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frattamaggiore ei suoi uomini illustri l'evoluzione sociale e culturale ...

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Né tutto ciò ci sembra possa essere significativamente pregiudicato dal fatto che l’attestazione della nascita<br />

ortese del De Popoli sostenuta dal De Dominici va oggi rivisitata alla luce di più puntuali riscontri<br />

documentari, che ne definiscono, invece, una nascita casertana 15 .<br />

E’ un dato, comunque, che la certezza documentaria del luogo di nascita dello Stanzione rimanga<br />

irraggiungibile, così come di problematica possibilità di accertamento critico rimane il tema della sua<br />

formazione e del tirocinio d’esordio.<br />

Come attesta il De Dominici, il punto di partenza dello Stanzione dovrebbe essere stato il Santafede. Poi, in<br />

aggiunta, lo storico settecentesco addita la figura di Battistello Caracciolo.<br />

Orbene, uno sguardo alla cronologia ci lascia osservare che la compatibilità d’un alunnato diretto dello<br />

Stanzione presso il Santafede appare come dato sicuramente ritenibile, mentre più articolato appare quello<br />

dell’esemplarismo del Caracciolo, il quale, negli anni in cui Stanzione avrebbe potuto assorbirne il portato,<br />

era in profonda crisi d’identità per la ‘scoperta’ che veniva maturando del ‘nuovo’ naturalistico che<br />

interveniva a sconvolgere gli assetti ordinati e tranquilli degli ultimi ansiti delle estreme regioni del<br />

manierismo.<br />

Se l’esordio stanzionesco è legato alla temperie santafede-caraccioliana vissuta, secondo la prospettiva<br />

dedominiciana, in chiave tardomanieristica, come si possono conciliare con queste cose le innovazioni<br />

naturalistiche e la stessa esigenza d’una pittura del vero se non ipotizzando che ad una prima fase<br />

‘santafediana’ dello Stanzione, svolta in chiave tardomanieristica e senza che ne siano rimaste tracce<br />

documentarie utilmente apprezzabili, abbia fatto seguito un’altra fase in cui l’approccio col Caracciolo<br />

possa essere avvenuto parallelamente alla crisi dell’identità manieristica di questo ed al suo accostamento<br />

al ‘nuovo’ caravaggesco?<br />

L’exemplum caraccioloiano non può non rivestirsi, necessariamente, d<strong>ei</strong> panni naturalistici, della cui nuova<br />

e fermentante innovazione avrebbe ‘contagiato’ Stanzione, costringendolo, in tal modo, a rivisitare sotto<br />

questa più producente angolazione la pittura stessa del Santafede, al cui interno, d’altronde, a differenza<br />

d’altra modalità d’approccio al manierismo - quale poteva essere quella, ad esempio, d’un Imparato -<br />

s’annidavano semi ed esigenze di verità figurativa in opposizione ad una mera ‘maniera ideata’.<br />

Può prender credito, attraverso le parole della testimonianza del De Dominici - che pur accredita il<br />

Caracciolo d’un aggiornamento ‘classicista’ romano condotto sull’esemplarismo carraccesco - l’ipotesi che,<br />

attraverso Roma, - in modo diretto o indiretto - il Caracciolo stesso possa aver già subito la folgorazione<br />

‘naturalistica’ che l’avrebbe reso, poi, all’arrivo del Caravaggio a Napoli, già maturo per la completa<br />

conversione che egli ebbe?<br />

E la condizione di partenza dello Stanzione, in qual misura può non aver subito, nel giro d’anni intorno allo<br />

scadere del vecchio secolo ed al nascere del nuovo, uno stesso percorso evolutivo, all’interno del quale,<br />

tuttavia Massimo, a differenza di Battistello, non ha abbracciato d’abbrivio il ‘naturalismo’, limitandosi ad<br />

accostarvisi? E’ tutto ciò compatibile con la scelta di procedere, in successione, ad involverne tratti e<br />

modalità di linguaggio, avendo già provveduto - da subito - a ‘mediare’, creando tutte le premesse logiche e<br />

fattuali di quella svolta ‘pittoricistica’ che costituisce certamente il tradimento del verbo caravaggesco, ma,<br />

per altri versi, anche un modo tutto partenopeo di introitarne il portato e la carica innovativa lasciandole<br />

l’opportunità concreta di divenire linguaggio comune, partecipato e condiviso, accettato da una<br />

committenza guardinga e sospettosa?<br />

Le parole d’esordio della Vita dedominiciana dello Stanzione non sembrano dover contraddire tale ipotesi e<br />

danno forza, piuttosto, alla ritenibile influenza ed alla circolare interferenza esemplaristica che l’ambiente<br />

romano saraceno-manfrediano poteva esercitare sull’artista, aprendo le piste al luminismo vouettiano e,<br />

quasi ovviamente, a tal punto, alle stesse dinamiche artemisiane su cui la fonte dedominiciana non manca<br />

di lasciar poggiare l’accento, accreditandole di più peso di quanto, forse, non abbiano esse avuto sulla<br />

produzione stanzionesca.<br />

15 Per una riconsiderazione critica del significato della attestazione restituita su base documentaria<br />

della nascita casertana del De Popoli in funzione negativa della testimonianza dedominiciana<br />

dell’appartenenza del De Popoli al contesto ortese cfr. R. PINTO, Giuseppe Marullo e i Maestri di<br />

Orta, in M. MARINI - R. PINTO, Tappe dell’arte napoletana, op. cit.

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