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frattamaggiore ei suoi uomini illustri l'evoluzione sociale e culturale ...

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PRESENTAZIONE<br />

Il progetto <strong>culturale</strong> “Storie di donne”, ideato per contrastare le modalità commerciali con cui si celebra l’8<br />

marzo è partito nel 2001 con una rassegna di cineforum, con pellicole che avevano per protagoniste donne<br />

con storie emblematiche. La rassegna cinematografica risultando molto apprezzata, è stata riproposta anche<br />

nel 2002.<br />

Quest’anno, “Storie di donne”, si presenta con una formula diversa; prevede infatti due sezioni. Per un<br />

verso si è riproposto; qualche giorno fa, il gradito appuntamento con il cineforum, organizzando la<br />

proiezione del film Il favoloso mondo di Amelie. Alla visione del film è seguita la relazione dello psicologo<br />

dott. Cesare Augusto Principe, che ha intrattenuto il folto pubblico intervenuto sulla tematica affrontata<br />

nella pellicola ed ha risposto ai numerosi interventi.<br />

Oggi invece siamo qui, nella Sala consiliare del Comune per dare vita alla II parte del progetto, il convegno<br />

L’evoluzione <strong>sociale</strong> e <strong>culturale</strong> della donna a Frattamaggiore.<br />

Quest’ultima iniziativa, in linea con la più genuina e primaria ispirazione del nostro Istituto, quella della<br />

ricerca storica locale, è sorta dalla necessità di operare, attraverso uno studio sull’universo femminile<br />

frattese, una sorta di “pari opportunità” al passato.<br />

Durante lo scorso anno infatti, l’Istituto di Studi Atellani ha tenuto una serie di conferenze su Gli <strong>uomini</strong><br />

<strong>illustri</strong> di Frattamaggiore e in me nacque spontanea la domanda sul perchè nessuna donna, tra tanti <strong>uomini</strong>,<br />

si era resa degna degli onori della ricerca storica. La mia perplessità, presentata agli amici dell’Istituto, fu<br />

da loro subito condivisa ed entusiasticamente accettata come sprone ad una ricerca tutta tinta di rosa.<br />

Ci siamo chiesti innanzitutto quale potevano essere le piste da percorrere.<br />

La storia universale è stata sempre una storia al maschile per il ruolo importante, ma marginale, riservato<br />

alle donne nella società antica, pr<strong>ei</strong>ndustriale ed industriale.<br />

A Frattamaggiore però, le donne hanno sempre partecipato in maniera fattiva alla crescita economica e<br />

<strong>culturale</strong> della città.<br />

La lavorazione della canapa, attività primaria della città, prevedeva infatti la fase della pettinatura. Da<br />

sempre, questa era esclusivo appannaggio di umili ma instancabili operaie che dividevano la loro giornata<br />

tra questo duro lavoro, svolto all’alba, e la cura della famiglia.<br />

Centinaia e centinaia di donne frattesi n<strong>ei</strong> secoli hanno sacrificato la loro salute a questa attività che<br />

riusciva, in molti casi a garantire la sopravvivenza di una famiglia.<br />

A queste “pettinatrici” ho già rivolto la mia attenzione qualche anno fa, quando ideando il premio “Valore<br />

donna”, per l’associazione “Progetto Donna” ho suggerito di assegnarlo, nella prima edizione, a perpetua<br />

memoria di queste lavoratrici ed ho promosso la pubblicazione de La stoppa strutta, una ricerca molto<br />

originale ed approfondita, condotta da Pasquale Saviano e Luigi Mosca, sulla vita e modalità lavorative<br />

delle “canapine”.<br />

Ora bisognava rivolgere l’attenzione, per un verso, alle donne della piccola e media borghesia frattese<br />

durante la fase storica caratterizzata dalla lavorazione della canapa, per l’altro al processo di emancipazione<br />

femminile della nostra città.<br />

Le signore, mogli, madri o sorelle di canapieri frattesi svolgevano anch’esse un ruolo importante, spesso<br />

non solo come compagne di vita, ma operativamente come vere amministratrici, conduttrici o manager<br />

dell’azienda familiare.<br />

Era palese il loro apporto, ma non formalmente riconosciuto.<br />

La loro formazione era quella riservata a tutte le donne del passato in vista di una totale dedizione alla<br />

famiglia: una bassissima, se non del tutto assente, scolarizzazione a cui corrispondeva invece una forte<br />

formazione di stampo religioso.<br />

Evidente quindi che bisognava ricercare un prevedibile, forte apporto di queste signore alla crescita<br />

<strong>culturale</strong> della città in un ambito loro quasi esclusivamente riservato: quello della beneficenza.<br />

Quest’ultimo infatti, per molte non era soltanto un bisogno intimamente sentito, ma anche un’opportunità<br />

per dare lustro alla famiglia.

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