Senato - Camera dei Deputati
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La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari: origini<br />
ed evoluzione della stenografia<br />
di Giovanni Panarello *<br />
L'8 maggio 1848 si aprì a Torino la prima legislatura del Parlamento<br />
Subalpino. Contestualmente a questo primo anelito della vita<br />
parlamentare italiana fu avvertita l'esigenza di raccogliere gli atti riguardanti<br />
le discussioni e le deliberazioni delle due Camere. Nacque<br />
così il primo gabinetto stenografico parlamentare, composto da funzionari<br />
incaricati di redigere il resoconto stenografico <strong>dei</strong> lavori parlamentari.<br />
Ciò rese necessario affrontare numerosi e complessi problemi,<br />
anche di tipo organizzativo: per comprendere il senso e la<br />
portata di quei problemi è opportuno tracciare preliminarmente un<br />
quadro delle origini e della evoluzione storica della stenografia per<br />
poi analizzare specificamente le questioni relative alla resocontazione<br />
<strong>dei</strong> lavori parlamentari.<br />
I. ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLA STENOGRAFIA.<br />
1. La stenografia tra storia e leggenda; 2. Dalle « note tironìane » alle brachigrafie<br />
medioevali; 3. La moderna stenografia; 4. La stenografia in Italia; 5. Le macchine<br />
per stenografare.<br />
1. La stenografia, dal greco stenòs (stretto) e graphein (scrivere),<br />
è l'arte di scrivere mediante segni abbreviati alla stessa velocità con<br />
cui si parla. Sembra, però, più appropriato il termine « tachigrafia »<br />
(dal greco tachùs, rapido, e graphein), in voga presso i latini e tuttora<br />
usato dalle genti di lingua spagnola. Le sue origini non sono<br />
storicamente accertate, essendo essa connaturata al bisogno istintivo<br />
dell'uomo di ricorrere ad una forma grafica abbreviativa della parola.<br />
* Giovanni Panarello è Consigliere capo servizio della <strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> deputati e Direttore<br />
della Scuola di addestramento e di formazione professionale per stenografi parlamentari.
190 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
Nei primordi la stenografia si identifica con l'evoluzione stessa della<br />
scrittura. È noto, infatti, che la scrittura, pur non avendo avuto in<br />
origine una unità storica, possiede tuttavia una propria unità interna<br />
e logica che. consente di ricostruirne lo sviluppo attraverso un'indagine<br />
retrospettiva delle varie fasi che l'hanno caratterizzata, dalla mnemonica<br />
alla cuneiforme, dalla pittografica alla ideografica, dalla fonetica all'alfabetica.<br />
Nel passaggio dalle prime rappresentazioni geroglifiche o<br />
ideografiche alla scrittura cosiddetta ieratica, via via fino a quella<br />
demotica, infatti, c'è in nuce l'idea stessa della stenografia come esigenza<br />
di una scrittura rapida che consenta di tener dietro alla velocità<br />
stessa con cui le parole vengono pronunciate. Nei confronti <strong>dei</strong><br />
complicati geroglifici egizi, ad esempio, la scrittura demotica, prettamente<br />
sillabica, apparsa intorno al 700 a. C. in Egitto e considerata<br />
alla stregua di scrittura ordinaria nell'epoca tolemaica ed in quella<br />
romana, si presenta come una forma primitiva di stenografia, in quanto<br />
ispirata al fine dell'abbreviazione del segno grafico rappresentativo<br />
della parola.<br />
Se è opinione comune che la genesi dell'alfabeto debba essere ricercata<br />
in Siria ed in Palestina, dove appunto sarebbe apparso nei<br />
primi secoli del secondo millennio a. C, allorché se ne fece uso<br />
per trascrivere i dialetti semitici, molto credito tuttavia sembra riscuotere<br />
anche la tesi dell'origine fenicia della scrittura alfabetica.<br />
Questa era fondata sul cosiddetto principio dell'acrofonia, applicato<br />
già dagli egizi e caratterizzato dall'uso di ventidue segni tracciati<br />
su papiro con direzione verso sinistra, cui si contrapponevano le centinaia<br />
di segni che costituivano invece l'alfabeto cuneiforme e quello<br />
geroglifico. All'alfabeto fenicio si ricollegano appunto i fonogrammi<br />
alfabetici della scrittura fonetica.<br />
La leggenda che circonda le origini della stenografia, che secondo<br />
taluni sarebbe stata conosciuta da popoli antichissimi (1), affonda le<br />
sue radici nella constatazione <strong>dei</strong> profondi mutamenti subiti dalla<br />
scrittura nel corso <strong>dei</strong> millenni, che hanno portato a credere che i<br />
segni sempre più abbreviati corrispondessero ad una nuova disciplina<br />
grafica, mentre in effetti altro non erano che l'espressione di una<br />
esigenza profonda di semplificare una scrittura macchinosa e complessa.<br />
Molto si è detto e scritto intorno a questo affascinante tema, tuttora<br />
oggetto di studio da parte non soltanto di appassionati cultori<br />
della stenografia, ma anche di autorevoli umanisti e glottologi, i quali<br />
attendono ad un'opera paziente di decrittazione di iscrizioni plurise-
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 191<br />
colari. Egizi, fenici, persiani, ebrei vengono via via indicati come i<br />
precursori, se non gli inventori della stenografia. Alcuni hanno creduto<br />
di riscontrare tracce di scrittura abbreviata in iscrizióni rinvenute<br />
nelle piramidi o addirittura in un passo del Salmo davidico 45, là<br />
dove si legge: « la mia lingua sarà come la penna d'un veloce scrittore<br />
». Nulla tuttavia fa ritenere come attendibile la tesi che i fenici,<br />
i persiani, gli egizi o gli ebrei praticassero una forma, sia pure arcaica,<br />
di stenografia.<br />
Le prime tracce di una vera e propria scrittura abbreviata, antenata<br />
della moderna stenografia, sono state rinvenute soltanto in Grecia.<br />
Esse sono suffragate dai risultati di ricerche filologiche operate su antichi<br />
testi ed iscrizioni lapidarie. È il caso, ad esempio, della lapide<br />
scoperta nel 1883 da Ulrico Kuler sull'Acropoli di Atene, contenente<br />
una scrittura fonografico-sillabica abbreviata (basata su semplificazioni<br />
vocaliche alle quali le consonanti sono legate da tenui tratti simili alle<br />
liaisons della moderna tecnica stenografica), e delle famose « Tavole<br />
di consonanti » rinvenute durante gli scavi nel tempio di Apollo a<br />
Delfo nel 1894 e risalenti al 300 a. C, le quali recano appunto<br />
evidenti segni di scrittura semplificata ed abbreviata.<br />
Nel II secolo esistevano già in Grecia i semeiografi o scrittori di<br />
segni ed i tachigrafi o scrittori rapidi (2). Si tramanda che Senofonte<br />
abbia « stenografato » dal vivo i discorsi di Socrate. Questa<br />
notizia è riportata dallo storico greco Diogene Laerzio, vissuto nella<br />
prima metà del III secolo: Primus notis excipiens dieta Socrati in<br />
publicum edidit. A lui fece eco Lipsius (Joost Lips), umanista, filologo<br />
e latinista belga (1547-1606), che ne trasse lo spunto per affermare<br />
categoricamente le origini greche della stenografia. Si è tuttavia<br />
più propensi a credere che l'insigne ateniese (430-350 a. C),<br />
più incline all'opera storiografica {l'Anabasi, le Elleniche, la Ciro<br />
pedia) che non all'indagine filosofica {VApologia di Socrate, il Simposio,<br />
i Detti memorabili di Socrate), si sia limitato a trascrivere in<br />
chiaro i discorsi di Socrate da appunti ed annotazioni sia pure di<br />
carattere personale. Sono di questo avviso, del resto, lo Zeibig, il<br />
Lewis ed il Pitman, i quali ritengono che il Lipsius abbia erroneamente<br />
tradotto il verbo greco uposemeiomai, contenuto nell'originaria<br />
affermazione di Diogene Laerzio, come stenografare, secondo il suo<br />
moderno significato, e non invece come prendere nota o mettere in<br />
scritto, secondo l'antico significato del vocabolo, che darebbe proprio<br />
l'immagine di Senofonte che « trascrive » o « mette in chiaro » i discorsi<br />
in questione (3).
192 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
È certo, comunque, al di là dell'aneddotica, che gli antichi greci cominciarono<br />
a perfezionare in maniera logica alcune semplificazioni<br />
grafiche <strong>dei</strong> caratteri alfabetici del tempo ed a formulare anche rappresentazioni<br />
schematiche di intere parole, come risulta da altri reperti<br />
rinvenuti sull'Acropoli.<br />
2. I primi a servirsi in modo razionale della stenografia furono,<br />
però, i romani. Secondo quanto asserisce Isidoro (560-636), vescovo<br />
di Siviglia, nel primo volume delle Origines seu Etimologiae, tale<br />
Ennio inventò ben 1.100 abbreviazioni tachigrafiche: Vulgares notas<br />
Ennius primus mille et centum invenit. Non esiste concordanza di<br />
idee circa la figura di questo Ennio. I Guenin, nella loro Histoire de<br />
la Sténographie dans l'antiquité et au Moyen Age (Parigi 1908),<br />
sostengono che si tratti di uno sconosciuto greco e non del grammatico<br />
romano. I più sono però propensi ad identificarlo con il<br />
poeta latino Quinto Ennio (239-169 a. C.) e non con il grammatico<br />
Ennio.<br />
Scrive ancora Isidoro: Romae primus Tullius Tiro Ciceronis libertus<br />
commentatus est notas sed tantum praepositionum. È storicamente<br />
accertato che Marco Tullio Tirone, liberto di Cicerone, raccolse, sistemò<br />
e coordinò tutte le abbreviazioni allora conosciute, raggruppandole<br />
nelle famose Notae, dal suo nome dette « Tironiane » (4).<br />
La struttura prettamente sillabica del cosiddetto « sistema tironiano »<br />
era costituita da un signum principale che simboleggiava la radice o il<br />
prefisso della parola e da altri signa auxiliaria che servivano per indicare<br />
la desinenza. Questi ultimi erano di dimensioni più ridotte e<br />
venivano tracciati su una base diversa rispetto a quella normale di<br />
scrittura. Intorno alle « Note Tironiane » è fiorita una vasta letteratura,<br />
che ha tuttavia molto sapore di leggenda, essendo basata su<br />
presupposti pseudostorici. Essa raggiunge il suo culmine nella monumentale<br />
Palaeographia Critica di U. F. Kopp (1762-1834), professore<br />
onorario di paleografia all'università di Heidelberg, e nel famoso<br />
iManuel de Paléographie di Maurice Prou. Senza entrare nel merito<br />
<strong>dei</strong> rifacimenti delle Notae che senza alcun dubbio furono operati<br />
nel medioevo, è certo che nell'antica Roma la stenografia ebbe un<br />
culto particolarmente spiccato presso tutti i ceti della popolazione.<br />
Il primo esempio di applicazione pratica storicamente accertato (ne<br />
parla Plutarco nelle Vite degli uomini illustri) risale al 63 a. C. e<br />
si riferisce ad una celeberrima orazione pronunciata in <strong>Senato</strong> da<br />
Catone Uticense contro Catilina, « stenografata » nell'aula senatoriale
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 193<br />
per ordine di Cicerone da velocissimi notarti. Oltre ai notarti, che si<br />
occupavano della stenografia oratoria, esistevano anche gli actuarii o<br />
cursores, i quali stenografavano sotto dettatura, i librarii, che copiavano<br />
i libri, e gli exceptores, i quali annotavano tachigraficamente tutto<br />
ciò che riguardava le procedure giudiziarie. Anche l'orazione Pro Milone<br />
di Cicerone fu stenografata dai notarti del tempo. Siamo già<br />
usciti, quindi, dalla leggenda: la stenografia entra ora a grandi passi<br />
nella storia. Ma quanta strada dalle primitive « tavolette » di Delfo !<br />
Nell'epoca imperiale la stenografia è in pieno sviluppo. Scrittori,<br />
poeti e filosofi ne fanno oggetto di interesse particolare, tanto da<br />
trattarne addirittura* nei loro componimenti. Un tale Seneca, forse il<br />
grande scrittore e filosofo Lucio Anneo Seneca (4 a. C. - 65 d. C),<br />
precettore di Nerone, come ci tramanda Isidoro di Siviglia, pubblica<br />
i Commentarli notarum tironiarum, che racchiudono più di cinquemila<br />
segni stenografici; Ausonio scrive una poesia sugli stenografi dal<br />
titolo: Ad notarium velocissime excipientem; Marziale, in un bellissimo<br />
epigramma, scolpisce con felice espressione ed intuito l'arte<br />
dello stenografo:<br />
Currant verba licei, manus est velocior illis:<br />
Nondum lingua suum dextera peregit opus.<br />
Innumerevoli sono le testimonianze dell'enorme diffusione della<br />
stenografia nell'antica Roma. Lo stesso Plinio il Giovane (62-120), nipote<br />
del grande naturalista morto nell'eruzione del Vesuvio del 79,<br />
in una lettera all'amico Fusco (lettera XXXVI del libro IX della nota<br />
raccolta di dieci libri delle sue famose « lettere », che costituiscono<br />
una delle più complete testimonianze sui costumi della Roma imperiale)<br />
scrive: Notarium voco, et die admisso, quae formaveram dicto;<br />
abit, rursusque vocatur, rursusque remittitur. Apuleio, Ottaviano,<br />
Pollione, Tito Vespasiano, Caligola, Manilio ed altre schiere di uomini<br />
illustri onorarono Vars tachigrafia con la pratica e Io studio.<br />
Sostiene autorevolmente l'umanista Giuseppe Scichilone (5) che l'importanza<br />
delle Notae trova un'eco anche nel campo letterario, al punto<br />
che Ovidio ed Orazio in numerosi passi <strong>dei</strong> loro componimenti accennano<br />
alla funzione <strong>dei</strong> notarti con grande rispetto. « Al tempo di<br />
Traiano (53-117) le Notae sono insegnate ed usate in tutte le province<br />
dell'impero; Diocleziano con un decreto del 301 (ritrovato e<br />
pubblicato dal cardinale Angelo Mai) ne disciplina l'insegnamento,
194 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
fissando in 75 denari mensili l'onorario massimo che i maestri possono<br />
pretendere dai loro allievi ».<br />
Un contributo notevole alla diffusione della stenografia fu offerto<br />
dal nuovo credo cristiano (6). Prediche, dispute, concilii furono mirabilmente<br />
stenografati dai notarli, i quali ci hanno così tramandato<br />
opere insigni, tra cui i famosi Acta martyrum, <strong>dei</strong> quali sono particolarmente<br />
conservati quelli <strong>dei</strong> martini di Marcello e Cassio in<br />
Africa, di Genesio ad Arles e di Cassiano ad Imola. Quest'ultimo,<br />
maestro di stenografia, nel 1954 fu elevato da Pio XII a Patrono<br />
degli stenografi.<br />
È necessario ricordare, a questo punto, la diversa caratterizzazione<br />
assunta allora dalla resocontazione stenografica, la quale dovette necessariamente<br />
adattarsi a terminologie nuove, proprie del Cristianesimo.<br />
Della originaria tachigrafia tironiana fu operato così un profondo rifacimento:<br />
degno di menzione quello compiuto da Cipriano (200-258),<br />
vescovo di Cartagine, il quale vi introdusse segni nuovi simboleggianti<br />
appunto parole e termini propri della nuova religione. Della tachigrafia<br />
fecero uso santi padri della Chiesa come Basilio, Agostino,<br />
Giovanni Crisostomo, Ambrogio, Girolamo e Gaudenzio. Veri e propri<br />
servizi stenografici furono organizzati per la resocontazione <strong>dei</strong> lavori<br />
del Concilio di Nicea (325), del Concilio di Antiochia (269-330),<br />
di quello ecumenico di Efeso (431), nonché della Conferenza di Cartagine<br />
(411) promossa dall'imperatore Onorio.<br />
Lo Scichilone, nella relazione al citato Convegno di Palermo del<br />
1981, riporta con fedele ricostruzione storica lo svolgimento della Conferenza<br />
di Cartagine, convocata per tentare un accordo fra cattolici<br />
e donatisti: « Il servizio di registrazione tachigrafica fu organizzato<br />
con estrema attenzione. A presiedere la Conferenza l'imperatore destinò<br />
Flavio Marcellino, tribuno e notaro cattolico, proconsole in Africa.<br />
Partecipanti erano 278 vescovi donatisti e 286 cattolici; per ogni partito<br />
furono designati rappresentanti 18 vescovi, di cui 7 dovevano<br />
parlare, assistiti da altri 7, mentre i restanti 4 dovevano sorvegliare<br />
l'esattezza <strong>dei</strong> resoconti registrati dai 4 notari assegnati al gruppo.<br />
Vi erano poi 4 notari ufficiali, chiamati exceptores, con funzioni di<br />
revisori ufficiali <strong>dei</strong> testi che venivano compilati sulle minute <strong>dei</strong><br />
notari. Questi lavoravano a gruppi di due e stenografavano aggiungendo<br />
le particolarità formali della discussione e la sua fisionomia:<br />
una organizzazione simile a quella <strong>dei</strong> moderni parlamenti. Il memorialista<br />
Marcello era poi incaricato di condensare le discussioni in una<br />
specie di resoconto sommario ».
