pace la Chiesa, non si ha notizia di prodigi avvenuti.<br />

Nella traslazione avvenuta da Miseno a Napoli, per opera d<strong>ei</strong> monaci Benedettini e Severiani che vogliano<br />

dirsi, Giovanni Diacono che tanta parte ebbe in questa traslazione del martire Sosio, scrive di una fanciulla<br />

travagliata da atrocissimi dolori articolari, di un giovinetto quasi semivivo per dolori di testa e incessanti<br />

vomiti di sangue guariti mercé l’unzione dell’olio della lampada che ardeva dinanzi al santo, e di un tale<br />

Stefano, che da Sosio medesimo ottenne la guarigione di un languore delle membra, che disperavasi affatto<br />

di sua salute.<br />

25 Tuttavia anche questo busto non riuscì di gradimento e fu venduto ad un certo sig. Cuccurullo per<br />

circa 30.000 lire. “Ne venne fuori una tale deformità che non si poté esporre alla venerazione d<strong>ei</strong><br />

fedeli e bisognò confinarlo in casa privata”, scrive in proposito il CAPASSO, op. cit., pag. 169.

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