semio 5.indd - Andrea Valle - Università degli Studi di Torino
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iconosciute per <strong>di</strong>chiarare se quel vino è o meno strutturato, imparando<br />
lui stesso a riconoscerlo. La seconda opzione, potenzialmente <strong>semio</strong>tica<br />
quanto la prima, considererebbe rilevante il processo <strong>di</strong> negoziazione<br />
tra sensazioni e categorizzazione attesa, cioè tematizzerebbe un piano<br />
generativo dell’espressione con una componente morfo-sintattica.<br />
Concor<strong>di</strong>amo. Io non imparo a nuotare riproducendo sulla sabbia i movimenti<br />
del maestro <strong>di</strong> nuoto o chiedendogli che cosa devo fare, ma imparo quando<br />
immergo tentativamente la materia del mio corpo all’interno della materia <strong>di</strong><br />
una corporeità “altra” a cui mi apro in un incontro, quando il mio corpo combina<br />
alcuni suoi punti singolari con i moti principali dell’onda 13 . Io non imparo ad<br />
essere un buon sommelier stu<strong>di</strong>ando la categorizzazione testuale dei vini, ma<br />
imparo quando la materia della mia lingua <strong>di</strong>viene commensurabile alla materia<br />
del vino e ne in<strong>di</strong>cizza dei formanti can<strong>di</strong>dati a <strong>di</strong>venire l’espressione <strong>di</strong> un<br />
contenuto possibile. In entrambi i casi, il mio corpo deve finire col riuscire ad<br />
abitare il corpo dell’altro, adattandosi localmente alle sue singolarità significanti<br />
(cfr. Fontanille 2004: 214).<br />
Il problema è però come questo possa essere fatto.<br />
5. LA COSTRUZIONE DELLA FUNZIONE SEMIOTICA E L’INSTAU-<br />
RAZIONE DI COMMENSURABILITÀ: SINGOLARITÀ E RATIO.<br />
Secondo Fontanille (2004: 415-6):<br />
per accedere al piano del contenuto si deve innanzi tutto […] <strong>di</strong>simplicare la<br />
maniera in cui le figure dell’espressione prendono forma a partire dal substrato<br />
materiale delle iscrizioni e dal gesto che ve le ha inscritte […]. La <strong>semio</strong>tica<br />
strutturale classica non ha certo ignorato questa <strong>di</strong>mensione […]. Tuttavia, lo<br />
faceva mettendo tra parentesi il carattere corporale sia del substrato materiale<br />
d’iscrizione sia del gesto d’enunciazione. […] La <strong>semio</strong>tica dell’impronta presta<br />
attenzione al modus operan<strong>di</strong> della produzione testuale, così come a quello<br />
dell’interpretazione, dal momento che mette in gioco l’ipotesi che l’interpretazione<br />
sia un’esperienza che consiste nel ritrovare le forme <strong>di</strong> un’altra esperienza<br />
<strong>di</strong> cui non resta che l’impronta (Fontanille 2004: 415-6).<br />
Ora, una <strong>semio</strong>tica interpretativa che prestava attenzione al modus operan<strong>di</strong> della<br />
produzione testuale e in cui l’interpretazione non era altro che la produzione <strong>di</strong><br />
segni interpretanti in funzione dei “vari mo<strong>di</strong> in cui si producono materialmente<br />
oggetti destinati alla funzione segnica” 14 , costituiva il paragrafo 3.6 del Trattato<br />
13 Cfr. Deleuze 1967: 44.<br />
14 Eco 1975: quarta <strong>di</strong> copertina.<br />
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