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 195<br />
Nel totale sfacelo che seguì alla caduta dell'impero romano d'occidente<br />
(476 d. C.) fu coinvolta anche la stenografia. Solo nelle<br />
scuole di retorica e nei conventi (famoso quello di Bobbio, fondato<br />
nel 612 dal monaco irlandese san Colombano) se ne proseguì lo<br />
studio, sempre sulla falsariga delle Notae. Era l'epoca degli amanuensi,<br />
che se ne valsero per tramandarci i tesori della cultura umanistica,<br />
da loro gelosamente custoditi. Nella certosina quiete <strong>dei</strong> chiostri, la<br />
stenografia conobbe nuovi chiosatori ed interpreti, che, modellandola<br />
e plasmandola, ne fecero oggetto di studio approfondito per ricavarne<br />
quelle notae vulgares con le quali trascrivere codici e documenti di<br />
antica fattura.<br />
Nel periodo merovingio e carolingio il fervore degli studi e l'impulso<br />
dato alla cultura umanistica favorirono un certo sviluppo della<br />
stenografia, coltivata come scrittura corrente dalle schiere di intellettuali<br />
gravitanti all'ombra delle corti europee. Ma la decadenza della<br />
vita culturale succeduta a questi aneliti di rinnovamento politico e<br />
culturale che la Chiesa ed i Franchi seppero suscitare e mantenere<br />
in vita fino all'anno mille confinò la tachigrafia in ambiti sempre più<br />
ristretti. In oriente, tuttavia, rimase miracolosamente accesa la fiaccola<br />
della tachigrafia greca. Il ricordo delle antiche tradizioni gloriose<br />
spinse gli ultimi proseliti alla ricerca di nuovi metodi che trovarono<br />
il loro naturale sbocco nella cosiddetta « tachigrafia sillabica ». Questa<br />
si diffuse ben presto anche in occidente, costituendo la premessa<br />
di quella stenografia sillabica latina che ebbe in Europa grande sviluppo,<br />
tanto da provocare il sorgere di vere e proprie scuole o accademie<br />
nelle quali essa era insegnata ai nuovi adepti.<br />
In Inghilterra, ad esempio, a conferma della particolare vitalità che<br />
la stenografia ebbe oltre Manica, il teologo John Tilbury (1110-1190)<br />
diede vita ad un nuovo sistema tachigrafia) denominato esattamente<br />
Ars Notoria. Inoltre in un manoscritto del XIV secolo vi sono le<br />
tracce di un manuale di tachigrafia del XIII secolo, intitolato Aristoteli*<br />
Ars notoria, a dimostrazione dell'attenzione con cui la disciplina<br />
stenografica veniva seguita. Il risveglio del pensiero filosofico<br />
e le dispute religiose portarono alla stenografia nel medioevo nuove<br />
schiere di seguaci, desiderosi di trascrivere le prediche <strong>dei</strong> dotti padri<br />
della Chiesa e l'ardita dottrina facente capo alla Riforma (7).<br />
Un dato importantissimo va tenuto presente: le originarie Notae<br />
subirono, specialmente dal VII secolo in poi, notevoli trasformazioni<br />
con l'introduzione di forme brachigrafiche e criptostenografiche che<br />
nulla avevano in comune con le antiche abbreviazioni latine, né con
196 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
le tachigrafie sillabiche di puro stile francese o spagnolo, che anzi contenevano<br />
in fieri il germe <strong>dei</strong> sistemi stenografici intesi in senso<br />
moderno.<br />
3. Gli avvenimenti politici che nei secoli XVI e XVII caratterizzarono<br />
la vita dell'Inghilterra, contribuendo non poco alla formazione<br />
dello spirito inglese contemporaneo, favorirono la diffusione della cultura,<br />
cui diede nuova linfa l'influsso francese conseguente alla Restaurazione.<br />
In quel clima, pervaso di azione e di pensiero, quasi all'improvviso<br />
la stenografia andò riacquistando il perduto vigore, riaffacciandosi<br />
alla ribalta della storia nel momento in cui, infiammati dai discorsi<br />
e dalle dottrine di pensatori, letterati ed uomini di scienza, gli inglesi<br />
erano in preda ad un fervore senza pari. Tornando alla vita dal lungo<br />
letargo nel quale era stata costretta, la stenografia attirò l'interesse<br />
degli inglesi e ridestò il loro senso critico. Sorsero così vere e proprie<br />
accademie stenografiche, nelle quali, sotto la spinta <strong>dei</strong> problemi e<br />
delle esigenze che la nuova realtà sociale imponeva, si fece ben presto<br />
strada l'idea di sistemi stenografici moderni, adeguati ai tempi nuovi.<br />
John Willis (1575-1627), universalmente considerato l'inventore della<br />
« stenografia geometrica », con la sua Art of Stenograpby (Londra -<br />
1606) rivoluzionò ogni teoria stenografica fino ad allora conosciuta,<br />
erigendo a scienza una disciplina che era stata contenuta in ben rìgidi<br />
e circoscritti confini. La « stenografia geometrica » ricava l'alfabeto stenografico<br />
dai segni geometrici: i suoi elementi fondamentali sono,<br />
infatti, la linea retta ed il semicerchio, variamente disposti e collegati<br />
fra di loro, che generano armoniche rappresentazioni grafiche perfettamente<br />
intelligibili.<br />
Accanto a lui vanno doverosamente menzionati Timoteo Bright (autore<br />
della Characterie), Edmondo Willis (la cui opera principale, An<br />
abreviation of Writing by Character, ebbe larga diffusione) e John<br />
Byrom (8).<br />
Ma colui che diede vita al più perfetto sistema stenografico geometrico,<br />
gloria e vanto della stenografia inglese, fu indubbiamente Samuel<br />
Taylor (1749-1811), il quale scrisse una pagina veramente nuova nella<br />
storia della stenografia, dandole un'impronta decisiva ai fini della sua<br />
moderna concezione scientifica (9). La semplicità estrema del « sistema<br />
tayloriano » si fonde efficacemente con l'esigenza della velocità, elemento<br />
primo, questo, della indagine critica del Taylor. Questi trascurò,<br />
infatti, ogni accentuazione fonetica per curare in particolare la rapidità<br />
del segno attraverso una semplificazione, forse eccessiva, della vocaliz-
La stenografia e la resoconfazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 197<br />
zazione ed una congerie di tratti geometrici di estremamente facile<br />
unione.<br />
Isaac Pitman (1813-1897), infine, rifacendosi ai grafici del Taylor,<br />
inventò una forma di stenografia fonetica {Sound-Hand system) suddivisa<br />
in tre parti: scrittura elementare {learner-style), commerciale {corresponding-style)<br />
ed oratoria (reporting-style) (10). Egli moltiplicò il<br />
numero <strong>dei</strong> segni semplici, riferiti ai suoni semplici, ed introdusse segni<br />
più marcati per le parole dalla accentuata tonalità, secondo il principio<br />
della corrispondenza di segni simili a suoni simili. Le regole fonetiche,<br />
in definitiva, trovarono nel sistema « pitmaniano » forse la loro più<br />
completa ed organica applicazione.<br />
In Francia, Coulon de Thévenot diede vita nel 1776 ad un sistema<br />
stenografico prettamente sillabico (11), che non consentiva però di<br />
raggiungere velocità elevate nella stenoscrizione. Nel 1792 T. P. Bertin<br />
adattò, invece, alla lingua francese il sistema « tayloriano », riscuotendo<br />
un discreto successo. Della scuola tayloriana furono anche H. Prévost<br />
(autore del Nouveau système de sténographie) ed A. Delaunay, i quali<br />
idearono un sistema geometrico giudicato molto favorevolmente (12).<br />
L'abate Emile Duployé (1833-1912) inventò un eccellente sistema<br />
stenografico, che, dopo aver subito taluni rifacimenti onde consentire<br />
una più elevata velocità, è quello maggiormente usato in Francia e<br />
nei paesi di lingua francese (13), seguito dal Prévost-Delaunay e<br />
quindi dalTAimé-Paris, quest'ultimo abbastanza diffuso in Belgio. Lo<br />
stesso Victor Hugo ebbe a dire che la « stenografia Duployé » sarebbe<br />
stata « Vècrìture populaire du vingttèrne siede ».<br />
Francisco de Paula Marti e suo figlio Angelo Ramon (autore della<br />
Tachygrafia portuguesa) furono i precursori (1800-1822) della stenografia<br />
iberica, le cui propaggini finirono col ramificare anche nell'America<br />
latina. Le scuole Madrilena, Catalana e Garriga si contesero a<br />
lungo il monopolio dell'insegnamento stenografico, dando luogo a vere e<br />
proprie dispute di carattere scientifico, che contribuirono notevolmente<br />
alla conoscenza e quindi alla diffusione della stenografia nei paesi di<br />
lingua spagnola e portoghese.<br />
In Germania e in Austria i primi sistemi stenografici, elaborati dal<br />
Ramsay, dall'Horstig e dal Danzer, ebbero origini molto remote. Essi<br />
costituivano, in una logica concatenazione storica, gli epigoni del<br />
« taylorismo » inglese, ma erano destinati ad una vita breve. L'avvento<br />
della stenografia corsiva inferse loro un colpo mortale.<br />
Francesco Saverio Gabelsberger (1789-1849), studioso e conoscitore<br />
profondo delle « note tironiane », delle quali aveva avuto cognizione
198 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
nel convento benedettino di Ottobeuern, nel quale aveva trascorso la<br />
prima giovinezza, vi si era accostato dopo le delusioni provate nello<br />
studio del sistema « tayloriano ». Sfrondandole del carattere empirico<br />
che apparentemente le contraddistingueva, aveva ricavato una teoretica<br />
valida universalmente, che costituisce il tessuto connettivo della stenografia<br />
corsiva, di cui è traccia in due sue pubblicazioni, rispettivamente<br />
del 1834 e del 1843: Anleitung zur deutschen Renden zeicbenkunst<br />
oder Stenographie e Stenographische Lesebibliotek.<br />
Scrive il Canale che il merito più grande del Gabelsberger è di<br />
aver saputo « travasare gli spiriti formativi delle antiche Note romane<br />
nel suo sistema di stenogiafia, senza demolirli, senza introdurre radicali<br />
variazioni, ma ciononostante rendendoli perfettamente adeguati e rispondenti<br />
ai bisogni di una scrittura veloce moderna » (14).<br />
L'innovazione più profonda è costituita dal passaggio dai caratteri<br />
alfabetici di derivazione geometrica a quelli corsivi della scrittura corrente,<br />
che comportano velocità di esecuzione grafica. Rilevante, inoltre,<br />
l'adozione <strong>dei</strong> princìpi fonetici, sui quali si regge in massima parte<br />
l'edificio gabelsbergeriano. E poiché era la scrittura ordinaria a fornirgli<br />
le basi alfabetiche, il Gabelsberger impostò il suo sistema anche<br />
su rigidi presupposti grammaticali ed etimologici.<br />
Wilhelm Stolze (1798-1867) e Ferdinand Schrey concepirono una<br />
stenografia meno complessa di quella gabelsbergeriana, meno dottrinale<br />
e soprattutto meno scientifica, introducendo il criterio del simbolismo<br />
<strong>dei</strong> segni. Il loro sistema fu contrapposto a quello del Gabelsberger<br />
con una certa efficacia (15). Ottimo dal punto di vista pratico,<br />
esso tuttavia non aveva dietro di sé un retaggio di gloria millenaria,<br />
quali le « note tironiane », né una base scientifica, quale solo<br />
la capacità e la versatilità del maestro monacense avevano saputo e<br />
potuto creare (16).<br />
Dopo l'avvento di Hitler al potere, in Germania fu imposto un<br />
sistema stenografico unico, denominato Deutsche Einheitskurzschrift,<br />
a base gabelsbergeriana, tuttora imperante.<br />
4. Il successo conseguito dal sistema gabelsbergeriano in Germania<br />
e la constatazione della mancanza di una stenografia ufficiale italiana<br />
indussero Heinrich Karl Noè* (Iglau, Moravia, 1835-Vienna 1914),<br />
professore di lettere al liceo « Marco Foscarini » di Venezia, a concepire<br />
il disegno di tradurlo e applicarlo alla lingua italiana. Già nel<br />
1859 egli aveva divulgato le sue teorie pubblicandole nel Foglio austriaco<br />
di Stenografia, nel quale ne enunciava analiticamente i presup-
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 199<br />
posti scientifici. Nell'Applicazione italiana, pubblicata nel 1863 a<br />
Dresda, e nel Manuale di Stenografia, che vide la luce due anni dopo<br />
a Trieste ed è considerato tuttora, malgrado taluni postumi tentativi<br />
di rielaborazione, il codice ufficiale del sistema, Noè espose tutta la<br />
teoretica del nuovo sistema (17).<br />
Fondato esclusivamente su rigidi presupposti etimologici, morfologici<br />
e grammaticali, il « Gabelsgerger-Noé », pur non rinnegando<br />
l'accentuazione corsiva, presenta numerosi elementi di novità rispetto<br />
all'originario sistema tedesco, resi necessari ai fini della sua adattabilità<br />
alla lingua italiana, le cui peculiarità fonetiche e morfologiche<br />
richiedono euritmie grafiche che ben difficilmente possono trovare<br />
espressione in quelle dettate originariamente solo per soddisfare le<br />
esigenze linguistiche tedesche.<br />
Esso fu riconosciuto ufficialmente nel 1909, con decreto regio, su<br />
proposta di Luigi Rava, ministro della pubblica istruzione nel Gabinetto<br />
Giolitti, e pertanto ammesso all'insegnamento pubblico nelle<br />
scuole.<br />
Emilio Amanti, da molti considerato il fondatore della stenografia<br />
italiana, eresse a modello il sistema geometrico del Taylor, sforzandosi<br />
di adattarlo alla lingua italiana (18). Nel 1809 pubblicò a Parigi il<br />
Sistema universale e completo di stenografia, nel quale esponeva le<br />
regole fondamentali di quello che sarà poi chiamato il sistema Taylor-<br />
Amanti, destinato ad operare una svolta, per i più decisiva, nella<br />
stenografia italiana. Egli non riuscì, però, ad eliminare talune imperfezioni<br />
che il « Taylor » presentava, specie dal punto di vista grafico<br />
ed interpretativo, malgrado avesse suggerito alcuni rimedi, particolarmente<br />
per quanto riguardava la vocalizzazione, il punctum dolens del<br />
sistema.<br />
Toccò a Filippo Delpino il compito di rielaborare il « Taylor-<br />
Amanti », con correttivi e miglioramenti che ne resero più agevole l'applicazione<br />
e con opportuni accorgimenti che, abbreviando i segni, consentirono<br />
una più alta velocità (19). Il suo Sistema di stenografia fu<br />
elogiato da Silvio Pellico nel Conciliatore del 30 maggio 1819 e dalla<br />
Gazzetta Piemontese del 4 marzo 1848. Incaricato di organizzare il<br />
servizio stenografico nel Parlamento Subalpino, il Delpino- ne fu il<br />
primo capostenografo.<br />
Nel 1848 il sistema, così rielaborato, varcò le soglie del Parlamento<br />
Subalpino, anzi fu runico praticato in quell'alto consesso. Nel<br />
1909 il sistema ottenne il riconoscimento ufficiale e fu ammesso all'in-
200 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
segnamento nelle scuole. Ma ebbe vita breve. Oggi è completamente<br />
scomparso.<br />
Il sistema fonetico del Pitman trovò in Italia il suo aedo in Giuseppe<br />
Francini (1844-1919), che nel 1883 operò il primo tentativo<br />
di applicarlo alla lingua italiana. In effetti, già prima di lui Francesco<br />
Svolgi nel 1879 aveva tentato la stessa impresa, ma con scarsi risultati<br />
ai fini della pratica stenografica. L'impossibilità di sganciarsi dalle<br />
rigide regole fonetiche, perfettamente valide per altro per la lingua<br />
inglese, fecero però naufragare gli iniziali sforzi del Francini. Così<br />
nel 1888 fu pubblicata una nuova edizione, completamente rielaborata,<br />
che modificava profondamente l'alfabeto pitmaniano.<br />
Il sistema fu riconosciuto dallo Stato con il regio decreto 31<br />
agosto 1910, n. 821. Ma già nel 1902 ne era stato introdotto l'insegnamento<br />
nelle scuole commerciali (20).<br />
Erminio Meschini (1880-1935), dopo avere studiato a fondo il<br />
« Gabelsberger-Noè », ideò un sistema geometrico-corsivo, denominato<br />
« Stenografia nazionale », che tuttora viene considerato come uno <strong>dei</strong><br />
più perfetti sistemi italiani di stenografia.<br />
Scrive PAliprandi (21) che il Meschini intese « creare un sistema di<br />
scrittura che potesse essere più o meno abbreviato a seconda delle<br />
necessità velocistiche richieste dallo scrittore o imposte dall'oratore ».<br />
Nel 1905 fu pubblicata la prima edizione della Fonostenografia italiana.<br />
Altre edizioni successive vivificarono le varie tappe dell'evoluzione<br />
del sistema, fino al raggiungimento del traguardo finale, quella<br />
« Stenografia nazionale » che doveva dare al Meschini tanta fama. La<br />
stenografia « meschiniana » si presenta come un'applicazione del principio<br />
fonetico poggiante su una base prettamente geometrica, con segni<br />
formati da curve non suscettibili di deformazione neanche a velocità<br />
elevate. La vocalizzazione viene rappresentata con altrettanti segni geometrici<br />
fissi, ascendenti ed orizzontali.<br />
Con regio decreto 7 dicembre 1913 il sistema fu riconosciuto e ammesso<br />
all'insegnamento, equiparato agli altri grandi sistemi imperanti.<br />
Oggi ha raggiunto un indice molto elevato di diffusione e di sviluppo<br />
(22).<br />
Il piemontese Giovanni Vincenzo Cima (1893-1968), dotato di eccezionale<br />
talento e di particolare versatilità, si accostò alla stenografia<br />
con quell'afflato mistico che caratterizzò sempre la sua vita di uomo<br />
e di studioso, fino ad imparare, praticare ed insegnare il «Taylor-<br />
Amanti », il « Pitman-Francini » ed il « Gabelsberger-Noe ».
