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Ippogrifo 2007 - Comune di Jesi

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Il caso Welby riaccende il <strong>di</strong>battito<br />

Eutanasia… buona morte?<br />

Per eutanasia, che etimologicamente<br />

significa<br />

“buona morte”, s’intende<br />

“un’azione o un’omissione che<br />

<strong>di</strong> natura sua, o almeno nelle<br />

intenzioni <strong>di</strong> chi la attua, procura<br />

la morte allo scopo <strong>di</strong> eliminare<br />

ogni dolore. Questa definizione<br />

della Santa Congregazione per la<br />

Dottrina della Fede si deve completare<br />

con il concetto <strong>di</strong> “morte<br />

<strong>di</strong>gnitosa”, che quin<strong>di</strong> permetterebbe<br />

al malato <strong>di</strong> terminare la<br />

vita non in ospedale, ma tra l’affetto<br />

dei propri cari.<br />

Il “problema” dell’eutanasia<br />

non è solo recente: fin da epoche<br />

remote, infatti, i me<strong>di</strong>ci hanno<br />

ricevuto dai propri pazienti la<br />

richiesta <strong>di</strong> anticipare la morte.<br />

Ben noto è il giuramento <strong>di</strong><br />

Ippocrate, secondo il quale ogni<br />

me<strong>di</strong>co giura che non somministrerà<br />

mai a nessuno un farmaco<br />

che provochi la morte del paziente.<br />

La particolarità del nostro<br />

tempo, che spiega tra l’altro l’acutizzarsi<br />

del fenomeno, è data dal<br />

profondo cambiamento che le circostanze<br />

in cui si muore hanno<br />

subìto per via del progresso della<br />

me<strong>di</strong>cina e del miglioramento<br />

delle con<strong>di</strong>zioni igienico-sanitarie.<br />

Fino a pochi decenni fa la<br />

morte giungeva presto, poiché<br />

non si riusciva a combattere efficacemente<br />

la malattia o perché<br />

insorgevano infezioni o complicazioni<br />

dovute alle dure con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> vita. I decessi avvenivano<br />

prevalentemente a casa; anche<br />

se non era dolce o quieta, la morte<br />

era sicuramente più rapida ed<br />

indolore. Oggi si muore più tar<strong>di</strong>,<br />

per malattie croniche o degenerative<br />

legate alla vecchiaia. Come<br />

si evince dalla definizione “azione<br />

o omissione che procura la<br />

morte…”, esistono <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong><br />

eutanasia, precisamente tre: il<br />

primo, la forma attiva, prevede<br />

la somministrazione <strong>di</strong> un farmaco<br />

letale, il secondo, quella<br />

passiva, consiste nel sospendere<br />

la terapia abituale, il cosiddetto<br />

“accanimento terapeutico”; infine<br />

il terzo, il “suici<strong>di</strong>o assistito”,<br />

che si verifica quando un me<strong>di</strong>co<br />

o un familiare procura al malato<br />

del veleno, senza però collaborare<br />

all’assunzione dello stesso<br />

da parte del richiedente.<br />

Da quanto esposto si capisce<br />

bene che il problema etico non<br />

coinvolge solo il malato, ma<br />

anche operatori sanitari e legislatori,<br />

nonché le Commissioni<br />

nazionali e sopranazionali per i<br />

<strong>di</strong>ritti dell’uomo e dell’ammalato.<br />

Fino ad ora tutti gli Organi<br />

competenti si sono espressi contro<br />

l’eutanasia, consentendo soltanto<br />

la sospensione o la <strong>di</strong>minuzione<br />

delle terapie<br />

farmacologiche. Ad opporsi a<br />

qualsiasi forma <strong>di</strong> eutanasia è<br />

invece la Chiesa, la cui dottrina<br />

muove da tre punti fermi: il riconoscimento<br />

del carattere sacro<br />

della vita dell’uomo in quanto<br />

creatura <strong>di</strong> Dio; il primato della<br />

persona sulla società; il dovere<br />

delle Autorità <strong>di</strong> rispettare la vita.<br />

Al riguardo papa Pio XII <strong>di</strong>chiarò:<br />

“Per quanto concerne il paziente,<br />

egli non è padrone assoluto <strong>di</strong> se<br />

stesso, del proprio corpo, del proprio<br />

spirito. Non può dunque<br />

<strong>di</strong>sporne liberamente. Per quanto<br />

riguarda i me<strong>di</strong>ci, nessuno al<br />

Mondo, nessuna persona privata,<br />

nessuna umana pietà, può autorizzare<br />

il me<strong>di</strong>co alla <strong>di</strong>retta<br />

<strong>di</strong>struzione della vita; il suo ufficio<br />

non è <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere la vita, ma<br />

