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frattamaggiore ei suoi uomini illustri l'evoluzione sociale e culturale ...

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Questo stile particolare caratterizzato da una formula equilibrata e composta, nutrita di vero, ma moderata e<br />

modulata negli accenti, s’andrà, poi, affermando col tempo e si spiega ancor meglio la ragione del suo<br />

successo, dal momento che tale pittura sarà quella capace di rendersi interprete sicuramente d’un nuovo e<br />

più moderno sentire, senza porre in discussione le condizioni entro le quali il potere - nella doppia sfera<br />

politica e religiosa - pretendeva che l’arte dovesse svolgere la sua ricerca ed il suo compito <strong>sociale</strong>.<br />

M. Stanzione, Annunciazione. Marcianise, chiesa dell’A.G.P.<br />

C’è un’ulteriore sottolineatura che la nota introduttiva del De Dominici suggerisce sulla quale ci pare utile<br />

continuare a lasciar soffermare la nostra attenzione: quella dell’attività di ‘storico’ del pittore s<strong>ei</strong>centesco.<br />

Il De Dominici afferma che una delle fonti documentarie alla quale ha attinto nella produzione delle sue<br />

Vite è stata quella di una sorta di taccuino d’appunti prodotto da Massimo Stanzione.<br />

Su tale lavoro lo storico settecentesco, avverte l’esigenza di diffondersi, procedendo a narrarne anche tutta<br />

la storia “esterna”, che ha segnato il percorso seguito dal manoscritto per giungere nelle sue mani.<br />

“Questi scritti di Massimo” dice infatti il De Dominici “legati in quarto picciolo pervennero dopo la<br />

sua morte in mano di Giuseppe Marullo suo discepolo, da cui gli ebbe l’anzidetto Nicola Marigliano,<br />

il quale obbligato per vari regali, e desinari gli diede finalmente a me per mediocre somma: onde<br />

qual cosa preziosa appresso di me si conservano, come quelli che mi han servito di fida scorta nelle<br />

presenti narrazioni ...”.<br />

Di questo manoscritto dello Stanzione non rimane unicamente la descrizione del De Dominici, ma il testo<br />

stesso conservato presso la Biblioteca Nazionale di Napoli che lo avrebbe acquisito in una data posteriore<br />

al 1815, ma prima dell’arco tra il 1830 e il 1842, che è il periodo in cui il manoscritto è per la prima volta<br />

additato da H. W. Shulz 19 .<br />

Ad esso si è rivolta l’attenzione critica degli studiosi e le ipotesi che sono state formulate possono<br />

raccogliersi in tre grandi gruppi:<br />

1) che il manoscritto dello Stanzione sia autentico;<br />

2) che esso sia un falso creato dal De Dominici;<br />

3) che possa essere il prodotto di una collazione di dati e di scritti in parte preesistenti al De Dominici, in<br />

parte messi insieme dallo storico settecentesco utilizzando sia appunti direttamente scritti dallo Stanzione,<br />

sia testimonianze o ricordi di chi avrebbe potuto avere ascoltato direttamente lo Stanzione stesso. Questa<br />

terza ipotesi, insomma, accrediterebbe l’originalità sostanziale ma non formale delle memorie<br />

stanzionesche.<br />

M. Stanzione, Sacrificio di Mosè. Napoli, Museo di Capodimonte<br />

19 S. SCHÜTZE - T. WILLETTE, Massimo Stanzione. L’opera completa, p. 161 n. 2.

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