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 201<br />
Nel 1911 vide la luce la prima edizione della sua Stenografia italiana<br />
corsiva, cui fece seguito due anni dopo una nuova edizione (23).<br />
La stenografia « cimana » rappresenta il coronamento di una felice<br />
intuizione, secondo cui le abbreviazioni non possono ispirarsi esclusivamente<br />
a schemi prefissati inalterabili e rigidi, ma devono essere lasciate<br />
piuttosto alla valutazione discrezionale dello stenografo. Questo<br />
principio si collega all'assioma che caratterizza tutta la tematica cimana,<br />
quello cioè del dinamismo che deve presiedere all'attività dello stenografo<br />
che, lungi dall'essere costretto in stereotipate regole grafiche, ha<br />
modo di svolgere compiutamente la propria personalità adattando alle<br />
varie evenienze le abbreviazioni ritenute più opportune.<br />
Nel 1913 fu fondato il Corriere stenografico, che divulgò ampiamente<br />
il nuovo sistema, mentre a Saluzzo, culla della stenografia cimana,<br />
veniva fondata l'Unione Stenografica Italiana. Nel 1934 il Cima<br />
stabiliva il record di ricezione radio-telefonica a grande distanza stenografando<br />
un articolo di Arnaldo Cipolla da Bandoeng (Isola di Giava);<br />
lo stesso Cipolla in una dichiarazione resa pubblica il 10 marzo 1934<br />
affermava che « la traduzione era stata perfetta » (24). Il 7 ottobre<br />
1937 la Stenografia corsiva di G. V. Cima riceveva il crisma del riconoscimento<br />
ufficiale.<br />
Abramo Mòsciaro (1901-1979) si colloca a buon diritto nella tradizione<br />
<strong>dei</strong> grandi maestri italiani di stenografia. Egli concepì un sistema<br />
stenografico (Stènital) che, enucleando ed unendo insieme gli<br />
elementi positivi di ogni altra stenografia precedente (25), dà vita ad<br />
un'organica ricomposizione di un tutto logico, oggetto di analisi accurata<br />
e diligente. Formulando una serie di proposizioni raccordate ad<br />
alcuni princìpi fondamentali, cui espressamente si richiama, il Mòsciaro<br />
ribadisce la validità <strong>dei</strong> presupposti corsivi e li pone a supporto del<br />
suo sistema. Contemporaneamente, riallacciandosi a quelle leggi fonetiche<br />
che studiano i suoni di cui si compongono le parole, ne riafferma<br />
l'estrema utilità.<br />
La Stènital fu riconosciuta ufficialmente con decreto del Presidente<br />
della Repubblica 21 settembre 1955, n. 1089, ed ammessa al pubblico<br />
insegnamento.<br />
In definitiva, per ciò che concerne l'attuale situazione in Italia in<br />
tema di riconoscimento ed insegnamento scolastico, la realtà è alquanto<br />
diversa da quella di 40-50 anni fa. Infatti, un profondo e radicale<br />
mutamento, originato da esigenze di diversa natura, si è verificato rispetto<br />
al passato, anche per effetto di studi analitici più accurati <strong>dei</strong><br />
vari sistemi stenografici.
202 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
5. Anche nel campo della stenografia l'automazione ha svolto<br />
nel passato, remoto e recente, un'opera di lenta penetrazione, tendente<br />
a sostituire all'attività manuale dell'uomo un rigido sistema meccanico<br />
di grafia abbreviata. Facendo astrazione da ogni considerazione<br />
di merito, è certo che dovunque, anche là dove le tradizioni stenografiche<br />
parlano ancor oggi un linguaggio vivo, la stenografia meccanica,<br />
o stenotipia, ha conseguito notevoli affermazioni in campo professionale,<br />
dovute sia alla preparazione culturale ed all'intelligenza <strong>dei</strong><br />
singoli, sia alla sempre più sofisticata tecnologia.<br />
Tra le moltissime macchine stenografiche (26) succedutesi fin qui,<br />
dall'antesignana Machine tachygraphique del Gonod (1827) alla Phonotype<br />
del Dilliès (1866), dal Logomatografo di Isidoro Maggi (1871)<br />
alla Macchina tachigrafia del Mazzei (1880), dal Glossografo di Amedeo<br />
Gentilli (1882) alla macchina Duployé (1890), dalla Sténophile di<br />
Carlo Bivort (1902) alla Shortwriter di Chambonnaud (1905), meritano<br />
una citazione particolare la Michela e la Grandjean, sia perché<br />
si distaccano da tutte le altre per la loro perfezione meccanica, sia<br />
perché le sole capaci dì ravvivare l'interesse <strong>dei</strong> tecnici e degli studiosi,<br />
avendo ottenuto notevoli affermazioni di prestigio. Ad esse va<br />
accomunata la macchina per stenografare elettronica Stenograph.<br />
Ideata nel 1839 dal piemontese Antonio Michela (1815-1886), la<br />
Macchina fonostenografica fu esposta nel 1863 al Palazzo di Brera a<br />
Milano, durante i lavori del II Congresso pedagogico, per un saggio<br />
pratico, eseguito dall'allieva Anna Violetta, divenuta poi stenografa di<br />
Assemblea al <strong>Senato</strong> del Regno (27). Alla Esposizione di Parigi del<br />
1878 Antonio Michela ottenne un solenne riconoscimento <strong>dei</strong> pregi della<br />
sua macchina attraverso la consegna di un attestato di merito e di<br />
una medaglia, cui fecero seguito le insegne dell'Ordine Mauriziano concessegli<br />
nel 1880 e due medaglie d'oro ottenute rispettivamente alle<br />
Esposizioni di Milano (1881) e di Torino (1884).<br />
Dal punto di vista teorico, la Michela si regge su un sistema meccanico<br />
sillabico-istantaneo di stenografia, che riproduce graficamente<br />
le sillabe di cui si compendia la parola. Attraverso un accurato studio<br />
della struttura fonica della sillaba, il Michela riuscì a raggruppare i<br />
suoni in quattro serie distinte, disponendo quindi su diversa scala<br />
grafica i sei segni tipici corrispondenti, equivalenti ai 37 valori fonici<br />
che compongono il « metodo ». Premendo sulla tastiera in maniera<br />
preordinata, si ottengono varie combinazioni sillabiche che configurano<br />
schematicamente la parola, privata delle vocali intermedie.
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 203<br />
Il 18 dicembre 1880 la Michela varcava le soglie di Palazzo<br />
Madama, sede del <strong>Senato</strong>, dove veniva adibita alla trascrizione <strong>dei</strong><br />
discorsi parlamentari, ottenendo così il premio più ambito, a coronamento<br />
di anni ed anni di studio e di sacrifici del suo inventore (28).<br />
Al 1909 risale l'invenzione della macchina Grand Jean (sténotype).<br />
Per le sue piccole dimensioni (è racchiusa in una valigetta portatile)<br />
e per le elevate velocità che raggiunge, essa ha larga diffusione. Soprattutto<br />
in Francia ha molti seguaci, ma ha avuto modo di affermarsi<br />
anche in Italia. Al <strong>Senato</strong>, per esempio, coesiste con la Michela ed<br />
è usata nella resocontazione delle sedute delle Commissioni parlamentari.<br />
Si compone di una tastiera munita di 21 piccoli tasti bianchi disposti<br />
su due file di 5 tasti rettangolari l'una, a sinistra, ed altrettante<br />
a destra, con al centro un tasto triangolare. Il metodo si regge su<br />
un principio prettamente fonetico e si articola su base sillabica. Dalla<br />
composizione sillabica di alcune lettere dell'alfabeto ordinario scaturisce<br />
la schematizzazione delle parole, che vengono direttamente stampate<br />
sulla carta.<br />
La Stenograph, impiegata nelle aule giudiziarie degli Stati Uniti da<br />
molti anni, è stata di recente applicata alla lingua italiana dal professor<br />
Marcello Metani di Firenze, anche nella sua versione elettronica. I<br />
risultati sono molto incoraggianti, al punto da far sperare in una sua<br />
affermazione a livello nazionale, se si riuscirà ad apportare opportune<br />
modificazioni.<br />
Per quanto riguarda la stenotipia, dato il suo peculiare carattere che<br />
difficilmente la rende assimilabile alla stenografia vera e propria, almeno<br />
in senso tradizionale, non ne è stata riconosciuta la validità ai<br />
fini del pubblico insegnamento; pertanto essa rimane ancorata alle<br />
varie scuole private ad indirizzo commerciale che la propagandano ed<br />
insegnano. La stenografia meccanica Michela, invece, viene insegnata in<br />
appositi corsi curati dall'Ufficio stenografia del <strong>Senato</strong> della Repubblica,<br />
che prepara in tal modo le nuove leve per il servizio d'Aula e<br />
di Commissione.<br />
A conclusione di questa parte dedicata alla stenografia meccanica,<br />
d piace riportare quanto scrisse Marius Michelot (29) a proposito<br />
del problema della velocità stenografica: « Quant aux très grandes<br />
vitesses, qui requièrent dans Vun et Vautre cas (sistema manuale e<br />
sistema meccanico) un entrainement prolongé, il n'est pas ahsolument<br />
certain que la sténographie mécanique s'y prète davantage que la
204 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
manuscrite. En fait, dans l'une comme dans l'autre, le practicien ne<br />
connaìt d'autres bornes à ses performances que son aptitude personnelle<br />
à la virtuosi té ».<br />
Note<br />
(1) Ribattendo la tesi di coloro che fanno risalire i primi segni di scrittura veloce<br />
ad età remotissima, il DE VECCHIS (Cenni storici della stenografia, Roma, 1940) nega<br />
che la stenografia sia nata contemporaneamente all'oratoria. Questa tutt'al più ne ha<br />
costituito lo stimolo.<br />
(2) Cfr. G. ALIPRANDI, Storia della stenografia, Padova, 1925; E. NOÈ", « L'antica<br />
tachigrafia greca» (pubblicato nella Rivista degli stenografi), Firenze, 1908-1909; I. BONA,<br />
La greca tachigrafia, Torino, 1892; V. GARDTHAUSEN, Storia della tachigrafia greca,<br />
Berlino, 1906.<br />
(3) Cfr. M. CANALE, La stenografia risorta ad arte romana, 1939.<br />
(4) Per un particolareggiato commento delle Notae, cfr. B. DE VECCHIS, Op. cit.,<br />
Ili, pagg. 3 e segg., G. CAVALLI, «e Le Note Tironiane», pubblicato su Italia Stenografica,<br />
Torino, 1891. Il PERUGI di contro ritiene (Le Note Tironiane, Roma, 1911)<br />
che le Notae non abbiano valore stenografico, in senso moderno, essendo prevalentemente<br />
a carattere brachigrafico, il che le porrebbe alla base dello sviluppo delle<br />
brachigrafie medioevali.<br />
(5) Cfr. Atti del Convegno di studi stenografici, Palermo, 1981.<br />
(6) Cfr. F. GIULIETTI, Guida alla pratica della stenografia, Firenze, 1933; S. GIUN<br />
TA, La stenografia e la storia della Chiesa nei primi secoli della nostra èra,<br />
Padova, 1932.<br />
(7) Il giornalista-stenografo L. Violi si occupò della resocontazione tachigrafica di<br />
molti discorsi del Savonarola. Anche le prediche di San Bernardino, di Lutero e di<br />
Calvino furono stenografate. (Cfr. G. ALIPRANDI, op. cit.).<br />
(8) Per una dettagliata conoscenza del «sistema» del Willis cfr. G. ALIPRANDI,<br />
Lineamenti di storia della stenografia, Torino, 1940. Sulla evoluzione della stenografia<br />
inglese, cfr. P. GIBBS, An Historical Account of Compendious and Swift Writing,<br />
Londra, 1736; W. MAVOR, Universa! Stenography, Londra, 1780; W. FOLKINGHAM, Brachigrapby,<br />
Londra, 1618, e RATCLIFF DI PLYMOUTH, A New Art of Short and Swift<br />
Writing, 1688, entrambi citati nella Bibliography of Shorthand pubblicata nel 1887<br />
da J. W. GIBSON.<br />
(9) Cfr. S. TAYLOR, Universa! System of Stenography, Londra, 1786, di cui è<br />
traccia anche in opere di epoca successiva; B. DE VECCHIS, op. cit., analizza in profondita<br />
il sistema tayloriano, anche nei suoi riflessi con la realtà stenografica<br />
moderna.<br />
(10) Cfr. I. PITMAN, Stenographic SoundHand, Londra, 1837; E. POLI, Isacco Pitman<br />
e l'opera sua, 1892; G. ALIPRANDI, Storia cit.<br />
ì
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 205<br />
(11) Degna di attenzione la sua Table Tach'tgrafique pubblicata nel 1779 a Parigi.<br />
(12) Cfr. C. COCHINAL, Système Prévost-Delaunay, Parigi, 1907.<br />
(13) Cfr. A. HAUTEFEUILLE, Course de sténographie, système Duployé codifié<br />
(métagrapbie), Parigi.<br />
(14) Cfr. M. CANALE, op. cit., pag. 75.<br />
(15) Cfr. W. STOLZE, Theoretisch-praktiscbes Lehrbucb, Berlino, 1841; F. SCHREV,<br />
Deutsche Kurzschrift, 1887; cfr. anche E. Noi-, II sistema Stolze-Schrey, Venezia, 1900.<br />
(16) Sugli sviluppi della stenografia gabelsbergeriana, cfr. C. SCHMIDT-G. DU BAN,<br />
Il progresso interno del sistema Gabelsberger-No'é, Trieste, 1921; A. PARISET, La<br />
stenografia di Gabelsberger, Parma, 1904.<br />
Per l'incidenza delle « note tironiane » sull'opera del Gabelsberger, di notevole interesse<br />
è la consultazione di M. CANALE, op. cit., pagg. 75-83 e segg.<br />
(17) Cfr. E. NoE, Compendio di Storia della stenografia italiana, Trieste, 1909;<br />
Id. Storia generale della stenografia, Trieste, 1912; Id. Neue Vbertragung des Gabelsbergerschen<br />
system auf die italienische Sprache, pubblicato in Stenographische<br />
Blatter, Monaco, 1859; E. MOLINA, Trattalo di stenografia, Venezia, 1919.<br />
(18) In verità, prima di lui, il frate Pietro Molina aveva ideato un sistema geometrico<br />
italiano, pubblicato nel 1797. Si trattò, però, malgrado l'originalità delle teorie,<br />
di una stenografia elementare che non assicurò al suo inventore né seguaci né<br />
gloria, anche perché nata in un periodo in cui imperavano le scuole inglesi. Cfr.<br />
F. NATALETTI, « Il precursore Pietro Molina », pubblicato nel Bollettino dell'Accademia<br />
italiana di stenografia, Padova, 1929.<br />
(19) Cfr. D. SAMBO, Quadro sinottico di stenografia italiana sul sistema Taylor-<br />
Dei pino, Venezia, 1902.<br />
(20) Cfr. G. FRANCINI, Manuale di fonografia italiana, Roma, 1883; G. ZUCCARINI,<br />
La teoria della scrittura fonica, 1904; E. No*É, La fonografia Pitman-Francini, Venezia,<br />
1900; G. FRANCINI, Manuale di stenografia fonetica (ed. curata da Alfredo Francini),<br />
Roma, 1955.<br />
(21) Cfr. G. ALIPRANDI, Lineamenti, cit., pag. 102.<br />
(22) Per un'accurata bibliografia sulla stenografia meschiniana, cfr. C. CERCHIO,<br />
Guida pratica per lo studio della stenografia, Torino, 1913; F. NATALETTI, Nazionalismo<br />
stenografico, Roma, 1926; B. DE VECCHIS, La stenografia nelle scuole, Roma,<br />
1913; E. MANCUSO, La stenografia Meschini, Roma, 1923.<br />
Per le vittorie conseguite dai « meschiniani » in tanti anni di attività stenografica,<br />
cfr. la « Visione cronologica stenografica » pubblicata in appendice ai Lineamenti di<br />
storia della stenografia di G. ALIPRANDI.<br />
Cfr. anche, ai fini pratici, C. CERCHIO-E. CERCHIO-DE BERNARDI, Per divenire<br />
stenografi, Torino, 1942.<br />
(23) Cfr. G. V. CIMA, Stenografia italiana corsiva, Torino Off. Graf. Wolf, 1913.<br />
(24) Dalla prefazione a Lotte, affermazioni, vittorie del sistema Cima (supplemento<br />
del Corriere Stenografico), Torino, 1957.<br />
(25) Cfr. A. MÒSCIARO, Stènital, Roma, 1963 (ed. XII), là dove si sostiene che<br />
«la Stènital realizza finalmente la profezia di Giuseppe Fumagalli (1877): che solo con<br />
l'armonica fusione del buono di tutti i sistemi si sarebbe avuta la definitiva Stenografia<br />
italiana ».<br />
(26) Cfr. V. BONFIGLI, Macchine per stenografare, Padova, 1937; GALLI, Machine<br />
a sténographier, 1831.<br />
(27) Cfr. E. BUDAN, Le macchine da stenografare, Venezia, 1906.
