ARPA - Rivista digitale sulle nuove tendenze culturali del ... - ARPANet
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a glissare su certi argomenti. Incredibile come riuscissi a<br />
non sentirmi mai in colpa, una specie di costruzione <strong>del</strong>le<br />
difese mi permetteva di sentirmi quasi in diritto di avere<br />
questa dedizione nei tuoi confronti. Mi dicevo spesso che<br />
non avevo mai fatto mancare nulla a mio marito, che ero<br />
sempre stata prodiga di attenzioni, di affetto. Riuscivo<br />
anche a credere a quello che dicevo....<br />
Alla fi ne non so cosa mi ha dato la forza di prendere quella<br />
decisione, incontrovertibile oramai. Non potevo più<br />
aspettare. Avevo bisogno di vederti.<br />
Mai come in quel giorno ho provato il desiderio di<br />
toccarti.<br />
Mi hai sempre detto “Sai dove trovarmi”.<br />
Senza pensare sono partita, i cartelli quasi li conoscevo<br />
a memoria dopo aver spaziato a lungo con la fantasia.<br />
Nessun pensiero, nessun’agitazione. Solo il desiderio folle<br />
di accarezzare quelle mani che per tanto<br />
tempo mi avevano tenuto compagnia,<br />
di riconoscere nella persona che andavo<br />
cercando il viso che avevo tenuto<br />
segretamente nascosto per anni.<br />
Una sola fotografi a.<br />
Uno sguardo.<br />
Non ho fatto fatica a trovarti, era<br />
proprio come dicevi tu. Il viale alberato che ti porta a<br />
quell’edifi cio sulla sinistra. Mi sono spaventata quando<br />
non ho provato emozione. Ero interdetta di fronte alla mia<br />
freddezza.<br />
Quei momenti frenetici di passione e di inferno, il toccare<br />
con un dito lo schermo <strong>del</strong> computer e sentire un colpo<br />
nel cuore, le corse per un saluto e le conversazioni amorose<br />
di una vita stavano sfociando in questo incontro... ed ero<br />
calmissima.<br />
Sei uscito con un sorriso. Un tuono nella mia mente. Sai<br />
quando pensi “Non può capitare questo a me” e intanto<br />
controlli il cuore che batte così velocemente da non<br />
riuscire a controllarlo e ti sembra di farneticare, e anche i<br />
pensieri sono balbettii...<br />
La prima cosa che ho notato di te sono stati i denti.<br />
Sembrava danzassero mentre parlavi. Mi hai stretto la<br />
mano, come si fa nei fi lm.<br />
Non me l’hai più lasciata.<br />
50 . <strong>ARPA</strong> .<br />
«Prima lo scoprirsi, mostrare<br />
quello che nel cuore erano solo<br />
cicatrici, lasciare spazio alla vista,<br />
emozionarsi. Mi hai toccata<br />
leggermente, accarezzandomi le<br />
spalle, il braccia, il seno.»<br />
Abbiamo passeggiato in quel viale come due bambini<br />
all’uscita da scuola. Per darmi un contegno mi ero portata<br />
la borsa di lavoro che pesava <strong>sulle</strong> spalle, ti sei offerto<br />
di portarmela. Hai cominciato a parlare tu, non mi hai<br />
dato respiro, è così che sei, egocentrico e spiritoso, ho<br />
riso molto. Almeno una decina di panchine, e le abbiamo<br />
snobbate tutte.<br />
Mi hai detto “Ora sai cosa ti tocca, vero?”<br />
Certo che lo sapevo. Camminavi con un modo strano di<br />
allargare un po’ verso l’esterno le gambe, ho esaminato<br />
nel silenzio ogni piccolo particolare. Mi sono acquietata.<br />
Non sono rimasta sorpresa di te. La mia calma era forse<br />
la tacita conseguenza <strong>del</strong> conoscerti fi n troppo bene, di<br />
averti immaginato ogni giorno, di aver fantasticato su<br />
di te, analizzando ogni singola parola, comprendendoti<br />
a fondo, stimando la tua intelligenza, fi nendo con<br />
l’innamorarmene.<br />
Perchè era questo, in fondo.<br />
Trovare una persona molto simile<br />
al mio immaginario, dopo aver<br />
passato una vita a rilevare difetti<br />
nelle conoscenze fatte. Stupirsi<br />
che qualcuno possa comprendere<br />
una mia frase, anche criptata, e<br />
rispondermi senza problemi, in un<br />
linguaggio che pensavo di usare solo<br />
io. Inchinarmi davanti a una rara<br />
forma di intelligenza e di veleno, che mi ha spinto negli<br />
anni a elaborare un antidoto, e allo stesso tempo a sentirmi<br />
attratta dal rischio di intossicazione.<br />
La sera abbiamo cenato in casa tua, raccontandoci le<br />
nostre vite in un soffi o. Bramosi di ascoltare, ogni cosa era<br />
dilatata. Non ho neppure notato l’arredamento, e questo<br />
vuole dire tanto. Io, così osservatrice, così puntigliosa<br />
e interessata alla disposizione dei mobili e degli spazi,<br />
ricordo solo una stanza.<br />
Abbiamo smesso di parlare. Una cosa che ti ha sempre<br />
reso onore è la tua sincerità. Non mi hai mai mentito,<br />
anche se sarebbe stato più semplice. Eri così forte e pieno<br />
di sicurezza, sembravi addirittura più giovane. Non avrei<br />
mai creduto di ammirare così un corpo. La tua pelle<br />
aveva di tanto in tanto alcune lentiggini chiare, seguivo il<br />
loro percorso con un dito come una costellazione. Ti sei<br />
lasciato guardare, senza fretta, senza vergogna. Ho toccato<br />
prima il viso, baciando le palpebre, sfi orando le ciglia,<br />
perdendomi nei lineamenti, ripromettendomi di non