<strong>di</strong> salvarla”.<br />

Altri Papi si sono più volte<br />

espressi contro l’eutanasia, ma si<br />

sono rivelati favorevoli alla riduzione<br />

dell’accanimento terapeutico.<br />

Anche esponenti <strong>di</strong> altre confessioni<br />

religiose (quali<br />

l’Anglicanesimo e il Calvinismo,<br />

che recentemente si è <strong>di</strong>chiarato<br />

favorevole ad ogni tipo <strong>di</strong> euta-<br />

nasia) si sono pronunciati contro<br />

l’uso massiccio <strong>di</strong> farmaci.<br />

Contro la “buona morte” si<br />

sono espresse anche<br />

Organizzazioni Sanitarie<br />

Internazionali, perfino<br />

l’Assemblea del Consiglio<br />

d’Europa. Precisamente l’articolo<br />

7 della Dichiarazione dei Diritti<br />

del Malato esclude l’eutanasia<br />

con tali parole: “Il me<strong>di</strong>co deve<br />

sforzarsi <strong>di</strong> placare la sofferenza,<br />

ma non ha il <strong>di</strong>ritto […] <strong>di</strong> affrettare<br />

intenzionalmente il processo<br />

naturale della morte”.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista legislativo,<br />

in Italia l’eutanasia è considerata<br />

alla pari <strong>di</strong> un omici<strong>di</strong>o volontario,<br />

anche se sono previste delle<br />

attenuanti. Il co<strong>di</strong>ce penale stabilisce<br />

dai sei ai quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong><br />

reclusione per chiunque causi la<br />

morte <strong>di</strong> un uomo con il consenso<br />

dello stesso. Esistono anche<br />

altre sanzioni minori decise dall’articolo<br />

580. Negli USA la Corte<br />

Costituzionale Federale ha fissato<br />

il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ogni Stato <strong>di</strong> legiferare<br />

in proposito, ma solo<br />

l’Oregon si è espresso favorevolmente<br />

sulla dolce morte. Sempre<br />

negli “States” ha fatto scalpore il<br />

caso del dottor Kervokian, processato<br />

e condannato a vent’anni<br />

<strong>di</strong> reclusione per aver praticato<br />

l’eutanasia attiva su cento<br />

pazienti terminali. Per quanto<br />

riguarda l’Europa gli unici Stati<br />

che hanno legiferato in materia<br />

sono l’Olanda, l’Austria e la<br />

Svizzera. Nel primo Paese essa è<br />

tollerata da circa vent’anni, ma<br />

solo a particolari con<strong>di</strong>zioni; nel<br />

secondo esiste una legge apposita<br />

dal 1997, mentre più recente<br />

l’adesione all’eutanasia da parte<br />

della Federazione Elvetica, dove<br />

però si accetta solo il “suici<strong>di</strong>o<br />

assistito”.<br />

“Caro Presidente, scrivo a Lei,<br />

e attraverso Lei mi rivolgo anche<br />

a quei citta<strong>di</strong>ni che avranno la<br />

possibilità <strong>di</strong> ascoltare le mie<br />

parole, questo mio grido, che non<br />

è <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione, ma carico <strong>di</strong><br />

speranza umana e civile per questo<br />

nostro Paese”.<br />

Queste sono le parole con le<br />

quali Piergiorgio Welby, alla fine<br />

<strong>di</strong> settembre, ha scosso l’Italia.<br />

Egli, malato terminale <strong>di</strong> <strong>di</strong>strofia<br />

muscolare da circa nove anni,<br />

negli ultimi mesi si era aggravato<br />

e, ormai <strong>di</strong>sperato, aveva inviato<br />

una lettera aperta al Presidente<br />

della Repubblica Giorgio<br />

Napolitano, domandando per sé<br />

l’eutanasia. Chiedeva che le sue<br />

sofferenze venissero messe a tacere<br />

e che, quin<strong>di</strong>, potesse morire.<br />

Il <strong>di</strong>fficile “caso Welby” dal<br />

Quirinale è sceso fino a<br />

Montecitorio, e il suo recente epilogo<br />

ha scosso le coscienze.<br />

Questa tematica mi coinvolge<br />

molto in quanto ho conosciuto<br />

situazioni simili a quelle <strong>di</strong> Welby.<br />

Quella ad esempio <strong>di</strong> un<br />

ragazzo malato <strong>di</strong> <strong>di</strong>strofia<br />

muscolare da vent’anni, non si<br />

alza dal letto da circa nove anni,<br />

vive tramite un respiratore automatico.<br />

A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

Piergiorgio, mangia senza l’ausilio<br />

<strong>di</strong> presi<strong>di</strong> esterni e parla ma,<br />

se non lo si conosce, non si può<br />

notare la più evidente caratteristica<br />

che li <strong>di</strong>fferenzia: la voglia<br />

<strong>di</strong> vivere, la speranza nel futuro.<br />

È l’unico “farmaco” efficace.<br />

Il suo mondo si può vedere<br />

attraverso il monitor <strong>di</strong> un computer;<br />

ha saputo adattarsi a questa<br />

situazione riuscendo a sfidare<br />

la malattia. Se i malati<br />

terminali, giovani o anziani che<br />

siano, invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperarsi e chiedere<br />

la morte, provassero a farsi<br />

coraggio e a resistere ad essa, non<br />

ci sarebbe bisogno <strong>di</strong> legiferare<br />

sulla “buona morte”, che, pur<br />

essendo “dolce”, rimane comunque<br />

un evento irrime<strong>di</strong>abile.<br />

Federico Rango<br />

V° D L. C.<br />

23<br />

<strong>2007</strong>

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