206 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
(28) Per ulteriori notizie sulla vita e sull'attività di A. Michela, cfr. la Biografia<br />
di G. VINCENTI, Ivrea, 1887; F. NATALETTI, 1 primordi della «Michela», pubblicato<br />
nel Bollettino dell'Accademia italiana di stenografia, Padova, 1933.<br />
Per conoscere in dettaglio il fondamento teorico-pratico del sistema fonostenografico,<br />
cfr. C. DE ALBERTI, Manuale di stenografia, sistema Michela, 1897; La sténographie<br />
mécanique système Antoine Michela, Parigi, 1882; C. CASATI, La Macchina Michela,<br />
Roma, 1879; G. GENTILI, Nuovi appunti sulla macchina Michela, Roma, 1879; E. GA<br />
ROSI, 7/ Resoconto stenografico parlamentare e la macchina Michela, Roma, 1930;<br />
A. MANTZEL, Die stenographier-Maschine Michela, Berlino, 1888.<br />
(29) Cfr. M. MICHELOT, Les systèmes sténographiques, Parigi, 1959, pag. 100.
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari:<br />
II. - La stenografia parlamentare<br />
di Giovanni Panarello *<br />
1. Il resoconto stenografico dalle prime assemblee al Parlamento subalpino e ai<br />
nostri giorni. - 2. Lo status di stenografo parlamentare. - 3. L'oratoria parlamentare:<br />
dal linguaggio parlato al linguaggio scritta. - 4. Il concetto di fedeltà del resoconto<br />
stenografico: forma e contenuto; aspetto procedurale. - 5. Il concetto di responsabilità<br />
in ordine al resoconto stenografico. - 6. La resocontazione stenografica presso<br />
altri parlamenti.<br />
1. Esposto nella prima parte * il concetto tradizionale di stenografia<br />
attraverso un'indagine sulla sua genesi e sulla sua evoluzione ed una<br />
analisi dettagliata <strong>dei</strong> vari sistemi stenografici, è opportuno ora un rapido<br />
excursus storico sulla stenografia parlamentare, prima di affrontare<br />
la complessa problematica connessa alla resocontazione <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari.<br />
Esula dalle finalità del presente lavoro ogni riferimento a<br />
ricerche sulle origini dell'istituto parlamentare; tuttavia, nel trattare<br />
della stenografia parlamentare non è possibile prescindere da sollecitazioni<br />
che spingono inevitabilmente in tale direzione, per l'intima connessione<br />
esistente fin dai primordi della vita parlamentare tra l'arte<br />
oratoria e la velocità grafica di trascrizione o comunque la resocontazione<br />
e la cronaca.<br />
È agli inizi del secondo millennio all'inarca che viene collocato<br />
storicamente in Europa l'inizio o, se vogliamo, il primo anelito di<br />
quell'attività assembleare che deve essere a ragione considerata anticipatrice<br />
dell'odierno concetto di parlamento: cornilium vel concio quod<br />
vulgo dicitur parlamentum, secondo la lapidaria definizione del lessicologo<br />
del XIII secolo Giovanni da Genova. Il primo punto di riferimento<br />
è costituito, infatti, da concilia (o Consilia), conventus, curiae,<br />
ossia da assemblee che vedevano riuniti attorno al sovrano dignitari e<br />
ministri, in uno sforzo comune di collaborazione al governo del regno,<br />
nella consapevolezza che non era possibile governare sine consultu et<br />
* Giovanni Panarello è Consigliere capo servizio della <strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> deputati e Direttore<br />
della Scuola di addestramento e di formazione professionale per stenografi parlamentari.
172 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
consensu plurimorum. Cronisti del tempo ed archivi ecclesiastici ci<br />
hanno tramandato le cronache e gli atti di molte di quelle assemblee,<br />
nelle quali scambi di idee, contributi di esperienza, posizioni dottrinarie,<br />
esposizioni giuridiche s'intrecciavano fra colore»- che avevano la<br />
responsabilità della res publica insieme con l'organo monocratico al<br />
quale erano pur sempre sottoposti. Lo stesso avveniva per i synoda,<br />
nei quali ecclesiastici di pari o anche di diversa dignità disquisivano<br />
alla presenza di una superiore autorità religiosa su problemi immanenti<br />
o trascendenti.<br />
Il fatto che siano pervenute fino a noi notizie certe sugli argomenti<br />
trattati, sulle opinioni espresse e sulle decisioni adottate in numerose<br />
assemblee costituisce la riprova del grande interesse che si annetteva a<br />
quanto in esse si svolgeva ed all'esigenza di darne pubblica testimonianza.<br />
La stesura di dettagliate cronache contenenti anche i testi legislativi<br />
approvati o comunque proposti e commenti sulle discussioni che ne<br />
avevano accompagnato Yiter ha investito anche l'attività delle grandi<br />
assemblee che hanno contraddistinto il processo di genesi dell'istituto<br />
parlamentare in Italia. Anche se taluni fanno risalire la nascita del più<br />
antico parlamento d'Italia, quello di Sicilia, al 1130, anno dell'incoronazione<br />
di Ruggero II avvenuta la notte di Natale nel duomo di Palermo,<br />
non può essere dimenticata la primigenia esperienza di quella<br />
Curia sollemnis aut generalis, di ispirazione normanna, che si riunì a<br />
Mazara nel 1097. Sfortunatamente poco ci è stato tramandato degli<br />
atti legislativi dell'epoca normanna; numerosi di essi nondimeno sono<br />
contenuti nelle Constitutiones Regni Siciliae, note come « Costituzioni<br />
Federiciane », predisposte da Federico II di Svevia e compilate da Pier<br />
delle Vigne (Has leges sive constitutiones ut scriptae fuerunt in conventu<br />
Malphitanis Federicus ratus habuit). Approvate nel parlamento tenuto<br />
a Melfi nel 1231, « raccolgono anche le decisioni che, divenute norme<br />
e consuetudini, furono adottate durante il periodo normanno, costituendo<br />
quel corpus legum che deve ritenersi il primo nucleo dell'attività<br />
parlamentare di Sicilia » {Constitutiones pragmaticae sanctiones<br />
editae in sacro concistorio). 2<br />
Notevole è stato l'apporto <strong>dei</strong> cronisti e resocontisti del tempo, che<br />
ci hanno trasmesso informazioni preziose sulle assemblee curiali, sui<br />
colloquia e sui parlamenti svoltisi nei successivi periodi. Nel 1749 furono<br />
pubblicati in Palermo gli atti di ben 126 « parlamenti generali<br />
del regno di Sicilia » dal 1446 al 1748. Questa certosina opera
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 173<br />
di raccolta di dati in parte vergati con l'ausilio di antiche brachigrafie<br />
ed in parte manoscritti per notas vulgares, già catalogati cronologicamente<br />
nel 1659 da Andrea Marchese e quindi da Pietro Battaglia,<br />
dimostra l'importanza che gli atti parlamentari hanno sempre rivestito<br />
non soltanto come testimonianza storica e politica del passato, ma<br />
anche per gli studi che se ne possono trarre sulla genesi e sullo sviluppo<br />
del diritto pubblico. 3<br />
L'esistenza di documenti (come le famose lettere di convocazione<br />
delle sedute parlamentari svoltesi a Palermo, Messina, Catania ecc., che<br />
rappresentano un unicum nel loro genere) contenenti atti legislativi<br />
ed appunti riguardanti lo svolgimento delle sedute ci riporta all'immagine<br />
dello scriba che diligentemente annota o a quella del notarius<br />
che affida velocemente alla carta propositiones e definitiones, discorsi e<br />
deliberazioni. Di notevole interesse il testo del rogito del primo parlamento<br />
riunitosi a Mazara di Sicilia nel 1097, riguardante le discordie<br />
insorte tra vescovi e baroni per il pagamento delle decime, conservato<br />
ad Agrigento, ed il manoscritto del Villabianca, che reca nel frontespizio<br />
la seguente citazione: « Sempre son maestosi, e venerandi, gli<br />
atti comizi di una nazione », e costituisce forse il più fedele compendio<br />
della vita parlamentare siciliana dal 1189 al 1754.<br />
Sia che l'annotazione sia avvenuta per mezzo di scritture abbreviate,<br />
brachigrafiche o criptostenografiche ai primordi e tachigrafiche in seguito,<br />
oppure mediante la scrittura ordinaria, è comunque degna di<br />
sottolineatura la decisione di « raccogliere » e « trascrivere » gli atti<br />
parlamentari, non soltanto per la certezza del presente e quindi per la<br />
chiarezza delle decisioni adottate, ma anche per tramandare ogni testimonianza<br />
temporis adi. Sono da ricordare per la preziosa attestazione<br />
fornita in ordine agli avvenimenti citati alcuni cronisti del tempo, precursori<br />
— possiamo dire — degli stenografi parlamentari, come Alessandro<br />
Telese, Falco da Benevento, Riccardo di San Germano e Romualdo<br />
di Salerno, arcivescovo e dignitario di corte. Molto interessante<br />
il formulario redatto nel 1298 da Rinaldo Malvolti per regolamentare<br />
i lavori delle assemblee che si svolgevano nello Stato della Chiesa in<br />
quel tempo, contenente anche i modelli delle convocazioni inviate ai<br />
vescovi per partecipare alle riunioni assembleari, nonché di quelle trasmesse<br />
anche alle civitates per sollecitare o addirittura intimare la presenza<br />
di podestà, sindaci e ciambellani. Il carattere formale di queste<br />
assemblee costituisce un'anticipazione di quella prassi parlamentare che<br />
nel tempo, aggiunta alle consuetudini, ha dato vita all'odierna procedura<br />
parlamentare. 4
174 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
Non è il caso di soffermarsi sulle notizie e sui documenti che ci<br />
sono stati tramandati in merito all'attività di alcune assemblee parlamentari<br />
di tipo più moderno (nella quale già si configurava la<br />
genesi dello ius parlamenti), come quelle tipiche delle repubbliche<br />
Bolognese, Cispadana, Cisalpina, Ligure, Romana e Partenopea, oppure<br />
il parlamento del « Regno indipendente di Sicilia » del 1812<br />
composto dalla <strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> Pari e da quella <strong>dei</strong> Comuni, oppure<br />
ancora il « general parlamento » di Sicilia del 1848-49 od altre assemblee<br />
costituite un po' dovunque in Italia in conseguenza <strong>dei</strong><br />
moti del 1820 e del 1848. Quest'ultima data riveste invece particolare<br />
importanza, perché segna l'inizio della vita di un parlamento<br />
nazionale, il Parlamento subalpino, dal quale è opportuno prendere<br />
le mosse specificamente per un'indagine sulla stenografia parlamentare<br />
che sia più vicina alla nostra esperienza e contenga anche<br />
stimoli critici ed obiettivi.<br />
Nel 1848, appunto, nel predisporre presso il Parlamento subalpino<br />
un servizio di resocontazione stenografica <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari<br />
che garantisse alla <strong>Camera</strong> ed al <strong>Senato</strong> un minimo di efficienza<br />
funzionale, Filippo Delpino 5 dovette misurarsi con difficoltà che allora<br />
sembrarono insuperabili, ma il cui ricordo ormai sbiadito dal<br />
tempo fa oggi sorridere, alla luce delle nuove tecniche e <strong>dei</strong> nuovi<br />
processi di resocontazione. Analogamente possono rappresentare soltanto<br />
una nota di colore, una spigolatura, un interessante materiale<br />
per indagini di carattere storico, le critiche e le perplessità suscitate<br />
allora dalla lettura <strong>dei</strong> primi resoconti parlamentari, estremamente<br />
carenti per motivi oggettivi, quali la scarsa dimestichezza con<br />
la lingua italiana da parte di numerosi parlamentari, più inclini ad<br />
esprimersi in francese, b e l'impreparazione degli stenografi alla resocontazione<br />
oratoria.<br />
Dopo la solenne apertura della prima sessione del parlamento<br />
nazionale avvenuta a Torino, a Palazzo Madama, P8 maggio 1848<br />
con la lettura del discorso della corona fatta, in assenza di Carlo<br />
Alberto, dal principe Eugenio di Savoia Carignano, luogotenente generale<br />
del regno, l'attività delle due Camere iniziò freneticamente,<br />
mentre il Piemonte viveva quotidianamente in un'altalena di emozioni<br />
e di entusiasmo sull'onda degli avvenimenti della guerra contro<br />
l'Austria. La Gazzetta Piemontese, giornale ufficiale del regno,<br />
inaugurò il 9 maggio una rubrica dedicata alle notizie parlamentari,<br />
che riportava — oltre al testo del discorso della corona — anche<br />
una sintetica cronaca dello svolgimento della cerimonia inaugurale
La stenografìa e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 175<br />
ed una descrizione dell'aula parlamentare, nella quale faceva spicco<br />
per la sua singolarità l'accenno alla sistemazione logistica degli stenografi,<br />
disposti a destra e a sinistra dello « stallo del Presidente ».<br />
Il . 10 maggio, ,nel riferire sull'attività parlamentare della tornata<br />
del 9, il giornale rivolgeva un invito ai lettori a voler « condonare »<br />
inesattezze ed errori d'informazione. Erano le prime avvisaglie della<br />
crisi che ben presto avrebbe coinvolto la resocontazione parlamentare<br />
per le deficienze della stenoscrizione, dovute in parte a carenze<br />
tecniche ed in parte a cattivo ascolto. Affidati a stenografi improvvisati,<br />
non adusi alla velocità oratoria e professionalmente immaturi,<br />
i resoconti <strong>dei</strong> dibattiti delle due Camere contenevano, infatti,<br />
imprecisioni ed errori, e spesso travisavano persino il pensiero dell'oratore.<br />
Le esigenze immediate di pubblicità dell'attività parlamentare<br />
erano pertanto soddisfatte quasi del tutto, almeno inizialmente,<br />
anche per il notevole litardo con cui i resoconti venivano stampati,<br />
dalle cronache giornalistiche, anch'esse tuttavia molto sintetiche ed<br />
imprecise, essendo in gran parte ricavate dagli stessi resoconti redatti<br />
dagli stenografi.<br />
I giornali, come La Concordia, Il Risorgimento, la Gazzetta Piemontese,<br />
pubblicavano, infatti, un resoconto molto sommario <strong>dei</strong><br />
lavori parlamentari, nel quale tuttavia si riscontrava talora anche<br />
la citazione letterale di interi brani di discorsi pronunziati da deputati<br />
e senatori ripresi stenograficamente dai resocontisti parlamentari.<br />
Non era raro, però, il caso in cui gli stessi Presidenti delle<br />
due Assemblee erano costretti ad intervenire ufficialmente per rettificare<br />
affermazioni contenute nei resoconti giornalistici. Anche Cesare<br />
Balbo, Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> ministri, inviò il 25 maggio<br />
1848 una lettera alla Gazzetta Piemontese per correggere un'inesattezza<br />
riguardante un discorso da lui pronunziato al <strong>Senato</strong> due<br />
giorni prima.<br />
Riferendosi alla tornata della <strong>Camera</strong> del giorno prima, la Gazzetta<br />
Piemontese del 13 maggio 1848 riportava le proteste del deputato<br />
Cadorna per « inesattezze ed errori notabili non solo in<br />
proposito dell'indicazione <strong>dei</strong> collegii e delle qualità <strong>dei</strong> deputati,<br />
ma ancora quanto al riprodur la discussione » contenuti nelle notizie<br />
pubblicate sullo stesso giornale; e, pur riconoscendo che « in<br />
