Ippogrifo 2007 - Comune di Jesi
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SSA MANCINI<br />
CACCIATORI DI FOSSILI E NARRATORI DI STORIE<br />
“C’è una località dell’Arabia situata press’a poco<br />
<strong>di</strong> fronte alla città <strong>di</strong> Buto, e a questa località io<br />
andai per informarmi sui serpenti alati. Lì giunto<br />
vi<strong>di</strong> ossa <strong>di</strong> serpenti e spine dorsali in quantità<br />
impossibile a descriversi; erano cumuli <strong>di</strong> spine<br />
dorsali gran<strong>di</strong> e meno gran<strong>di</strong> e ancora più piccole,<br />
ed erano molte. (…) Si narra che all’inizio<br />
della primavera serpenti alati volino dall’Arabia<br />
in Egitto, e che gli uccelli ibis facendosi loro<br />
incontro al punto <strong>di</strong> ingresso <strong>di</strong> questa regione<br />
non lascino entrare i serpenti ma li uccidano”.<br />
(Erodoto, “Storie”, II, 75, 1-3 passim)<br />
“Dirò ora quel che poi è anche degno d’essere<br />
ammirato oltre i fiumi e la vastità della pianura:<br />
mostrano su una pietra un’orma <strong>di</strong> Eracle, che somiglia<br />
sì all’impronta <strong>di</strong> un uomo, ma è grande due<br />
cubiti, presso il fiume Tire”.<br />
(Erodoto, “Storie”, IV, 82)<br />
Questi due passi, scelti tra i moltissimi<br />
che la letteratura antica ci offre, costituiscono<br />
un esempio significativo <strong>di</strong><br />
come, nei classici, possiamo trovare testimonianze<br />
del modo in cui i Greci e i Romani interpretavano<br />
i resti paleontologici arrivati fino a loro.<br />
Serpenti alati, grifoni, orme gigantesche <strong>di</strong> eroi,<br />
titani <strong>di</strong> eccezionali <strong>di</strong>mensioni: trovandosi a<br />
contatto con gigantesche ossa o minuti frammenti<br />
<strong>di</strong> animali pietrificati, <strong>di</strong> cui non avevano<br />
ancora gli strumenti scientifici per capire l’esatta<br />
origine, gli antichi ricorsero spesso, per interpretarli,<br />
alla spiegazione mitica. Fu così che<br />
quello che Erodoto ebbe modo <strong>di</strong> vedere nel suo<br />
viaggio in Egitto - probabilmente un ricco giacimento<br />
<strong>di</strong> resti fossili <strong>di</strong> animali preistorici - venne<br />
da lui interpretato come un cimitero <strong>di</strong> mitologiche<br />
creature, serpenti alati, appunto, <strong>di</strong> cui gli<br />
parve <strong>di</strong> intravedere le sembianze nelle ossa<br />
affioranti dal terreno. O ancora, quella che ci<br />
descrive come orma <strong>di</strong> Eracle a causa della lunghezza<br />
<strong>di</strong> due cubiti (corrispondenti a circa 90<br />
cm.), era probabilmente un’impronta fossile la cui<br />
forma si era conservata nella roccia.<br />
Di testimonianze come queste sono piene le<br />
opere degli antichi scrittori. Ne troviamo ad<br />
esempio moltissime in Pausania; e molto spesso,<br />
al ritrovamento del reperto fossile, è associata<br />
la presenza <strong>di</strong> un santuario o <strong>di</strong> un culto tributato<br />
a questo o a quell’eroe o <strong>di</strong>vinità che si riteneva<br />
avessero lasciato tracce del loro passaggio<br />
in tempi remoti. Esistevano perfino falsificazioni<br />
<strong>di</strong> “reliquie” che venivano venerate nei templi e<br />
attiravano folle <strong>di</strong> pellegrini (ad esempio, <strong>di</strong> un<br />
enorme sandalo che si <strong>di</strong>ceva fosse appartenuto<br />
a Perseo, e che veniva custo<strong>di</strong>to nella località<br />
<strong>di</strong> Chemni, Erodoto ci dà notizia in un altro<br />
passo, il II, 91, della sua opera).<br />
Le storie sugli eroi del passato, tra<strong>di</strong>zionalmente<br />
raffigurati come molto più alti e forti degli<br />
uomini contemporanei (in accordo con l’antichissimo<br />
mito della progressiva decadenza delle<br />
razze dall’Età dell’oro), ben si prestavano a dare<br />
una spiegazione a ritrovamenti che altrimenti<br />
sarebbe stato assai <strong>di</strong>fficile interpretare.<br />
E tuttavia questo non deve affatto farci pensare<br />
che gli antichi Greci si fossero limitati a prestare<br />
fede a fantasiose leggende, o si fossero accontentati,<br />
nella loro credulità, <strong>di</strong> invenzioni improbabilissime<br />
e superstiziose. Al contrario, la lettura<br />
dei testi ci offre un panorama <strong>di</strong> sorprendente<br />
varietà e complessità, in cui - accanto a spiegazioni<br />
in chiave mitico-religiosa - troviamo intelligenti<br />
e rigorosi tentativi <strong>di</strong> interpretazione dei<br />
“documenti” materiali, ricostruzioni scientifiche<br />
che, se non valutabili come esatte alla luce delle<br />
conoscenze da noi acquisite migliaia <strong>di</strong> anni<br />
dopo, ci appaiono certamente acute, rigorose,<br />
e spesso contenenti intuizioni notevoli.<br />
Elaborazioni <strong>di</strong> interi sistemi che, ben lungi dall’essere<br />
il frutto <strong>di</strong> bizzarre speculazioni, rivelano<br />
capacità e conoscenze che forse non abbiamo<br />
