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PATHOLOGICA 2004;96:269-270<br />
Il ruolo del consulente ed il consulto<br />
in anatomia patologica<br />
Il punto di vista dell’anatomo patologo<br />
A. Andrion<br />
Dipartimento dei Servizi Diagnostici, S.C. Anatomia, Istologia<br />
Patologica e Citodiagnostica, Ospedale Martini, ASL 2,<br />
Torino<br />
I fenomeni di mobilità sanitaria dovuti ai mutati contesti socio-economici<br />
e la forte esigenza dei pazienti di maggiore<br />
informazione circa la conformità dell’atto medico che viene<br />
proposto hanno incrementato la richiesta di consulto, o comunque<br />
la richiesta di una seconda opinione da parte di un<br />
altro professionista, spesso appartenente ad altra istituzione.<br />
Ad esempio, riferendoci al singolo paziente, é sempre più<br />
frequente che non vi sia identità tra istituzione in cui viene<br />
posta una diagnosi e istituzione in cui viene effettuata la successiva<br />
terapia. Questo processo coinvolge sempre di più anche<br />
il patologo con un corollario di problemi che spaziano da<br />
responsabilità medico-legali, ai riflessi deontologici, sino a<br />
risvolti di ordine gestionale ed economico 1-4 . Di conseguenza,<br />
é necessario che il patologo conosca sia le procedure da<br />
adottare a tutela del paziente, dei colleghi e propria 5 , sia la<br />
vasta gamma di situazioni che possono motivare la richiesta<br />
di consulto al fine di poterle gestire al meglio. Infatti, accanto<br />
agli eventi di gran lunga più frequenti riguardanti la richiesta<br />
di consulto per casi di difficile/problematica interpretazione<br />
o per ulteriore validazione della diagnosi morfologica<br />
al fine di proseguire/iniziare una terapia non banale, un<br />
trattamento invasivo, a rischio o potenzialmente invalidante,<br />
esistono richieste che possono essere collegate a fattori “minori”,<br />
non di tipo diagnostico ma tuttavia assai problematici.<br />
Ad esempio, supposta scarsa fiducia da parte del paziente o<br />
del medico curante nel patologo che ha posto la diagnosi,<br />
prassi esasperata di medicina difensiva da parte del clinico<br />
che assume in carico il paziente, possibili forzature legate al<br />
potenziale incremento di guadagno connesso all’attività di<br />
consulto, ecc. Tenendo presenti i differenti scenari, é verosimile<br />
che il singolo patologo, soprattutto quello soggetto a seconda<br />
opinione, ritenga che vi sia necessità di pieno riconoscimento<br />
e diffusa informazione sul fenomeno della variabilità<br />
e soggettività dell’osservazione per cui, in caso di discrepanza<br />
di giudizio, occorre differenziare non solo tra errore<br />
diagnostico comportante rilevanti modifiche dell’approccio<br />
terapeutico e prognostico ed errore diagnostico che non implica<br />
le suddette modifiche (vale a dire, se si tratta di un errore<br />
non accettabile o accettabile), ma anche tra variazione di<br />
giudizio correlata ad un errore e variazione frutto soltanto di<br />
differenze di “scuola” o di impiego di sistemi classificativi<br />
differenti 6 . Un altro tema non risolto riguarda la proprietà del<br />
e, soprattutto, la responsabilità sul materiale biologico/preparato<br />
isto-citologico che viene sottoposto a consulto, nell’evenienza<br />
che questo venga perso o danneggiato. E’ sufficiente<br />
una dichiarazione liberatoria? È sufficiente o lecito impiegare<br />
lo strumento (dissuasivo) del deposito cauzionale? E ancora:<br />
la richiesta di parere che spesso un patologo richiede ad<br />
un collega di altra istituzione – prima o dopo avere emesso<br />
una diagnosi – equivale ad una richiesta di consulto, deve es-<br />
Moderatori: A. Fabiano (Roma) e F.M. Vecchio (Roma)<br />
sere sempre formalizzata e come? A chi deve essere attribuito<br />
il costo di tale pratica? Il paziente deve essere preventivamente<br />
informato sull’intenzione di sottoporre il suo materiale<br />
biologico a questo tipo di valutazione, onde poter esprimere<br />
il proprio consenso o meno? Attualmente, su questa ampia<br />
gamma di temi non esistono posizioni univoche, né tanto<br />
meno esse sono codificate da un qualche codice deontologico<br />
o da precise norme legislative. Tuttavia, esiste fortunatamente<br />
la convinzione sempre più ferma e diffusa della necessità<br />
di trattare la materia in termini pluridisciplinari e sotto<br />
differenti angolature al fine di uniformare quanto più possibile<br />
– tramite un primo consenso sviluppato all’interno della<br />
comunità medico-scientifica – procedure e punti di vista<br />
per salvaguardare i legittimi interesse dei due principali attori<br />
coinvolti: il paziente e il patologo.<br />
Bibliografia<br />
1 Association of Directors of Anatomic and Surgical Pathology. Consultation<br />
in surgical pathology. Am J Surg Pathol 1993;17:743-5.<br />
2 Leslie KO, Fechner RE, Kempson RL. Second opinions in surgical<br />
pathology. Am J Clin Pathol 1996;106(suppl1):S58-S64.<br />
3 Murphy WM. Ethical issues in anatomic pathology. Are we going the<br />
way of the financial sector? Am J Surg Pathol 2003;27:392-5.<br />
4 Tsung JSH. Institutional pathology consultation. Am J Surg Pathol<br />
2004;28:399-402.<br />
5 SIAPEC. Norme per consulenze e consulti isto-citologici richiesti a<br />
scopo di diagnosi e cura del paziente. Testo approvato dal Consiglio<br />
Direttivo. Padova, 24 gennaio 2004.<br />
6 Foucar E. Error identification. A surgical pathology dilemma. Am J<br />
Surg Pathol 1998;22:1-5.<br />
Il punto di vista della Società Scientifica<br />
F.M. Vecchio<br />
Istituto di Anatomia e Istologia Patologica, Università Cattolica<br />
del Sacro Cuore, Roma<br />
Le problematiche relative al ruolo del consulente e, più in generale,<br />
al consulto in Anatomia Patologica costituiscono per<br />
la Società Scientifica una tematica di indubbio interesse e<br />
nello stesso tempo una concreta occasione per esercitare un<br />
ruolo rientrante a pieno titolo tra i suoi fini istituzionali. In<br />
effetti il consulto ed il consulente operano in una area, quella<br />
della attività professionale e degli interessi a questa collegati,<br />
espressamente richiamata ai commi b) e l) dell’art. 3<br />
dello Statuto Societario che elenca gli scopi della SIAPEC-<br />
IAP.<br />
In tale ottica di rappresentanza e tutela degli interessi professionali,<br />
si è mossa negli ultimi sei anni la Società con alcune<br />
concrete realizzazioni. La prima del 30 giugno 2000 con la<br />
decisione del Consiglio Direttivo di “dare la più diffusa<br />
informazione (sito e rivista) della disponibilità di gruppi di<br />
patologi a diventare centro di “second opinion” mediante la<br />
telepatologia” con conseguente creazione sul sito stesso di<br />
una sorta di Albo dei Consulenti, soggetti iscritti alla Società<br />
e disposti ad offrire la loro consulenza (anche indipendentemente<br />
dalla telepatologia) nel campo di loro specifico interesse;<br />
la seconda con l’organizzazione del Convegno Nazio-