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sconvolgimenti negli ecosistemi e nelle economie locali, favoriti dall’innalzamento della temperatura che consente la<br />
sopravvivenza anche a specie provenienti da porti tropicali o sub tropicali.<br />
I flagelli alieni<br />
Come abbiamo visto la penetrazione di specie aliene in un ecosistema può costituire un grosso problema, anche di natura<br />
economica! È abbastanza illuminante a questo proposito ricordare quanto è avvenuto in Mediterraneo con Mnemiopsis Leydi,<br />
un piccolo ctenoforo del sud est asiatico, giunto nel Mar Nero trasportato nell’acqua di zavorra delle navi, e che privo di<br />
predatori si è moltiplicato a dismisura, divenendo uno dei principali responsabili della distruzione degli stock ittici dell’area<br />
con una riduzione di oltre il 75% del pescato annuale. Sempre attraverso l’acqua di zavorra delle navi questo autentico<br />
flagello è penetrato nel Mar Caspio, collegato da canali navigabili al Mar Nero, dove ha avuto la stessa crescita tumultuosa,<br />
con una fortissima pressione predatrice sullo zooplancton, che ha prodotto il cambiamento della composizione qualitativa<br />
e della abbondanza di questo anello fondamentale della catena trofica marina: da quando è stato individuato nel Mar<br />
Caspio la disponibilità di plancton è scesa del 50-80%!<br />
In numerosi Paesi la diffusione del mitilo zebrato Dreissena polymorpha ha prodotto danni molto ingenti perché si<br />
riproduceva a ritmi mostruosi, coprendo banchine portuali, frangiflutti, prese d’acqua di impianti costieri o di centrali<br />
elettriche, costringendo gli stati colpiti (Australia, USA, Canada) a spese rilevanti per controllarne lo sviluppo e per ripulire<br />
porti e impianti.<br />
Altro invasore alieno è la Caulerpa taxifolia cui è stato attribuito il nome di alga killer per la presenza di tossine che la<br />
rendono poco appetibile. Questa specie appartiene al gruppo delle alghe verdi di cui è una delle specie più evolute, insieme<br />
alle altre due caulerpe, la racemosa e la prolifera, anch’esse ormai introdottesi in Mediterraneo attraverso il canale di Suez<br />
o mediante l’acqua di zavorra delle navi. La C. taxifolia, originaria della regione tropicale indopacifica, probabilmente si è<br />
insediata in Mediterraneo grazie ad alcuni frammenti sfuggiti ai filtri degli impianti di ricircolo dell’acqua dell’acquario di<br />
Monaco, dove l’alga era presente in alcune vasche. Fu proprio nelle acque antistanti l’acquario che venne avvistata per la<br />
prima volta nel 1984, con una superficie occupata di circa 1 mq. A distanza di meno di venti anni la sua diffusione ha<br />
raggiunto le acque di numerosi siti in Francia, Spagna e Italia. Di portamento molto gradevole, a dispetto del nome di alga<br />
killer regalatole dai mass media, è caratterizzata da fronde lunghe da 5 a circa 65 cm, di un bel verde brillante, molto simili<br />
alle foglie del tasso, caratteristica questa all’origine della denominazione scientifica (Caulerpa taxifolia significa infatti<br />
caulerpa dalle foglie di tasso). Questa alga si è dimostrata una specie ben adattabile e cresce da zero a oltre 50 metri di<br />
profondità su fondali molli di varia conformazione (sabbia, fango, detriti, ghiaie), entrando in competizione con gli organismi<br />
propri di questi ambienti. Il suo successo riproduttivo è dovuto alla mancanza o allo scarso numero di specie che la predano,<br />
alla grande velocità di crescita e alla fortissima capacità di riprodursi anche per frammentazione, processo in cui da ogni<br />
minuscolo frammento delle sue fronde, può generarsi un intero nuovo individuo. La competizione più importante è proprio<br />
quella nata con le praterie di posidonia: quando questi due appartenenti al mondo vegetale entrano in contatto, si<br />
contendono duramente spazio, luce e ossigeno. Secondo molti studi recenti, nei bordi delle praterie e in condizioni di<br />
indebolimento delle piante di posidonia (come accade per esempio nelle zone soggette a processi erosivi per ancoraggi e<br />
strascico illegale) molto spesso è la caulerpa ad avere la meglio, grazie alla capacità dei talli di raggiungere dimensioni<br />
eccezionali (65 cm di lunghezza) che le consentono di sfruttare al massimo la luce, lasciando all’ombra la sua antagonista,<br />
molto meno flessibile nella capacità di predisporre strategie di risposta.<br />
Infine tra i visitors tristemente assunti agli onori della cronaca possiamo sicuramente annoverare il dinoflagellato<br />
Ostreopsis ovata, la cui presenza ha destato allarme in molte località marine italiane perché associata ad alcuni fenomeni<br />
di intossicazione avvenuti senza contatto diretto con l’acqua. Le fioriture algali marine, in particolare quelle attribuibili ai<br />
dinoflagellati quale l’alga Ostreopsis ovata, sono fenomeni ben noti per la loro pericolosità, perché in grado di rilasciare<br />
nell’ambiente massicce quantità di tossine che possono causare estese morie di organismi marini e, attraverso la catena<br />
alimentare, arrivare ad interessare anche l’uomo. Alcuni dinoflagellati epibentici (che vivono cioè aderenti ad un substrato),<br />
sono in grado di produrre le tossine del gruppo della ciguatera che possono provocare gravi intossicazioni alimentari,<br />
persino mortali: attraverso il fenomeno del bioaccumulo possono concentrarsi in grosse quantità anche nelle carni di pesci<br />
utilizzati per il consumo umano. L’Ostreopsis ovata, che si moltiplica in acque piuttosto stagnanti e ricche di nutrienti, è di<br />
norma ritenuta tossica solo per gli animali marini, ma ha dato luogo a casi di intossicazione in bagnanti che non sono entrati<br />
direttamente in contatto con l’alga o con le tossine, ma che hanno inalato queste ultime attraverso l’aerosol marino generato<br />
dal moto ondoso, anche solo passeggiando in riva al mare. Fenomeni simili sono accaduti negli ultimi anni in diverse<br />
località lungo le coste del nostro Paese, al punto da far ritenere che quest’alga si sia ormai insediata stabilmente in più<br />
punti della nostra costa.<br />
La diffusione di questa come di altre specie aliene nel nostro Paese è con ogni probabilità da attribuirsi al trasporto<br />
attraverso le acque di zavorra o il fouling delle navi, visto che secondo alcuni studi il corredo genetico degli esemplari trovati<br />
lungo le nostre coste sembra sia molto simile alla varietà che vive lungo le coste del Brasile.<br />
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