apprezzato appieno, che non abbiamo<br />
saputo cogliere (vittime noi stessi <strong>di</strong> un pregiu<strong>di</strong>zio)<br />
e che meriterebbero la nostra attenzione.<br />
Il mito stesso, d’altronde, cui un approccio superficiale<br />
potrebbe negare vero valore documentario,<br />
nasconde in sé fondamentali informazioni sulla<br />
cultura e sulle conoscenze profonde degli antichi,<br />
anche in questo campo. Basterebbe ad<br />
esempio la nozione <strong>di</strong> líthinos thánatos, “morte<br />
<strong>di</strong> pietra”, reperibile già in Pindaro (Pitiche, X,<br />
75) e riecheggiante nelle pagine <strong>di</strong> Aristotele in<br />
contesti assai significativi (ad es. in De partibus<br />
animalium 641a 20) a farci comprendere che i<br />
Greci associavano strettamente il concetto <strong>di</strong><br />
pietrificazione a quello <strong>di</strong> morte (pensiamo anche<br />
allo sguardo mortifero e pietrificante della<br />
Gorgone) e che probabilmente, con buona pace<br />
<strong>di</strong> certe semplicistiche stroncature della vulgata<br />
scientifica, avevano già per lo meno sospettato,<br />
se non pienamente compreso, che i reperti fossili<br />
che trovavano ovunque nelle loro terre appartenessero<br />
ad animali e creature realmente esistite<br />
in tempi passati. E non fossero frutto invece,<br />
come poi un - tuttora ra<strong>di</strong>cato - mito paleontologico<br />
su Aristotele affermò, <strong>di</strong> una vis insita nella<br />
natura che si sarebbe <strong>di</strong>vertita a creare, da<br />
sostanze inorganiche, oggetti <strong>di</strong> aspetto, sì, simile<br />
a conchiglie e piccoli animali pietrificati, ma<br />
che non erano, e non erano mai stati in realtà,<br />
esseri viventi.<br />
Attento e aperto dev’essere dunque, da parte<br />
nostra, lo sguardo con cui guardare a questi documenti.<br />
Una lettura sgombra da pregiu<strong>di</strong>zi e capace<br />
<strong>di</strong> cogliere con obiettività ciò che le fonti <strong>di</strong>cono,<br />
ci offre non solo interessanti conoscenze<br />
sulla cultura <strong>di</strong> Greci e Romani in questo ambito,<br />
ma anche informazioni preziose per una<br />
ricerca più propriamente scientifica, ad esempio<br />
sulla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> certe specie preistoriche nel<br />
Me<strong>di</strong>terraneo, sulla localizzazione e reperibilità<br />
dei resti, sulle modalità con cui affioravano.<br />
I racconti e le questioni <strong>di</strong> “storia naturale” che<br />
troviamo negli antichi sono moltissimi. Diversi tra<br />
loro, certamente, sia per tipo <strong>di</strong> approccio che<br />
per profon<strong>di</strong>tà d’indagine. Altro sono i resoconti<br />
<strong>di</strong> Pausania e Senofonte, le metafore poetiche<br />
<strong>di</strong> Eschilo e Pindaro, altro le rigorose deduzioni<br />
e casistiche <strong>di</strong> Aristotele e del suo scolaro Teofrasto,<br />
<strong>di</strong> cui Diogene Laerzio riporta il titolo <strong>di</strong> un perduto<br />
trattato Sulle pietrificazioni. I Meteorologica<br />
e le altre opere del filosofo stagirita che a questa<br />
si collegano sono documenti <strong>di</strong> eccezionale<br />
profon<strong>di</strong>tà e complessità.<br />
Va dunque, naturalmente, tributato il giusto riconoscimento<br />
al ruolo svolto dalla filosofia, che fin<br />
dai primi sapienti <strong>di</strong> scuola ionica, ad esempio<br />
Senofane, coltivò un approccio nuovo a certe questioni,<br />
sostituendo alle simbologie del mito le<br />
razionali e “laicissime” ricostruzioni del logos.<br />
Il pensiero razionale ha uno stato civile, ed è<br />
greco: nelle città greche d’Asia Minore del VI secolo,<br />
allontanandosi e liberandosi dal mito, esso<br />
sorge per la prima volta come forma <strong>di</strong> riflessione<br />
nuova, interamente positiva, sulla natura. Se<br />
l’uomo greco ha inventato la filosofia ha potuto<br />
farlo, come affermò J. Burnet, “per le sue qualità<br />
eccezionali d’intelligenza: lo spirito d’osservazione<br />
unito alla potenza del ragionamento”.<br />
E tuttavia, negli ultimi decenni, lo ricorda Jean-<br />
Pierre Vernant, altri stu<strong>di</strong> hanno messo in evidenza<br />
che la frattura tra mythos e logos è forse molto<br />
meno netta <strong>di</strong> quanto si credesse in passato,<br />
che il mythos conteneva già in sé alcuni presupposti<br />
<strong>di</strong> quelle che furono poi le conquiste e<br />
le elaborazioni del logos; che certi approcci dei<br />
primi filosofi alle questioni poi sviluppate autonomamente<br />
rispetto alla prospettiva religiosa<br />
non sono pensabili né spiegabili se non a partire<br />
da un’impostazione le cui strutture si trovano<br />
già in nuce nella forma del racconto mitico,<br />
se letto e interpretato con profon<strong>di</strong>tà.<br />
L’archeologo inglese John Boardman, nell’attribuire<br />
la giusta importanza all’analisi del mito come<br />
fonte per le sue ricerche, sottolinea appunto que-<br />
17<br />
<strong>2007</strong>