questi primi tempi del regime costituzionale [ ... ] non possono pretendersi<br />
perfetti gli istrumenti della pubblicità », esprimeva il desiderio<br />
che le discussioni fossero riprodotte in modo soddisfacente.<br />
In un indirizzo di risposta, il ministro degli affari esteri marchese
176 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
Pareto precisava: « In queste prime prove, la stenografia forse non<br />
fornisce ancora l'elemento indispensabile della periodica pubblicità<br />
in quella maniera che conviene alla <strong>Camera</strong> e al Governo. Si farà<br />
in modo che l'occorso non si ripeta, e si provvederà a che gli<br />
sbagli e le inesattezze avvenute non si riproducano ». La « fisionomia<br />
» aggiunta dai resocontisti al termine delle dichiarazioni del ministro<br />
Pareto riportava tra parentesi la parola: « Bene ! » ripetuta<br />
due volte, a testimonianza del consenso che la risposta aveva suscitato<br />
nell'uditorio.<br />
È interessante notare come nell'occasione testé ricordata e descritta<br />
sia stata per la prima volta concepita anche l'idea di affidare<br />
ai Segretari di Presidenza la responsabilità di vigilare sulla « fedeltà<br />
» <strong>dei</strong> resoconti stenografici, che oggi si trova consacrata ufficialmente<br />
nei regolamenti della <strong>Camera</strong> e del <strong>Senato</strong>. Un deputato,<br />
il cui nome non è citato dal resocontista, propose, infatti, che fosse<br />
affidato « ai segretari della <strong>Camera</strong> l'incarico di vegliare alla fedele<br />
riproduzione delle sedute per mezzo degli stenografi e <strong>dei</strong> giornali ».<br />
Dopo ampia discussione, il Presidente mise in votazione la proposta,<br />
« talché fatti e parole accaduti o detti in questa <strong>Camera</strong> siano esattamente<br />
riferiti », e la <strong>Camera</strong> l'approvò.<br />
Nella Gazzetta Piemontese del 16 maggio 1848 venne pubblicato<br />
il primo supplemento contenente il resoconto stenografico integrale<br />
della tornata del 13 maggio. Si trattò del primo esempio di resocontazione<br />
stenografica in extenso della storia parlamentare italiana,<br />
al quale gli stenografi parlamentari diedero vita allora, pur tra notevoli<br />
difficoltà oggettive, inaugurando per così dire una « stagione »<br />
che, in poco più di un secolo fino ai nostri giorni, offrirà all'opinione<br />
pubblica, agli studiosi, agli interpreti, agli operatori del diritto,<br />
un saggio di precisione e di professionalità che, ben al di là<br />
delle imperfezioni e degli errori iniziali dovuti all'improvvisazione,<br />
desterà in tutti ammirazione e consenso.<br />
Certamente gli episodi poco edificanti continuarono a ripetersi<br />
ancora per un determinato periodo, aggravati anche dall'uso della<br />
lingua francese nei dibattiti parlamentari. A questo proposito bisogna<br />
ricordare che l'articolo 62 dello Statuto albertino recitava<br />
testualmente: « La lingua italiana è la lingua ufficiale delle Camere.<br />
È però facoltativo di servirsi della francese ai membri che appartengono<br />
ai paesi in cui questa è in uso ed in risposta ai medesimi<br />
». La norma statutaria consentiva, quindi, a deputati e senatori<br />
di usare indifferentemente l'uno o l'altro idioma nei loro di-
La stenografìa e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 177<br />
scorsi in Parlamento, particolare questo che provocava indubbiamente<br />
remore e complicazioni ai fini della resocontazione. Numerosi<br />
erano, infatti, i parlamentari savoiardi, i quali preferivano parlare in<br />
francese; lo stesso Cavour non era alieno dal farne uso per rispondere<br />
ad osservazioni e critiche rivoltegli in francese.<br />
Fu pertanto giocoforza assumere fin dall'inizio stenografi di lingua<br />
madre francese per far fronte alla stenoscrizione <strong>dei</strong> discorsi<br />
pronunziati in quell'idioma. Ma nemmeno questi resocontisti erano<br />
preparati alla stenoscrizione oratoria, per cui i difetti già riscontrati<br />
si moltiplicarono a dismisura. Così nella tornata del 23 maggio<br />
1848 il deputato Siotto-Pintor, dopo aver ricordato che già « in<br />
altra fiata si rappresentò alla <strong>Camera</strong> la necessità di sorvegliare che<br />
gli stenografi riportassero fedelmente quanto viene esposto nella <strong>Camera</strong><br />
», rivolse nuove istanze tanto al Governo che alla <strong>Camera</strong><br />
« acciò provvedasi in proposito ». Nella stessa occasione il deputato<br />
jacquemoud lamentò che il resoconto non avesse dato fedelmente<br />
informazione su un incidente verificatosi nel corso della seduta del<br />
15 maggio tra lui ed il deputato Sineo, ed aggiunse testualmente:<br />
« Il est impossible d'cspérer que le service des sténographes puisse<br />
fonctionner immédiatement et completement malgré le mérite et la<br />
botine volontà des personnes qui se sont chargées de cette laborieuse<br />
entreprise; le nombre n'en est pas assez considérable, et il serait<br />
essentiel de leur assurer dès-à-présent, une position et un avenir, afin<br />
d'encourager leur zète ».<br />
Era il primo accenno ad un'adeguata sistemazione giuridica (e<br />
di conseguenza anche economica) degli stenografi. Si noti che all'inizio<br />
dell'attività del nuovo Parlamento e per un certo periodo<br />
di tempo le poche persone che fecero parte dell'amministrazione<br />
delle due Camere furono prelevate con relativi comandi dai ruoli<br />
della pubblica amministrazione; soltanto pochi inservienti erano ingaggiati<br />
a cachet e prestavano servizio soltanto nei giorni di seduta.<br />
Il problema di un inquadramento stabile degli stenografi, la cui<br />
funzione era considerata a buon diritto vitale, assunse subito una<br />
dimensione inusitata e si scontrò con remore ed incomprensioni piuttosto<br />
notevoli.<br />
Come si è visto, il reperimento di stenografi idonei alla resocontazione<br />
parlamentare costituì subito un grosso problema, in quanto<br />
non esisteva di fatto alcuna possibilità di operare una selezione,<br />
ma bisognava accontentarsi degli elementi che il « mercato » offriva.<br />
È opportuno ricordare che l'unico sistema stenografico imperante
178 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
in Italia in quel periodo era l'inglese Taylor, riadattato alla lingua<br />
italiana dal Delpino dopo le deludenti esperienze di Emilio Amanti<br />
7 : il Taylor-Delpino, però, non era ancora riconosciuto legalmente<br />
e quindi non era ammesso al pubblico insegnamento. Alla <strong>Camera</strong><br />
tuttavia esso rimase incontrastato dal 1848 al 1907, quando<br />
vinse il concorso per funzionario stenografo il primo seguace del<br />
sistema Pitman-Francini. Nel 1932 si ebbe la totale scomparsa del<br />
Taylor-Delpino, che tuttavia in ben 82 anni alla <strong>Camera</strong> e 31 anni<br />
al <strong>Senato</strong> (ossia fino al 1881, quando a Palazzo Madama venne introdotta<br />
la « Fonostenografia Michela ») aveva visto succedersi varie<br />
generazioni di stenografi, così ripartiti: <strong>Camera</strong>: 1848-49, 17;<br />
1850, 13; 1853, 16; 1857, 14; 1859, 14; 1860, 15; 1865, 15;<br />
1880, 15; 1897, 16; 1898, 15; 1903, 15; 1907, 14; 1908, 12;<br />
1909, 12; 1913, 9; 1918, 6; 1919, 3; 1923, 3; 1925, 3; 1926, 2;<br />
1929, 1; 1931, 1; <strong>Senato</strong>: 1848-49, 12; 1850, 13; 1853, 11; 1857,<br />
9; 1858, 12; 1865, 13; 1870, 14; 1880, 20.<br />
La mancanza di sistemi stenografici validi per la resocontazione<br />
oratoria, al di fuori del summenzionato Taylor-Delpino, venne sottolineata<br />
dal deputato Cottin nella tornata del 15 maggio 1848,<br />
allorché, dopo aver ricordato che vi erano « due soli mezzi per raccogliere<br />
i discorsi pronunziati alla <strong>Camera</strong>, cioè con gli appunti che<br />
si prendono dai segretari e dai redattori, e con la stenografia », aggiunse<br />
che con il primo era « materialmente impossibile il tener dietro<br />
alle singole parole » e che la stenografia non era ancora ad un<br />
punto tale di perfezione da .potersi pretendere con essa una esatta<br />
resocontazione delle sedute parlamentari. Nella tornata del 23 maggio,<br />
lo stesso onorevole Cottin, nella sua periodica lamentazione,<br />
si lanciò in una ferocissima critica contro il resoconto e la Gazzetta<br />
Piemontese, affermando fra l'altro: « ...nei fogli che si vennero<br />
fin qui pubblicando tanti e siffatti errori si produssero, che impossibile<br />
riesce anche ad ogni anche accorto leggitore il trarne onesto<br />
costrutto ».<br />
£ vero che il Delpino, per ovviare alle carenze esistenti, sperimentò<br />
il sistema della contemporanea ed alternata scrittura da parte<br />
di due stenografi per ogni discorso, il che — ad onta della difficoltosa<br />
innovazione — consentiva di stenografare oratori piuttosto<br />
veloci; è altrettanto vero, però, che una siffatta procedura richiedeva<br />
nello stenografo doti di intuito, prontezza di riflessi, energia<br />
fisica e preparazione culturale oltre i normali limiti. Era — come<br />
si può ben immaginare — una soluzione estremamente caotica, tanto
La stenografìa e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 179<br />
che il rimedio si rivelò a lungo andare peggiore del male. Si pensò<br />
conseguentemente alla stesura di un resoconto sommario che riportasse<br />
in sintesi il contenuto <strong>dei</strong> dibattiti e nello stesso tempo « fotografasse<br />
» la fisionomia delle sedute. Così nel 1879 alla <strong>Camera</strong> e<br />
nel 1882 al <strong>Senato</strong> fece la sua prima apparizione il resoconto sommario,<br />
la cui redazione era affidata agli stenografi più anziani, i quali<br />
contemporaneamente svolgevano la funzione di revisori <strong>dei</strong> resoconti<br />
stenografici. Il « sommario » veniva distribuito in bozza ai giornalisti<br />
parlamentari, che avevano così modo di impostare in maniera più<br />
esatta la riproduzione <strong>dei</strong> dibattiti sulla stampa. Allora, come del<br />
resto accade anche oggi, il resoconto sommario non rivestiva alcun<br />
carattere ufficiale e non ne era garantita la fedeltà, per cui nessun<br />
parlamentare aveva il diritto di chiedere eventuali rettifiche, come<br />
si verificava sovente per il resoconto stenografico, l'unico d'altra parte<br />
ad avere il crisma dell'ufficialità.<br />
Se alle difficoltà oggettive descritte si aggiungono la politica di<br />
rigore nella spesa praticata dall'amministrazione parlamentare, data<br />
la ben scarsa consistenza della sua dotazione finanziaria, e la drammatica<br />
situazione connessa al difficile reperimento di stenografi in<br />
lingua francese 8 , si può ben comprendere come in questo settore, almeno<br />
inizialmente, si sia provveduto all'assunzione di personale scarsamente<br />
qualificato, che fra l'altro non aveva nemmeno lo stimolo di<br />
un'adeguata sistemazione dal punto di vista giuridico ed economico.<br />
Ecco perché il « grido di dolore » del deputato Jacquemoud fu accolto<br />
da tutti con favore, nell'unanime riconoscimento dell'esigenza<br />
di assicurare agli stenografi « une position et un avenir ».<br />
Un'apposita Commissione composta dai deputati Pallieri, Avigdor,<br />
Paolo Farina, Fagnani, Cadorna, Lione e Palliotti fu incaricata di<br />
esaminare la situazione concernente la resocontazione e gli stenografi,<br />
e di mettere allo studio concrete proposte. La. relazione conclusiva,<br />
redatta in francese, dopo aver sottolineato gli sforzi dell'amministrazione<br />
nel creare dal nulla una struttura organizzativa<br />
che fosse anche e soprattutto funzionale, raccomandava l'istituzione<br />
di una scuola di stenografia parlamentare, per preparare gli stenografi<br />
al difficile compito della resocontazione <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari,<br />
e di operare con il massimo rigore nella selezione <strong>dei</strong> migliori<br />
elementi.<br />
Certamente gli auspici della Commissione — i cui lavori si svolsero<br />
nell'anno di grazia 1851, approdando ai medesimi risultati che<br />
ancor oggi, ossia dopo ben 132 anni, consigliano il mantenimento
180 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
di una scuola di addestramento nella stenografia parlamentare per<br />
far fronte alle esigenze della resocontazione stenografica — non caddero<br />
nel vuoto: essi provocarono fra gli stenografi stimoli e sollecitazioni<br />
che, uniti alla maturità conseguita sul campo, operarono<br />
una radicale trasformazione, pur nella perdurante atmosfera critica che<br />
aleggiava sui resoconti.<br />
Un dato, però, emergeva molto evidente, ed era quello della insostituibilità<br />
di una funzione che, al di là del mero fatto tecnico,<br />
si presentava come garantista in relazione al regolare svolgimento<br />
delle sedute. In altri termini, appariva chiaro a tutti l'enorme contributo<br />
che gli stenografi fornivano non soltanto in veste di resocontisti<br />
e di revisori, ma anche come profondi conoscitori delle norme<br />
procedurali che disciplinavano i lavori parlamentari. È un particolare,<br />
questo, di indubbia rilevanza, perché questa concezione caratterizzerà<br />
tutte le amministrazioni via via succedutesi almeno fino<br />
al secondo dopoguerra. La figura dello stenografo, infatti, ne viene<br />
fuori in tutta la sua vera dimensione, scoprendo un aspetto nuovo,<br />
ignorato o comunque poco considerato fino ad un certo periodo della<br />
storia parlamentare.<br />
Numerose generazioni di stenografi si sono succedute in Parlamento<br />
fino ai nostri giorni, offrendo l'immagine del funzionario che non sa<br />
soltanto fissare sulla carta parole e fatti che caratterizzano la seduta<br />
parlamentare, ma sa anche guidare ed assistere con la sua esperienza<br />
e la sua preparazione i responsabili del regolare svolgimento di questa,<br />
sia che si tratti dell'Assemblea plenaria, sia che si tratti delle Commissioni<br />
parlamentari. È così che dalle file degli stenografi sono venuti<br />
ben quattro Segretari generali, due Vice Segretari generali e due<br />
Estensori del processo verbale, a conferma di una tradizione che ha<br />
visto gli stenografi in prima fila nella burocrazia parlamentare.<br />
Un'inversione di tendenza avvenne nel 1947, allorché un improvviso<br />
colpo di spugna cancellò dalla lavagna della storia amministrativa della<br />
<strong>Camera</strong> quasi un secolo di conquiste che gli stenografi parlamentari<br />
avevano realizzato in veste di indiscussi protagonisti della vita parlamentare<br />
e di esperti nelle regole che la prassi e la consuetudine prima<br />
e l'approvazione parlamentare dopo hanno via via introdotto: dal<br />
primo regolamento provvisorio delle Camere adottato nel 1848 dal<br />
governo Balbo, mutuato dal regolamento francese del 1839 e da quello<br />
belga, alle riforme regolamentari del 1850, del 1861, del 1863, del<br />
