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Senato - Camera dei Deputati

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176 Problemi costituzionali e parlamentari<br />

Pareto precisava: « In queste prime prove, la stenografia forse non<br />

fornisce ancora l'elemento indispensabile della periodica pubblicità<br />

in quella maniera che conviene alla <strong>Camera</strong> e al Governo. Si farà<br />

in modo che l'occorso non si ripeta, e si provvederà a che gli<br />

sbagli e le inesattezze avvenute non si riproducano ». La « fisionomia<br />

» aggiunta dai resocontisti al termine delle dichiarazioni del ministro<br />

Pareto riportava tra parentesi la parola: « Bene ! » ripetuta<br />

due volte, a testimonianza del consenso che la risposta aveva suscitato<br />

nell'uditorio.<br />

È interessante notare come nell'occasione testé ricordata e descritta<br />

sia stata per la prima volta concepita anche l'idea di affidare<br />

ai Segretari di Presidenza la responsabilità di vigilare sulla « fedeltà<br />

» <strong>dei</strong> resoconti stenografici, che oggi si trova consacrata ufficialmente<br />

nei regolamenti della <strong>Camera</strong> e del <strong>Senato</strong>. Un deputato,<br />

il cui nome non è citato dal resocontista, propose, infatti, che fosse<br />

affidato « ai segretari della <strong>Camera</strong> l'incarico di vegliare alla fedele<br />

riproduzione delle sedute per mezzo degli stenografi e <strong>dei</strong> giornali ».<br />

Dopo ampia discussione, il Presidente mise in votazione la proposta,<br />

« talché fatti e parole accaduti o detti in questa <strong>Camera</strong> siano esattamente<br />

riferiti », e la <strong>Camera</strong> l'approvò.<br />

Nella Gazzetta Piemontese del 16 maggio 1848 venne pubblicato<br />

il primo supplemento contenente il resoconto stenografico integrale<br />

della tornata del 13 maggio. Si trattò del primo esempio di resocontazione<br />

stenografica in extenso della storia parlamentare italiana,<br />

al quale gli stenografi parlamentari diedero vita allora, pur tra notevoli<br />

difficoltà oggettive, inaugurando per così dire una « stagione »<br />

che, in poco più di un secolo fino ai nostri giorni, offrirà all'opinione<br />

pubblica, agli studiosi, agli interpreti, agli operatori del diritto,<br />

un saggio di precisione e di professionalità che, ben al di là<br />

delle imperfezioni e degli errori iniziali dovuti all'improvvisazione,<br />

desterà in tutti ammirazione e consenso.<br />

Certamente gli episodi poco edificanti continuarono a ripetersi<br />

ancora per un determinato periodo, aggravati anche dall'uso della<br />

lingua francese nei dibattiti parlamentari. A questo proposito bisogna<br />

ricordare che l'articolo 62 dello Statuto albertino recitava<br />

testualmente: « La lingua italiana è la lingua ufficiale delle Camere.<br />

È però facoltativo di servirsi della francese ai membri che appartengono<br />

ai paesi in cui questa è in uso ed in risposta ai medesimi<br />

». La norma statutaria consentiva, quindi, a deputati e senatori<br />

di usare indifferentemente l'uno o l'altro idioma nei loro di-

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