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semio 5.indd - Andrea Valle - Università degli Studi di Torino

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<strong>semio</strong>tiche plurime dove la determinazione reciproca tra espressioni e contenuti<br />

è posta sotto l’egida <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse semantizzazioni. Tra l’altro, non bisogna<br />

confondere il carattere motivato della determinazione reciproca <strong>di</strong> espressione/<br />

contenuto, una volta scelta la prospettiva <strong>di</strong> semantizzazione, dall’arbitrarietà<br />

linguistica ere<strong>di</strong>tata dal fascio <strong>di</strong> pertinentizzazioni sui due piani (doppio fascio<br />

per i linguaggi biplanari).<br />

Ciò ci conduce a sostenere che il testo non è identificabile con la sola organizzazione<br />

<strong>di</strong>scorsiva, ma che quest’ultima non può essere nemmeno ridotta a<br />

organizzazione semantica in<strong>di</strong>pendente, dato che resta inelu<strong>di</strong>bilmente connessa<br />

con la costituzione congiunturale dei significanti.<br />

1.4. Contrad<strong>di</strong>zioni interne alla teoria testuale greimasiana<br />

Nel momento che si riconosce con Jacques Fontanille (1999) che “l’universo<br />

della significazione deve essere considerato più come una prassi che come un<br />

incassamento <strong>di</strong> forme stabilizzate” ci si può legittimamente domandare se la<br />

forte <strong>di</strong>stinzione tra manifestazione e realizzazione, posta da Hjelmslev a partire<br />

dal 1943 possa ancora suffragare la legittimità del percorso generativo greimasiano,<br />

o se - come ci in<strong>di</strong>cano Rastier e Utaker, ma ancor prima il Saussure<br />

ine<strong>di</strong>to (2002) - è necessario ritornare a una preminenza della parole. Ora, è<br />

certo vero che nella tra<strong>di</strong>zione strutturalista si è sempre pienamente riconosciuto<br />

che la manifestazione è solo un punto <strong>di</strong> vista sul testo che lo costituisce come<br />

“fatto linguistico”, pur sapendo che esso è prima <strong>di</strong> tutto un “fatto sociale”.<br />

Piuttosto, ciò che è oggi necessario avanzare è il rifiuto <strong>di</strong> assumere il fatto<br />

linguistico come qualcosa <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendente dalla gestione del senso: ovvero,<br />

l’autonomizzazione <strong>di</strong> una semantica linguistica deve potersi coniugare con<br />

l’idea che essa si costituisce nel quadro delle pratiche. Esse non riconducono i<br />

linguaggi a puri usi funzionali, non solo perché questi sono forgiati e costantemente<br />

rinnovati dalle <strong>di</strong>verse culture, ma perché essi stessi sono costantemente<br />

interrogati dalle poste <strong>di</strong> senso.<br />

Le <strong>semio</strong>tiche linguistiche sono una forma <strong>di</strong> gestione del senso, e ciò<br />

impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> svincolare la generatività delle forme del contenuto da quelle<br />

dell’espressione. La trasposizione e traduzione <strong>di</strong> senso tra linguaggi non è<br />

data da una semantica <strong>di</strong>scorsiva in<strong>di</strong>pendente dalla giunzione con un piano<br />

dell’espressione, ma nasce dalla pratica <strong>di</strong> gestire e patteggiare possibili trasferibilità<br />

<strong>di</strong> effetti <strong>di</strong> senso nel modo con cui ci giochiamo la significazione <strong>di</strong><br />

testi <strong>di</strong> altre <strong>semio</strong>tiche. Per esempio, si è cominciato a praticare cinema astratto<br />

patteggiando livelli <strong>di</strong> semantizzazioni trasponibili dalle pratiche <strong>di</strong> fruizione<br />

della musica strumentale a quelle della ricezione cinematografica.<br />

Sostenere che “il testo è costituito unicamente dagli elementi <strong>semio</strong>tici conformi<br />

al progetto teorico della descrizione” (Greimas, Courtés 1979, voce testo)<br />

significa barare sotto la scusante della correttezza epistemologica. Si bara perché<br />

non si può decidere <strong>di</strong> semantizzare un testo se non riascrivendolo a una pratica<br />

e a uno statuto, che è cosa <strong>di</strong>versa dal sottolineare che esso sarà poi stu<strong>di</strong>ato<br />

sotto il fascio <strong>di</strong> pertinenze che sono funzione dello sguardo <strong>di</strong>sciplinare.<br />

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