1868, del 1873, del 1900, del 1907, del 1910, del 1920-22 (che recepirono<br />
la riforma Bonghi del 1888-91, ancor oggi considerata il fon-
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 181<br />
damento delle discussioni parlamentari), ai regolamenti del 1948 e del<br />
1971, fino alle più recenti modifiche regolamentari. Quel colpo di<br />
spugna fu costituito dal primo concorso pubblico per revisore della<br />
storia della <strong>Camera</strong>, che annullava il secolare privilegio degli stenografi<br />
di alimentare « esclusivamente » con i più anziani ed esperti di<br />
loro il ruolo <strong>dei</strong> revisori: un fenomeno, questo, che è diffuso in tutti<br />
i parlamenti dell'Europa occidentale ed orientale, per dire soltanto<br />
delle esperienze a noi più vicine.<br />
Malgrado il duro colpo inferto al loro prestigio, gli stenografi hanno<br />
continuato e continuano a garantire con il loro lavoro il soddisfacimento<br />
dell'esigenza di pubblicità <strong>dei</strong> lavori parlamentari, costituendo<br />
un continuum con l'iniziale manipolo che si avventurò per la prima<br />
volta nell'arduo compito della stenoscrizione <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari<br />
nel Parlamento subalpino.<br />
* * *<br />
Nella realtà odierna la resocontazione stenografica parlamentare assume<br />
connotazioni ben diverse dai lontani e difficili prodromi, in quanto<br />
si svolge secondo canoni e modalità che in parte sono mutuati<br />
dall'esperienza ed in parte sono il prodotto di un continuo aggiornamento<br />
— in fatto di tecnica e di organizzazione — richiesto dalla<br />
dinamica stessa <strong>dei</strong> lavori parlamentari. La preparazione culturale e<br />
professionale degli stenografi parlamentari, l'uso di tecniche sempre<br />
più elaborate e perfezionate, l'evoluzione dell'oratoria parlamentare,<br />
il continuo divenire delle norme procedurali e regolamentari costituiscono<br />
altrettanti elementi, apparentemente eterogenei ma fondamentalmente<br />
confluenti,- dalla cui combinazione scaturisce una immagine ben<br />
precisa e nettamente delineata della resocontazione intesa in senso<br />
moderno.<br />
Essi sono, infatti, la rappresentazione emblematica <strong>dei</strong> problemi<br />
che caratterizzano l'attività di stenoscrizione <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari;<br />
ad essi si aggiunge, certamente non ultimo in ordine di importanza,<br />
l'elemento organizzativo, che agisce da trait d'union e conferisce materialità<br />
ed effettualità all'azione congiunta degli altri elementi.<br />
Da quanto detto emerge in tutta evidenza come la resocontazione<br />
stenografica <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari, lungi dallo svolgersi su un<br />
piano di routine, affidata ad elementi cioè dotati esclusivamente di<br />
tecnica stenografica, rivesta invece una caratterizzazione ed una fisionomia<br />
riconducibili ad un orizzonte speculativo ben più ampio, nel
182 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
quale il dato tecnico si fonde con l'elemento della conoscenza in una<br />
armonica composizione che parla il linguaggio universale della cultura<br />
e della professionalità.<br />
2. La puntualizzazione dello status di stenografo parlamentare, finalizzata<br />
ad un'esatta valutazione della sua funzione di essenziale supporto<br />
nell'ambito della stessa attività legislativa, costituisce un aspetto<br />
particolarmente significativo di una problematica ben più vasta che si<br />
riconnette non soltanto all'affermazione del valore certificatorio e<br />
documentale del resoconto stenografico, ma anche al riconoscimento<br />
dell'importanza che i lavori preparatori, costituiti appunto dagli atti<br />
parlamentari di cui la resocontazione scritta <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari<br />
rappresenta l'aspetto primario, rivestono ai fini ermeneutici e della<br />
ricostruzione della mens legis.<br />
È evidente, in questa ottica, che lo stenografo parlamentare deve<br />
possedere una preparazione culturale e tecnica notevole, perfettamente<br />
adeguata alla particolare natura <strong>dei</strong> compiti che gli sono affidati. Egli<br />
partecipa, infatti, pur se in maniera del tutto peculiare ed apparentemente<br />
distaccata — che tuttavia sottende un coinvolgimento diretto —<br />
sia a quel delicato momento dell'attività di produzione legislativa rappresentato<br />
dalla discussione e dalla votazione <strong>dei</strong> progetti di legge, sia<br />
alle fasi nelle quali si esplica l'esercizio di quel sindacato ispettivo<br />
che le Camere svolgono nei confronti dell'esecutivo e che condiziona<br />
la vita stessa delle democrazie parlamentari.<br />
Da questo sintetico profilo professionale si evince che lo stenografo<br />
parlamentare è inserito in un complesso meccanismo del quale costituisce<br />
uno <strong>dei</strong> pilastri fondamentali. Ma qual è la chiave di volta che<br />
consente di dimensionare a misura d'uomo una funzione che indubbiamente<br />
assume una tipologia ed una caratterizzazione particolari ?<br />
Stenografi si diventa, non si nasce. Ancora di più questo aforisma<br />
vale per lo stenografo parlamentare. Ed allora attraverso quale processo<br />
formativo si diventa stenografi parlamentari ?<br />
La <strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> deputati bandisce periodicamente concorsi per giovani<br />
borsisti, iscritti ad una facoltà universitaria, i quali vengono<br />
ammessi a corsi di specializzazione stenografica, svolti nell'ambito della<br />
Scuola di formazione professionale istituita un paio d'anni fa sulle<br />
ceneri di precedenti corsi di addestramento aventi criteri diversi ma<br />
ugualmente validi, finalizzati comunque al raggiungimento dell'identico<br />
obiettivo. Gli allievi hanno così modo non soltanto di approfondire<br />
la conoscenza della stenografia oratoria, con particolare riferimento
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 183<br />
alla stenografia parlamentare, ma anche di seguire lezioni di diritto<br />
costituzionale, di diritto e procedura parlamentare, di politica economica<br />
e di storia politica e parlamentare, e di svolgere esercitazioni<br />
tecniche di resocontazione. Si viene così formando e plasmando quel<br />
nucleo di stenografi che è destinato a svolgere una funzione certamente<br />
assimilabile per un verso a quella notarile, ma che in più si<br />
evidenzia anche per una spiccata accentuazione ed esaltazione della<br />
personalità umana, laddove lo stenografo funge da interprete autentico<br />
<strong>dei</strong> discorsi pronunziati nelle aule parlamentari.<br />
In questa scuola di eclettismo e di perfezionamento tecnico-culturale<br />
gli allievi apprendono tutti i rudimenti ed i segreti dell'ars stenografica<br />
e della tecnica di resocontazione, ed affinano la loro preparazione<br />
culturale. Sono questi gli elementi indispensabili che, insieme con<br />
spiccate doti intellettive e con la puntuale conoscenza <strong>dei</strong> problemi<br />
quotidianamente all'ordine del giorno del dibattito politico e parlamentare,<br />
contribuiscono alla formazione professionale dello stenografo<br />
parlamentare. Ad essi si aggiunge il possesso di quel quid senza il<br />
quale uno stenografo non potrebbe mai raggiungere i vertici della<br />
professionalità, un quid che non si presta ad una concreta definizione,<br />
ma che può ben identificarsi con questi attributi essenziali: colpo<br />
d'occhio, prontezza di riflessi, intuito politico.<br />
Passati attraverso il vaglio di un severo concorso pubblico successivamente<br />
all'espletamento <strong>dei</strong> corsi di specializzazione ed al superamento<br />
degli esami di idoneità finale, al quale sono ammessi soltanto<br />
i candidati muniti di diploma di laurea, gli stenografi sono inquadrati<br />
tra i funzionari del quinto livello della professionalità di stenografia.<br />
Sono per fortuna ben lontani i tempi in cui allo stenografo, per il<br />
fatto di servirsi di una « scrittura occulta », era attribuita « opera di<br />
magia, di negromanzia e di maleficio ». Allo stenografo parlamentare<br />
sono demandati oggi compiti di grande respiro, che vanno al di là<br />
della mera attività di resocontazione, che pur richiede particolari<br />
qualità tecniche e professionali per le notevoli difficoltà oggettive di<br />
riproduzione <strong>dei</strong> discorsi, specie di quelli che presuppongono una<br />
profonda specializzazione tecnica ed un'accurata preparazione giuridicocostituzionale.<br />
Se la conoscenza della stenografia, l'esperienza e la<br />
maturità professionale costituiscono per lo stenografo le armi migliori<br />
per la puntuale resocontazione di un discorso parlamentare, non vi è<br />
dubbio che l'acume interpretativo, la sensibilità politica ed una vasta<br />
cultura gli sono indispensabili per assolvere il proprio compito. Egli
184 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
è chiamato, infatti, a dimostrare di non essere soltanto un tecnico, ma<br />
di possedere anche la capacità di far rivivere persino le sensazioni<br />
che hanno accompagnato un discorso, dallo stato d'animo dell'oratore<br />
al messaggio che questi ha inteso trasmettere ed alle impressioni suscitate<br />
nell'uditorio. Non vi è nulla di automatico nel suo lavoro: si<br />
può dire anzi che l'impronta della sua personale valutazione caratterizzi<br />
il resoconto, ferma restando naturalmente la più ampia garanzia<br />
diretta ad substantiam actus?<br />
3. L'attività di resocontazione stenografica riceve una continua sperimentazione<br />
nel costante impatto con l'oratoria parlamentare. È noto<br />
che ogni società attraverso il linguaggio tende a soddisfare le proprie<br />
esigenze espressive. Anche nel linguaggio politico che le è peculiare<br />
ogni istituzione politica ravvisa uno degli strumenti indispensabili<br />
per il proprio consolidamento. I discorsi sono considerati, infatti, elementi<br />
primari ed essenziali del processo formativo della volontà di<br />
un'assemblea politica.<br />
L'evoluzione dell'oratoria parlamentare è stata in quest'ultimo decennio<br />
in perfetta sintonia con quella della lingua italiana: una lingua<br />
viva che si arricchisce continuamente di elementi, talvolta magari eterodossi,<br />
mutuati da altri idiomi, proprio per intrinseca forza di attrazione.<br />
Sotto la spinta della mutata realtà politica, storica e sociale, essa<br />
ha assimilato neologismi e forme espressive che ormai fanno parte<br />
del lessico politico in genere e di quello parlamentare in specie.<br />
Sostiene Maurizio Dardano che «accanto al neologismo semantico [...]<br />
c'è ovviamente il neologismo tout court, cioè il vocabolo nuovo di origine<br />
straniera (o greco-latina) e il vocabolo ricavato mediante suffissi<br />
e prefissi da vocaboli già esistenti nella nostra lingua (per esempio<br />
terziarizzazione, prepensionamento) ». 10 Ma l'oratoria parlamentare si<br />
è evoluta anche sotto un ben diverso profilo. La vivacità e l'asprezza<br />
della lotta politica postulano un serio approfondimento di tutti i temi<br />
dibattuti nel paese, per cui la tribuna parlamentare è diventata non<br />
soltanto il mezzo per agitare e discutere problemi di carattere interno<br />
ed internazionale, ma anche l'occasione per disquisizioni di carattere<br />
scientifico e tecnico. In questa atmosfera sostanzialmente elevata, nella<br />
quale le assemblee legislative hanno assunto una fisionomia più dinamica,<br />
l'oratoria parlamentare si caratterizza per ricchezza di vocaboli,<br />
varietà di argomentazioni, profondità di sapere.<br />
Non sempre, però, lo strumento linguistico viene adoperato in modo<br />
tale da interpretare e tradurre fedelmente le proprie realtà concet-
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 185 •<br />
tuali. Spesso si finisce con il confondere la lingua con il proprio<br />
dialetto, travasando in essa quanto promana dall'uso di espressioni<br />
dialettali, nelle quali abbondano irregolarità anche di pronunzia, oltreché<br />
sintattiche, che contraddicono al concetto della lingua intesa come<br />
strumento di comunicazione logica. Un discorso caratterizzato da accentuate<br />
inflessioni dialettali rallenta notevolmente il ritmo della stenoscrizione<br />
e può provocare anche una pericolosa impasse, in quanto lo<br />
stenografo è costretto a correre dietro mentalmente alle parole mal<br />
pronunziate, cercando in un arco di tempo valutabile in frazioni di<br />
secondo di interpretarle financo nella loro dizione letterale.<br />
Nell'uso quotidiano del linguaggio risultano evidenti espressioni stereotipate<br />
e luoghi comuni — che determinano inevitabilmente impoverimento<br />
e banalizzazione dell'uso linguistico — dovuti ai modelli<br />
<strong>dei</strong> mass-media. L'oratore sceglie le espressioni linguistiche ricercandole<br />
nei propri ricordi e nelle abitudini della vita quotidiana, consapevole<br />
della conformità del proprio stile allo spirito generale della<br />
lingua. È indubbio, però, che la padronanza della lingua non è patrimonio<br />
comune a tutti, in quanto non tutti quotidianamente la parlano<br />
come un idioma vivo e adeguato alle proprie esigenze comunicative.<br />
Alcuni si esprimono bene nella propria lingua-dialetto, ma non altrettanto<br />
bene nell'idioma nazionale. Questo provoca senza dubbio difficoltà<br />
ed imprecisioni nell'uso del lessico e nello stesso processo di<br />
costruzione delle frasi. u<br />
Nella prolusione ad un convegno sul linguaggio tenuto a Milano lo<br />
scorso anno, Valentino Bompiani ebbe ad affermare: « Noi non abbiamo<br />
più una lingua comune. Non mi riferisco ai dialetti ma ai vari<br />
tipi di gergo in uso. I tossici che inquinano il linguaggio li conosciamo:<br />
la retorica populista e la consorteria, due mali antichi che<br />
hanno raggiunto la perfezione tecnologica. La mistificazione sistematica<br />
del linguaggio è tale che, ascoltando alla radio o alla televisione<br />
un discorso o un dialogo, per capire che cosa significa dobbiamo anzitutto<br />
sapere chi è che parla e da che parte sta [...]. Quegli avverbi<br />
usati come schermi o scappatoie, quando non sia come alibi; gli aggettivi<br />
a tutto fare; le metafore fumogene, che fanno scomparire i problemi<br />
nella nebbia del "politico " [...]». n<br />
L'oratoria — com'è noto — è l'arte di ordinare, esprimere e manifestare<br />
pubblicamente il proprio pensiero e i propri stati d'animo<br />
in modo efficace e spontaneo. Non tutti, però, possono godere di<br />
questo^ privilegio, che appartiene a pochi, a chi possiede eloquenza,<br />
capacità di sintesi, doti espressive e naturalezza comunicativa: sol-
186 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
tanto questo può dare vita ad un'oratoria di facile comprensione ed<br />
