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della CARTA GEOLOGICA D'ITALIA alla scala 1:50.000

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I. - INTRODUZIONE<br />

Il Foglio 132-152-153 “Bardonecchia” <strong>della</strong> Carta Geologica d’Italia <strong>alla</strong> <strong>scala</strong> 1:<strong>50.000</strong> è<br />

ubicato nelle Alpi Cozie, nella parte centrale dell’arco alpino occidentale. Dal punto di vista<br />

amministrativo il foglio ricade nella Regione Piemonte, ed è compreso nella Provincia di Torino al<br />

confine con la Francia. La parte italiana del foglio copre una superficie di circa 480 kmq.<br />

Il foglio prende nome dal centro abitato di Bardonecchia, il maggiore dell’alta Valle di Susa in<br />

quanto a numero di abitanti ed importanza economica, caratteristiche legate <strong>alla</strong> ricettività turistica<br />

e <strong>alla</strong> presenza dell’imbocco dei trafori (autostradale e ferroviario) del Fréjus.<br />

Quest’area è posta su uno dei più importanti assi viari europei ed è attraversata dall’autostrada<br />

A32 Torino-Bardonecchia, che attraverso il traforo del Fréjus collega l’Italia al Nord-Europa, dal<br />

collegamento ferroviario internazionale Torino-Chambery e d<strong>alla</strong> S.S. 24 del Monginevro, che<br />

permette il collegamento con il Sud <strong>della</strong> Francia.<br />

Le conoscenze geologiche relative a quest’area sono relativamente scarse.<br />

Per quanto concerne le formazioni superficiali, sporadici contributi a carattere prevalentemente<br />

locale, vennero sintetizzati in maniera organica in occasione del rilevamento dei fogli 54 “Oulx” e<br />

66 “Cesana” (<strong>CARTA</strong> <strong>GEOLOGICA</strong> D’ITALIA, 1911a, b) e 55 “Susa” (<strong>CARTA</strong> <strong>GEOLOGICA</strong> D’ITALIA,<br />

1910) <strong>alla</strong> <strong>scala</strong> 1:100.000. In tali documenti venne evidenziato il ruolo esercitato d<strong>alla</strong> morfogenesi<br />

glaciale, senza tuttavia proporre alcuna suddivisione cronologica dei depositi, indicati nel<br />

complesso come “würmiani, post-würmiani e recenti”. Solo successivamente SACCO (1921, 1928,<br />

1943, 1948) analizzò nel dettaglio i problemi legati al mo<strong>della</strong>mento glaciale nei bacini segusino e<br />

del Chisone, riconoscendo e descrivendo una successione di forme e di depositi attribuiti a tre<br />

distinte fasi di ritiro dell’ultima glaciazione. Negli anni ‘40 CAPELLO affrontò specifici aspetti<br />

inerenti l’assetto geomorfologico <strong>della</strong> Valle di Susa, ed in relazione ai processi di<br />

sovralluvionamento che interessarono in epoca storica il fondovalle (CAPELLO, 1941a, b) ipotizzò<br />

l’esistenza, nell’attuale piana di Salbertrand, di un antico lago di sbarramento glaciale.<br />

Successivamente (CAPELLO, 1942) venne segnalata la particolarità morfologica dell’area di Sauze<br />

d’Oulx, attribuita all’originario mo<strong>della</strong>mento del ghiacciaio segusino ed al successivo<br />

rimo<strong>della</strong>mento erosionale operato dal reticolato idrografico. Lo stesso Autore (CAPELLO, 1937,<br />

1938, 1939a, b) descrisse i fenomeni carsici che caratterizzano vari settori <strong>della</strong> valle, interpretando<br />

come tali (CAPELLO, 1955) anche le manifestazioni di collasso gravitativo visibili lungo lo<br />

spartiacque Susa-Chisone.<br />

I frequenti movimenti gravitativi distribuiti sui versanti <strong>della</strong> Valle di Susa sono stati analizzati a<br />

più riprese da vari Autori. I primi riferimenti si trovano nelle osservazioni effettuate da BARETTI<br />

(1881), SACCO (1898) e SEGRE’ (1920) in merito ai fenomeni di instabilità riscontrati lungo la linea<br />

ferroviaria Bussoleno-Modane. Un impulso decisivo nella comprensione <strong>della</strong> dinamica dei versanti<br />

è avvenuto in occasione degli studi condotti per la realizzazione del collegamento autostradale<br />

Torino-Bardonecchia (RAMASCO & SUSELLA, 1978): solo a partire da questo momento nella media<br />

ed alta Valle di Susa e nella contigua Val Chisone è stata rilevata e rappresentata la distribuzione<br />

dei fenomeni gravitativi superficiali e profondi (CARRARO et alii, 1979; MORTARA & SORZANA,<br />

1987; PUMA et alii, 1984, 1989, 1990; AA.VV., 1996).<br />

Anche per le unità geologiche del substrato non esistono abbondanti contributi recenti. Esse sono<br />

state attribuite a due dei classici domini paleogeografico-strutturali <strong>della</strong> pila di falde pennidiche<br />

che affiorano nelle Alpi occidentali: il dominio Piemontese e il dominio Brianzonese.<br />

Al primo sono state riferite le successioni a prevalenti calcescisti e subordinate ofioliti ritenute la<br />

testimonianza <strong>della</strong> cicatrice crostale dovuta <strong>alla</strong> collisione continentale fra le placche europea ed<br />

insubrica. Al suo interno sono state riconosciute da tempo in varie parti dell’arco alpino unità di<br />

margine continentale e successioni di copertura oceaniche associate ad ofioliti (ELTER, 1971;<br />

LEMOINE, 1971; DEVILLE et alii, 1992).<br />

Al secondo sono riferite le successioni di due porzioni distinte del foglio: la stretta fascia al<br />

margine nord-occidentale, in cui affiorano unità mesozoiche di copertura brianzonesi che formano<br />

una struttura di dimensioni chilometriche retroflessa sulle unità del dominio piemontese (cfr. ad es.<br />

CABY, 1964) ed il quadrante nord-orientale del foglio, occupato interamente dal Massiccio d’Ambin<br />

e dalle sue coperture, interpretati di affinità brianzonese (ELLENBERGER, 1958; LORENZONI, 1965;<br />

GAY 1971; ALLENBACH, 1982).<br />

I contatti fra i vari tipi di unità sono complessi ed è stata messa in evidenza la giustapposizione<br />

di unità, provenienti da domini paleogeografici ben distinti all’origine, che hanno seguito traiettorie

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