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della CARTA GEOLOGICA D'ITALIA alla scala 1:50.000

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L’aspetto più stimolante di questa interpretazione <strong>della</strong> catena è che la parte assiale, che costituisce la<br />

catena collisionale vera e propria, appare completamente svincolata dalle zone più esterne ed interne. In<br />

essa sono contenute tutte le unità che hanno subito una o più degli eventi metamorfici legati <strong>alla</strong><br />

subduzione ed <strong>alla</strong> collisione, e la loro distribuzione all’interno <strong>della</strong> zona assiale non è il frutto di una<br />

evoluzione cilindrica dei domini paleogeografici, ma sembra essere rimessa continuamente in gioco dalle<br />

cinematiche locali. Ne consegue che ogni elemento strutturale <strong>della</strong> catena, definito come unità<br />

tettonostratigrafica (sensu DELA PIERRE et alii, 1997) o unità tettonometamorfica (sensu SPALLA et alii,<br />

1998) può avere una storia tettonometamorfica autonoma rispetto alle unità vicine, e che prima di<br />

effettuare qualsiasi tipo di ricostruzione si dovrà conoscere in modo preciso quale è la storia collisionale<br />

Una ulteriore complicazione dell’assetto geometrico <strong>della</strong> collisione viene introdotto d<strong>alla</strong> complessa<br />

interazione delle cinematiche alpina ed appenninica che avvengono a partire dal Neogene. Il risultato<br />

conferisce <strong>alla</strong> catena la caratteristica forma arcuata del suo settore occidentale che simula una rotazione<br />

antioraria <strong>della</strong> zona di collisione tra la placca europea e quella apula.<br />

La letteratura alpina risente ovviamente di questa complessa evoluzione delle conoscenze ed<br />

interpretazioni, da cui sorge un grave problema di nomenclatura. Questa infatti, ereditata da modelli<br />

passati, non viene ridefinita nelle interpretazioni più recenti. Ne consegue che termini abitualmente<br />

presenti nella bibliografia sono impiegati con significato diverso a seconda degli Autori oppure cambiano<br />

significato col tempo. A questo si aggiunge le naturale inerzia <strong>della</strong> comunità scientifica ad accettare<br />

nuove interpretazioni che mettono in discussione modelli che sembravano consolidati qualche lustro<br />

prima, e soprattutto la nomenclatura che ne consegue.<br />

Un esempio classico è costituito dalle successioni a ofioliti che segnano la sutura oceanica nella catena.<br />

D<strong>alla</strong> primitiva definizione di “Zona delle pietre verdi”, introdotto nella nomenclatura alpina nella metà del<br />

secolo scorso, si è avuto un proliferare di etichette (Zona piemontese dei calcescisti con pietre verdi,<br />

Schistes Lustrés, Ophiolit decke, Ensemble Ligure, Complesso dei calcescisti con pietre verdi, Zona del<br />

Combin, ...) con significato via via paleogeografico, geografico, litostratigrafico, tettonico, metamorfico,<br />

con valenza regionale o locale, che non hanno certo contribuito a semplificare la comprensione al lettore<br />

non specialista.<br />

Nell’area del foglio affiorano estesamente unità appartenenti, nelle interpretazioni classiche, ai “domini<br />

paleogeografici” piemontese e brianzonese. Sembra opportuno quindi fornire qui di seguito un breve<br />

inquadramento regionale delle unità affioranti nell’area, in cui si illustrano anche le scelte effettuate per<br />

1.1. - LE UNITÀ OCEANICHE E OFIOLITICHE DELLE ALPI OCCIDENTALI<br />

Un insieme di successioni che rappresentano la testimonianza del bacino oceanico mesozoico<br />

interposto alle placche europea ed insubrica e definito in letteratura come Bacino Oceanico Ligure<br />

Piemontese (ELTER, 1971; LEMOINE, 1971; DAL PIAZ, 1974a, b) affiora in maniera continua lungo tutto<br />

l’arco alpino occidentale nel settore compreso tra la linea Sestri - Voltaggio ed i ricoprimenti pennidici<br />

inferiori dell’Ossola - Ticino. Altri affioramenti di successioni litologicamente equivalenti si trovano nelle<br />

due finestre tettoniche dell’Engadina e degli Alti Tauri (Alpi orientali), in Corsica nord-orientale e<br />

Negli ultimi decenni queste successioni sono state studiate considerando talora gli aspetti stratigrafici,<br />

talaltra quelli metamorfici o strutturali. Ne è risultato un quadro fortemente innovativo rispetto alle<br />

conoscenze che si avevano all’inizio degli anni settanta, ma anche una oggettiva difficoltà nel configurare<br />

schemi e correlazioni a valenza regionale. Ne risulta infatti un quadro di unità tettoniche differenti<br />

caratterizzate da successioni litostratigrafiche proprie e/o da evoluzioni tettonometamorfiche<br />

indipendenti. Queste unità sono separate da suture di età varia (eoalpine, mesoalpine e neoalpine) che<br />

registrano condizioni metamorfiche proprie di ambienti crostali diversi <strong>della</strong> catena collisionale (CARON et<br />

alii, 1984).<br />

Nelle Alpi Cozie settentrionali fra le unità ritenute deposte nel bacino interposto tra le placche europea<br />

ed insubrica prima <strong>della</strong> collisione continentale, si riconoscono prevalentemente tre tipi di unità:<br />

- unità che mostrano una sicura affinità oceanica, cioè che mostrano o un substrato oceanico o una<br />

copertura sedimentaria che sicuramente si è deposta su un substrato oceanico;

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