esauriente sotto l'aspetto stilistico-formale. Si comprende bene allora<br />
come sovente sia necessario per lo stenografo parlamentare « intervenire<br />
» per rendere esplicito un concetto mal formulato, per correggere<br />
un'imperfezione di linguaggio, una citazione sbagliata. Anche un<br />
discorso caratterizzato da eloquenza ed erudizione può presentare, nel<br />
passaggio dalla forma orale alla forma scritta, difficoltà e problemi.<br />
Quel che a prima vista appare affascinante nell'espressione oratoria,<br />
tradotto graficamente può perdere molto del suo fascino.<br />
È tuttavia necessario dosare le tecniche con le quali si deve rendere<br />
formale ciò che è informale. È questa la tematica sviluppata nel<br />
corso di un seminario tenuto due anni fa circa alla <strong>Camera</strong> dal professor<br />
De Mauro, titolare della cattedra di filosofia del linguaggio presso<br />
l'ateneo romano, il quale affermò in quella occasione che nel rappresentare<br />
graficamente il parlato bisogna evitare di ucciderne la<br />
vivacità. Bisogna pertanto adoperare con estrema cautela il filtro della<br />
revisione nell'attività di resocontazione, evitando ogni appiattimento di<br />
espressioni ed ogni aftievolimento del carattere spontaneo ed improvvisato<br />
che contraddistingue un discorso.<br />
È noto che una delle accuse che vengono mosse alla classe politica<br />
è quella di non essere adeguatamente preparata. Non è il caso di<br />
entrare nel merito della disputa aperta nel paese tra i fautori della<br />
formazione di una classe politica àHélite da cui far dipendere, come da<br />
causa ad effetto, la funzionalità effettiva del sistema parlamentare, e<br />
coloro che invece vorrebbero affidare ai partiti politici la responsabilità<br />
di selezionare gli elementi ritenuti più idonei ad affrontare in modo<br />
adeguato i problemi che emergono nei vari momenti congiunturali che<br />
il paese attraversa. Non si può comunque disconoscere che talora<br />
l'impreparazione e l'incompetenza, unite spesso anche alle deficienze<br />
espressive e ad un particolare ermetismo congenito al linguaggio parlamentare,<br />
influenzano negativamente un discorso, che può presentare,<br />
oltre a lacune concettuali, anche disarmonie di espressione ed imperfezioni<br />
sintattiche.<br />
« Anche quei politici che hanno le idee chiare » — sostiene Gianluigi<br />
Beccaria — «parlano oscuro [...]. Tra loro si capiscono perfettamente.<br />
Non li capisce il pubblico quando essi si scambiano messaggi<br />
cifrati che il pubblico scavalcano [...]. Non posso però dimenticare<br />
che il politico (non in veste di scienziato della politica, ma di informatore<br />
delle decisioni prese per il bene di tutti) è al servizio della<br />
comunità: deve parlare per tutti ». 13 Interessante e degno di menzione,
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 187<br />
a dimostrazione di questo assunto, è quanto l'onorevole Dino Felisetti<br />
ha scritto recentemente: « [...] noi politici parliamo troppo. Talché<br />
se le chiacchiere fossero farina, forse il problema della fame nel mondo<br />
sarebbe già risolto [...]. La gente si domanda perché usiamo un linguaggio<br />
così confuso, equivoco e contraddittorio [...] »; concludendo<br />
che « il Parlamento finisce col rifugiarsi nell'ermeticità del linguaggio<br />
scientifico-rituale fatto di tentativi di nozione, di richiami, di rinvìi, di<br />
eccezioni alla regola, di riserve, di circonlocuzioni pregnanti concetti<br />
diversi con gergo da iniziati ». "<br />
Viene a questo punto spontaneo il riferimento a quanto un bello<br />
spirito inglese ebbe a dire circa trecento anni fa: « Gli <strong>dei</strong> hanno dato<br />
la parola agli uomini perché possano comunicare il loro pensiero; ed<br />
ai sapienti, perché possano nasconderlo ».<br />
Da ultimo, a corollario di quanto fin qui esposto, piace ricordare<br />
quanto ebbe ad affermare l'onorevole Siotto-Pintor, dopo aver criticato<br />
la « mancata elaborazione » <strong>dei</strong> discorsi da parte degli stenografi e sottolineato<br />
l'esigenza della trascrizione di discorsi chiari e dal contenuto<br />
logico: « Un discorso che non sia logico, se anche fornito da dovizia<br />
d'ogni forma d'estrinseca bellezza, a niente varrà, dappoiché la logica<br />
è la base d'ogni opera dell'intelletto, chiamata perciò rettamente la<br />
scienza delle scienze. D'altra parte un logico ragionamento, quando<br />
difetti, non dico della venustà, ma sì dell'ordine e della chiarezza nel<br />
dire, mai a nessuno piacerà, essendoché la parola è la veste del pensiero<br />
[...]. Se la logica è il fondamento d'ogni sapere, e se come<br />
ben disse Alessandro Weil la logica è Dio, la lingua è alla sua volta<br />
l'espressione più viva della natura <strong>dei</strong> popoli ».<br />
4. I discorsi pronunziati nelle aule parlamentari, fertile terreno di<br />
confronto (e talora anche di scontro) delle idee, sono presi in considerazione<br />
ai fini della resocontazione — intesa come sistema di decrittazione<br />
del messaggio che l'oratore trasmette all'uditorio — sotto tre<br />
diversi profili concernenti rispettivamente la forma, il contenuto e la<br />
procedura. In connessione a questo delicato aspetto, che postula il<br />
coinvolgimento diretto <strong>dei</strong> Servizi di resocontazione (Stenografia e Resoconti),<br />
due fondamentali problemi si pongono dal punto di vista<br />
della redazione del resoconto stenografico: quello della « fedeltà » e<br />
quello della « responsabilità », entrambi di notevole rilievo. Il concetto<br />
di « fedeltà » si articola a sua volta in due momenti nettamente<br />
differenziati fra loro: 1) « fedeltà » della trascrizione al dibattito ora-
188 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
torio e quindi ai discorsi pronunziati nelle aule parlamentari; 2) « fedeltà<br />
» in ordine all'aspetto procedimentale.<br />
Per quanto concerne il primo punto, è certamente difficile per i<br />
« non addetti ai lavori » rendersi conto delle complicazioni connesse<br />
alla resocontazione <strong>dei</strong> discorsi parlamentari e della gravosità e delicatezza<br />
delle funzioni demandate allo stenografo parlamentare. Questi è<br />
cbiamato, infatti, a predisporre un resoconto che, senza allontanarsi<br />
troppo dalla originaria matrice, dia la misura esatta, nella forma e nel<br />
contenuto, di ciò che l'oratore ha inteso rappresentare. È ovvio che<br />
bisogna evitare ogni pericolo di uniformità, rispettando e conservando<br />
lo stile ed il modo di esprimersi caratteristici di ciascun oratore, non<br />
indulgendo alla ricerca di una perfezione stilistica che non potrebbe<br />
alla fine che risultare velleitaria ed approssimativa, limitando ogni<br />
intervento all'eliminazione delle imperfezioni più evidenti dal punto di<br />
vista linguistico-formale. È bene, infatti, non eccedere nelle correzioni<br />
di mera forma, alle quali si può e si deve dare corso soltanto in casi<br />
estremi, senza introdurre turbative nella struttura stessa delle frasi<br />
pronunziate dall'oratore, al fine appunto. di rispettarne l'organicità,<br />
l'omogeneità e la consequenzialità. L'elaborazione deve pertanto limitarsi<br />
agli interventi indispensabili per realizzare nel modo meno traumatico<br />
il difficile passaggio dall'informale al formale.<br />
In relazione al contenuto, inteso in senso politico e sotto il profilo<br />
della sostanza, apposite circolari emanate dal Presidente della<br />
<strong>Camera</strong> 15 dispongono tassativamente che i deputati in sede di correzione<br />
del testo <strong>dei</strong> propri discorsi ed i funzionari addetti alla resocontazione<br />
non possono modificare la sostanza delle affermazioni contenute<br />
nel resoconto. Di fatto, sono ammesse soltanto le correzioni<br />
dirette a reintrodurre nel testo una parola male udita dallo stenografo<br />
ed a migliorare la forma, lasciando tuttavia inalterata la sostanza,<br />
tranne che non si tratti di riferimenti personali o di dichiarazioni particolarmente<br />
impegnative, nei quali casi non può essere mutata neanche<br />
la forma. È possibile inoltre apportare anche modifiche consistenti in<br />
aggiunte di parole al fine esclusivo dell'esplicazione del pensiero dell'oratore,<br />
purché non esorbitanti dai limiti della correttezza e della<br />
veridicità; sono altresì consentite altre aggiunte- « nel solo caso di<br />
interventi su argomenti tecnici e della citazione di dati e di statistiche,<br />
là lettura <strong>dei</strong> quali l'oratore abbia voluto risparmiare, in tutto o in<br />
parte, all'Assemblea ».<br />
In questo contesto trova giusta collocazione il riferimento ai* discorsi<br />
« letti » e a quelli « non letti » ma trasmessi ugualmente al
La stenografìa e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 189<br />
Servizio Stenografia per il loro puntuale inserimento nel resoconto<br />
stenografico. In realtà, si assiste spesso in Parlamento a tediose letture<br />
che, oltreché sminuire il valore intrinseco del testo medesimo,<br />
costituiscono fonte di difficoltà per lo stenografo. L'oratore che legge<br />
molto velocemente, per la tirannia del tempo, il testo scritto di un<br />
discorso preparato in precedenza dà spesso l'impressione di essere impegnato<br />
in un monotono soliloquio. E non v'è niente di più stancante<br />
che seguire una lettura stereotipata, dalla cadenza uniforme,<br />
senza vis oratoria. La stenografia non si addice alle letture di questa<br />
fatta, ma serve per riprendere dal vivo i discorsi, ossia è fatta prevalentemente<br />
per l'oratoria. È logico pertanto che si registrino nello<br />
stenografo reazioni quasi di rigetto.<br />
Purtroppo anche nel Subalpino e nel Parlamento del regno questa<br />
consuetudine era piuttosto radicata; anzi, esisteva addirittura la cosiddetta<br />
« lettura per incarico » o « su commissione ». Così, ad esempio,<br />
« i senatori De Cardenas, Cambray-Digny, Cadorna e Siotto-Pintor rispettivamente<br />
nelle sedute del 5 aprile 1850, del 9 dicembre 1864,<br />
del 16 ottobre 1869 e del 23 gennaio 1873 lessero discorsi <strong>dei</strong> senatori<br />
Di Saluzzo, Massimo d'Azeglio, Paleocapa e Musio »; alla <strong>Camera</strong>,<br />
invece, il 30 ottobre 1848 il deputato Valerio « lesse un discorso<br />
del deputato Fois ». 16 Piuttosto frequenti furono anche i casi<br />
di discorsi non letti, ma ugualmente stampati con il consenso parlamentare.<br />
« Così, in appendice ai resoconti del <strong>Senato</strong> del 26 febbraio<br />
e 20 ottobre 1849 si trovano due discorsi del senatore De Fornari<br />
ed in quelli del 29 luglio 1879 e 6 marzo 1883 gli elogi funebri di<br />
vari senatori che non furono profferiti dinanzi al <strong>Senato</strong>. Nella <strong>Camera</strong><br />
il primo esempio del genere venne dal deputato Braggio, il quale nella<br />
tornata del 21 ottobre 1848, dichiarò risolutamente: " Stanteché l'ora<br />
è tarda e la <strong>Camera</strong> impaziente, rimetterò il mio discorso nella Segreteria<br />
"; ed il suo discorso venne infatti pubblicato. Lo stesso fecero<br />
nel 23 gennaio 1851 il deputato Louaraz, nel 31 maggio 1860 il<br />
deputato Agudio e nel 1° luglio 1861 il deputato Pasini. Anzi l'abuso<br />
fu spinto al segno che nel rendiconto del 22 aprile 1857 fu stampato<br />
un discorso che il deputato Louaraz, assente, aveva pregato un suo<br />
collega di leggere. La <strong>Camera</strong> per altro, in un caso somigliante (22<br />
luglio 1862), ha ricusato che si inserissero nel resoconto alcune considerazioni<br />
del deputato Corleo, intorno ad un suo disegno di legge,<br />
spedite dalla Sicilia ». "<br />
È evidente che nei casi considerati gli stenografi svolgono essenzialmente<br />
una funzione di mera riproduzione meccanica del testo, che
190 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
tuttavia non è loro congeniale, essendo portati per loro natura e per<br />
abito mentale più ad un lavoro di interpretazione che non di semplice<br />
trascrizione. I discorsi in questione vengono infatti travasati nel resoconto,<br />
sia pure dopo gli aggiustamenti che il rispetto delle regole<br />
grafiche e della cosiddetta « fisionomia » comporta.<br />
Si può pertanto concludere, sotto l'aspetto della « fedeltà » <strong>dei</strong><br />
resoconti stenografici, nella forma e nel contenuto, ai discorsi parlamentari,<br />
che la natura stessa dell'impegno richiesto allo stenografo<br />
postula interventi correttivi e migliorativi in senso formale, che tuttavia<br />
non alterino la sostanza delle cose dette, <strong>dei</strong> giudizi politici<br />
espressi, delle affermazioni di principio fatte, nell'ansia di perfezionare<br />
quel che è perfettibile nei resoconti, che devono tramandare la storia,<br />
l'aneddotica, la vita insomma delle istituzioni parlamentari, oltre alla<br />
dettagliata descrizione e resocontazione <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari.<br />
In ordine all'aspetto procedurale, che incontra un puntuale riferimento<br />
nell'esatta applicazione delle norme regolamentari, si osserva che i<br />
resoconti stenografici — i quali costituiscono la certificazione storica<br />
e documentale dello svolgimento delle sedute dell'Assemblea plenaria<br />
e delle Commissioni permanenti, la cui esigenza di pubblicità trova<br />
un preciso riscontro costituzionale e regolamentare — rappresentano il<br />
principale strumento di raccordo tra l'attività parlamentare ed il diritto<br />
di informazione del cittadino. Essi sono considerati, inoltre, anche<br />
come indispensabile ausilio per l'attività del mondo politico, economico<br />
e sociale, nonché come necessario strumento ermeneutico della legge<br />
per chi è chiamato ad applicarla.<br />
L'ordinato svolgimento <strong>dei</strong> lavori parlamentari esige la più scrupolosa<br />
osservanza delle norme regolamentari. È chiaro che i resoconti<br />
devono certificare che la seduta si è svolta nel rispetto della lettera e<br />
dello spirito <strong>dei</strong> regolamenti. È in questo contesto che trova la sua<br />
giustificazione l'estrema attenzione che lo stenografo parlamentare deve<br />
porre nella sottolineatura dell'aspetto procedurale, del quale deve essere<br />
appunto fornita testimonianza nel resoconto stenografico, che deve<br />
« fotografare » tutte le fasi che hanno contraddistinto lo svolgimento<br />
di una seduta. L'importanza che può rivestire il rispetto o meno delle<br />
norme regolamentari nell'approvazione di una legge, per i notevoli<br />
riflessi giuridico-costituzionali che vi sono connessi (come, ad esempio,<br />
l'alea di un rinvio alle Camere da parte del Capo dello Stato con<br />
messaggio motivato per un riesame, ex articolo 74 della Costituzione),<br />
giustifica pienamente il particolare interesse che circonda la fase dell'elaborazione<br />
del resoconto da parte dello stenografo.
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 191<br />
Bisogna poi considerare che una seduta parlamentare non è costituita<br />
soltanto dai discorsi: di essa fanno parte anche la lettura e<br />
l'approvazione del processo verbale, le comunicazioni del Presidente<br />
dirette ad informare l'Assemblea di determinati atti o fatti, le eventuali<br />
questioni incidentali, le votazioni effettuate, la proclamazione <strong>dei</strong><br />
risultati, e via di seguito. Questi avvenimenti devono essere esattamente<br />
riprodotti nel resoconto, perché anche di essi è « fatta » la<br />
seduta parlamentare.<br />
£ quindi legittimo concludere che la resocontazione parlamentare<br />
non coinvolge soltanto problemi di natura prettamente linguistica, legati<br />
cioè esclusivamente all'aspetto stilistico-formale <strong>dei</strong> discorsi, che pur<br />
ha un'importanza notevole in quanto connesso a questioni interpretative<br />
dalle quali non è possibile prescindere nel passaggio dal linguaggio<br />
parlato al linguaggio scritto: risulta evidente, infatti, l'intima connessione<br />
che accomuna ai problemi sintattici, lessicali, linguistici e di<br />
contenuto, anche quelli che scaturiscono dall'andamento procedurale<br />
delle sedute parlamentari, ai quali deve essere prestata la massima<br />
attenzione.<br />
5. I regolamenti parlamentari non precisano su chi ricada la responsabilità<br />
— intesa nel senso di garanzia politica — <strong>dei</strong> resoconti<br />
parlamentari, per cui occorre procedere con estrema cautela su questo<br />
terreno. Dal potere-dovere di vigilanza e di controllo sulla fedeltà <strong>dei</strong><br />
resoconti e sul rispetto <strong>dei</strong> termini prescritti per la loro pubblicazione<br />
affidato ai Segretari di Presidenza dai regolamenti della <strong>Camera</strong> e del<br />
<strong>Senato</strong> scaturisce un concetto di responsabilità che ha una sua precisa<br />
connotazione, pur se la normativa nella fattispecie è carente. Posto<br />
che la responsabilità si riconnette ad un'obbligazione che si concretizza<br />
in un facere, ossia in un'attività di vigilanza, bisogna concludere<br />
che il non facere configura il concetto di culpa in vigilando,<br />
sotto la specie della negligenza nell'assolvere un preciso dovere.<br />
I parlamentari Segretari di Presidenza <strong>dei</strong> due rami del Parlamento<br />
assumono, in virtù delle funzioni che sono chiamati ad esplicare, una<br />
qualificazione ben determinata, che coinvolge la loro responsabilità<br />
per tutta una serie di atti particolari da loro compiuti direttamente o<br />
ai quali sovrintendono. Essi, infatti, oltreché vigilare sulla fedeltà <strong>dei</strong><br />
resoconti, danno lettura del processo verbale (alla cui redazione sovrintendono),<br />
delle proposte e <strong>dei</strong> documenti, tengono nota <strong>dei</strong> parlamentari<br />
che hanno chiesto la parola e delle deliberazioni adottate, verificano<br />
il testo <strong>dei</strong> progetti di legge e di tutte le deliberazioni dell'As-
192 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
semblea, apponendovi la loro .firma, registrano ed accertano il risultato<br />
delle votazioni. È evidente, pertanto, che la medesima responsabilità<br />
che su di essi incombe in ordine a questa loro complessa attività si<br />
configura anche in riferimento al loro potere-dovere di vigilanza sulla<br />
fedeltà <strong>dei</strong> resoconti stenografici e sulla rispondenza di questi alle<br />
disposizioni presidenziali.<br />
Si discute sull'ipotesi di un eventuale coinvolgimento nella responsabilità<br />
di carattere politico anche dell'intero Ufficio di Presidenza e<br />
comunque del Presidente, in ossequio al principio dell'identità soggettiva<br />
tra ufficio e singoli componenti del medesimo. La responsabilità<br />
politica del Presidente, pur non esistendo nel caso di specie<br />
tra l'Ufficio di Presidenza ed i suoi membri quel rapporto di subordinazione<br />
e di dipendenza che si riscontra, ad esempio, fra lo Stato e<br />
i suoi dipendenti, alla cui fattispecie si applica la norma dell'articolo 28<br />
della Costituzione, sembra trovare una sua logica e concreta definizione<br />
nella disposizione dell'articolo 8 del regolamento della <strong>Camera</strong> (che<br />
conferisce al Presidente il compito di sovrintendere alle funzioni attribuite<br />
ai Segretari) e dell'articolo 8 del regolamento del <strong>Senato</strong> di<br />
identico contenuto. È lecito quindi ritenere che, a parte il caso in cui<br />
i Segretari, accertata un'irregolarità formale o sostanziale nei resoconti<br />
stenografici che possa configurare l'ipotesi di « non fedeltà » degli<br />
stessi, sollecitino il suo autorevole intervento, il Presidente possa e<br />
debba intervenire direttamente ex officio anche quando accerti personalmente<br />
tale irregolarità, il che delinea chiaramente una sua responsabilità<br />
di carattere politico in ordine alla vigilanza sulla fedeltà <strong>dei</strong><br />
resoconti.<br />
Un secondo aspetto inerente al concetto di responsabilità, non più<br />
intesa sotto la specie di garanzia politica, bensì nei suoi riflessi giudiziari,<br />
è stato affrontato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza<br />
n. 134 del 1969. Com'è noto, dopo la «storica» sentenza n. 9 del<br />
1959 con la quale, in tema di sindacato sulla legittimità delle leggi,<br />
rivendicò a sé un diritto di controllo sull'osservanza delle norme costituzionali<br />
direttamente connesse al procedimento legislativo parlamentare,<br />
la Corte nel 1969 con la sentenza richiamata ha negato agli<br />
interna corporis acta, ossia agli atti parlamentari, ivi compresi quindi<br />
anche i resoconti stenografici, valore ufficiale e legale ed ogni efficacia<br />
probatoria privilegiata, che altrimenti avrebbe svuotato di contenuto<br />
lo stesso sindacato di costituzionalità ad essa demandato, trasferendone<br />
la funzione garantista « all'organo attestante una " verità legale " incontrovertibile<br />
».
La stenografìa e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 193<br />
La mancanza di valore di certificazione ufficiale e legale (una tesi,<br />
questa, che non è condivisa però da tutta la dottrina) vanifica ogni<br />
previsione di carattere giudiziale per i resoconti stenografici. Pertanto,<br />
l'improponibilità in assoluto di una loro efficacia probatoria in giudizio,<br />
se non accompagnata in via subordinata da un'attestazione confirmatoria<br />
sotto giuramento da parte <strong>dei</strong> redattori degli atti medesimi,<br />
ossia degli stenografi, finisce con il limitare il concetto stesso di responsabilità<br />
nella fattispecie al mero aspetto politico garantista, con esclusione<br />
di qualsiasi diversa configurazione e motivazione giuridica.<br />
6. Molto interessante si presenta un'analisi comparata dell'organizzazione,<br />
del funzionamento, della struttura e <strong>dei</strong> tempi di lavoro concernenti<br />
la resocontazione stenografica nei parlamenti di vari paesi,<br />
soprattutto al fine di trarre motivi di riflessione dalle altrui esperienze.<br />
I paesi presi a campione sono 24 ed esattamente: Argentina, Australia,<br />
Belgio, Germania Federale, Finlandia, Francia, Spagna, Ghana, Grecia,<br />
Regno Unito, Irlanda, Canada, Kenya, Corea del Sud, Olanda, Nigeria,<br />
Norvegia, Austria, Pakistan, Svezia, Svizzera, Sudafrica, Stati Uniti<br />
d'America ed Italia. 18<br />
Un primo dato balza evidente esaminando la composizione <strong>dei</strong> vari<br />
servizi stenografici parlamentari: la consistenza media degli organici<br />
è di circa 25 unità, anche se il calcolo è molto approssimativo .in<br />
quanto oscilla da un minimo di « 1 » che si riscontra presso il<br />
Deutscher Bundesrat (dove esiste un solo dipendente di ruolo, il capostenografo:<br />
stenografi, revisori, dattilografe e personale d'ordine lavorano<br />
a tempo parziale e sono chiamati soltanto in occasione dello<br />
svolgimento delle sedute) ad un massimo di « 110 » registrato nel<br />
gabinetto stenografico dell'unica <strong>Camera</strong> della Corea del Sud.<br />
Nei paesi dove si parlano più lingue, come Belgio, Finlandia, Canada,<br />
Pakistan e Svizzera, sono presenti équipes di stenografi parlamentari<br />
per ogni lingua. Una singolare esperienza si registra nel<br />
Regno Unito, dove esiste un servizio di registrazione su magnetofono<br />
connesso aìVOfficial Report, che riguarda le Standing Committees, con<br />
un organico di 28 reporters, il cui lavoro viene rivisto dagli stenografi<br />
anziani.<br />
Ecco comunque in dettaglio la ' composizione e la struttura <strong>dei</strong> vari<br />
servizi stenografici <strong>dei</strong> 24 parlamenti in questione: Argentina: 39 unità:<br />
1 direttore, 1 vicepresidente, 3 revisori, 14 stenografi seniores,<br />
7 stenografi juniores, 13 aspiranti stenografi; 2 impiegati amministrativi;<br />
Australia: 42 unità: 1 direttore, 3 revisori anziani, 9 revisori,
194 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
23 stenografi, 6 aspiranti stenografi; 12 dattilografe; Belgio (<strong>Senato</strong>):<br />
27 unità: 1 direttore, 1 direttore aggiunto (lingua francese), 1 direttore<br />
aggiunto (lingua olandese), 3 revisori (francese), 3 revisori (olandese),<br />
9 stenografi (francese), 9 stenografi (olandese); 1 segretaria,<br />
15 dattilografe; Germania Federale [Bundestag): 23 unità: 1 direttore,<br />
1 direttore aggiunto (revisore), 5 revisori, 12 stenografi, 4 aspiranti<br />
stenografi; 2 segretarie, 17 dattilografe, 1 usciere; (Bundesrat):<br />
1 capostenografo (le sedute plenarie sono stenografate da elementi<br />
esterni); Finlandia: 7 unità: 1 direttore, 1 direttore aggiunto, 4 stenografi<br />
(finlandese), 1 stenografo (svedese); 6 dattilografe (finlandese),<br />
1 dattilografa (svedese), 1 usciere; Francia (Assemblea nazionale): 33<br />
unità: 1 direttore, 2 direttori aggiunti, 10 revisori, 20 stenografi; 4<br />
dattilografe, 4 impiegate; (<strong>Senato</strong>): 23 unità: 1 direttore, 1 direttore<br />
aggiunto, 7 revisori, 14 stenografi; 1 segretaria, 9 dattilografe, 2 impiegate;<br />
Spagna (Cortes): 30 unità: 1 direttore, 1 vicedirettore (<strong>Senato</strong>),<br />
12 revisori, 16 stenografi; Ghana: 13 unità: 1 direttore, 1 vicedirettore,<br />
11 reporters; Grecia: 21 unità: 1 direttore, 21 stenografi;<br />
12 dattilografe, 3 impiegate, 1 usciere; Regno Unito (<strong>Camera</strong><br />
<strong>dei</strong> Comuni): 36 unità: 1 direttore, 1 vicedirettore, 1 assistente principale,<br />
2 assistenti anziani, 1 assistente del direttore, 2 vice assistenti<br />
del direttore, 10 senior reporters, 14 officiai reporters, 4 aspiranti<br />
reporters; 7 impiegati di segreteria, 12 dattilografe, 1 usciere; (<strong>Camera</strong><br />
<strong>dei</strong> Lords): 9 unità: 1 direttore, 1 vicedirettore, 2 assistenti del direttore,<br />
4 stenografi, 1 supervisore della stampa; 6 dattilografe, 3 impiegati<br />
amministrativi; Irlanda: 19 unità: 1 direttore, 2 assistenti, 16<br />
stenografi; Canada: 16 unità: 1 direttore, 1 vicedirettore, 1 assistente<br />
del direttore, 9 reporters (inglese), 4 reporters (francese); 7 dattilografe,<br />
1 usciere; Kenya: 17 unità: 1 direttore, 1 vicedirettore, 1 assistente<br />
del direttore, 2 tecnici, 7 reporters, 5 aspiranti reporters; 4 tecnici,<br />
2 segretarie, 2 uscieri; Corea del Sud: 110 unità: 1 direttore, 1<br />
vicedirettore, 108 reporters; Olanda: 37 unità: 1 direttore, 1 direttore<br />
aggiunto, 2 coordinatori stenografi, 23 stenografi, 10 stenografi<br />
aspiranti; 3 impiegati (è previstò anche l'impiego degli allievi della<br />
scuola di stenografia parlamentare); Nigeria: 36 unità: 1 direttore,<br />
2 vicedirettori, 3 assistenti del direttore, 6 revisori, 24 reporters;<br />
Norvegia: 27 unità: 1 direttore, 4 revisori, 22 stenografi; Austria:<br />
16 unità: 1 direttore, 1 direttore aggiunto, 14 stenografi (7 <strong>dei</strong> quali<br />
lavorano anche per il servizio stampa parlamentare); 1 dattilografa,<br />
2 impiegate; Pakistan (Assemblea): 16 unità: 1 direttore, 7 reporters<br />
(inglese), 8 reporters (urdù); (<strong>Senato</strong>): 12 unità: 1 direttore, 5 repor-
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 195<br />
ters (inglese), 6 reporters (urdù); Svezia: 25 unità: 1 direttore, 4 stenografi-revisori,<br />
16 stenografi, 4 stenografi aspiranti; 3 assistenti, 2<br />
impiegati, 1 usciere; Svizzera: 13 unità: 1 direttore, 4 stenografi (tedesco),<br />
3 redattori (tedesco), 1 stenografo (francese), 4 redattori (francese);<br />
6 dattilografe (tedesco), 4 dattilografe (francese), 2 impiegate;<br />
Sudafrica: 10 unità: 1 direttore, 1 assistente del direttore, 8 reporters;<br />
Stati Uniti d'America (<strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> Rappresentanti): 8 unità: 1 direttore,<br />
7 stenografi; 8 trascrittori per la stenografia meccanica, 4 impiegate;<br />
(<strong>Senato</strong>): 8 unità: 1 direttore, 7 stenografi; 6 trascrittori per la stenografia<br />
meccanica, 3 impiegate; Italia (<strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> <strong>Deputati</strong>): 34<br />
unità (organico 48): 1 capo servizio, 3 vicari, 30 stenografi; 2 correttori<br />
di bozze, 28 dattilografe, 8 uscieri; (<strong>Senato</strong>): 54 unità: 1 direttore<br />
del Servizio resoconti, 1 vicedirettore capo dell'Ufficio stenografia,<br />
28 stenografi, 24 revisori-stenografi; 8 dattilografe, 6-10 impiegate<br />
rouleures.<br />
Il resoconto stenografico integrale viene redatto, in tutti i parlamenti<br />
considerati, per le sedute pubbliche dell'assemblea plenaria ed<br />
in alcuni anche per le riunioni di altri organi, come appresso indicato:<br />
Argentina: assemblea plenaria in seduta segreta quando sia<br />
espressamente richiesto; Australia: Commissioni parlamentari e conferenze<br />
ministeriali; Belgio (<strong>Senato</strong>): Commissioni parlamentari; Germania<br />
Federale (Bundestag): Commissioni d'inchiesta e di indagine<br />
ed alcune Commissioni parlamentari; (Bundesrat): Commissione di<br />
conciliazione ed alcune Commissioni parlamentari; Francia (Assemblea<br />
nazionale): Commissioni parlamentari; (<strong>Senato</strong>): sedute di<br />
Commissione a cui assiste un membro del Governo o un personaggio<br />
che non sia membro del <strong>Senato</strong>; Spagna: le sedute di Commissione<br />
di particolare importanza; Grecia: Commissioni parlamentari; Regno<br />
Unito (<strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> Comuni): Standing Committees; (<strong>Camera</strong> <strong>dei</strong><br />
Lords): le sedute di Commissione svolte nell'assemblea plenaria; Irlanda:<br />
le Commissioni di particolare importanza, quando sia espressamente<br />
richiesto; Canada: nessun altro organo parlamentare; Kenya:<br />
Public Accounts Committee ed alcune Commissioni parlamentari; Corea<br />
del Sud: Commissioni parlamentari; Olanda: sedute speciali delle<br />
Commissioni della Seconda <strong>Camera</strong>; Nigeria: Commissioni parlamentari;<br />
Pakistan: Commissioni parlamentari, conferenze organizzate dal<br />
Governo o da agenzie internazionali e talvolta anche udienze di tribunale;<br />
Svezia: Commissioni parlamentari in casi particolari; Stati<br />
Uniti d'America: nessun altro organo parlamentare; le sedute delle<br />
Commissioni del Congresso sono resocontate da stenografi esterni;
196 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
Italia (<strong>Camera</strong>): Commissioni permanenti e bicamerali ed Organi collegiali;<br />
(<strong>Senato</strong>): Commissioni permanenti e qualche Commissione bicamerale.<br />
Nella trascrizione <strong>dei</strong> discorsi si seguono in genere regole in parte<br />
scritte ed in parte suggerite dall'esperienza e dalla professionalità degli<br />
stenografi. I discorsi in pratica devono essere graficamente accettabili:<br />
è un principio, questo, valido un po' dovunque, che non soltanto<br />
serve a qualificare meglio la funzione del redattore stenografo, ma<br />
torna anche a vantaggio dell'oratore, il quale non corre così i rischi<br />
connessi all'improvvisazione <strong>dei</strong> discorsi. In generale, la misura di<br />
questo intervento a posteriori varia a seconda del tipo di seduta:<br />
ad esempio, nelle sedute del plenum le correzioni sono meno frequenti<br />
rispetto alle sedute delle Commissioni. La solennità dell'aula parlamentare,<br />
il tipo di dibattiti che vi si svolgono, l'ufficialità più formale<br />
delle sedute stesse esigono una certa discrezione nell'intervenire<br />
per apportare modificazioni ai testi resocontati <strong>dei</strong> discorsi. In sede di<br />
Commissione, invece, dove l'informale può costituire quasi la regola,<br />
almeno per ciò che concerne il dibattito, è possibile un intervento<br />
più massiccio e penetrante, fatta eccezione per le Commissioni d'inchiesta,<br />
per le quali è non soltanto opportuno, ma anche necessario<br />
redigere un resoconto letterale, essendo in gioco la credibilità stessa<br />
della persona interrogata. Il tipo di intervento è inoltre commisurato<br />
anche alla qualità <strong>dei</strong> discorsi che vengono resocontati. È ovvio,<br />
infatti, che anche discorsi pronunziati nell'assemblea plenaria possono<br />
richiedere modifiche anche consistenti se difettano notevolmente in<br />
chiarezza ed intelligibilità.<br />
Nella maggior parte <strong>dei</strong> parlamenti considerati esiste soltanto un<br />
resoconto definitivo, in altri anche un'edizione provvisoria. Di norma,<br />
copie non corrette del testo dattiloscritto <strong>dei</strong> discorsi vengono distribuite<br />
alle persone comunque interessate, naturalmente se gli oratori<br />
in questione sono d'accordo. Ad esempio, in Olanda il testo<br />
dattiloscritto del resoconto viene trasmesso ai membri del Parlamento,<br />
alla stampa e ad ogni altra persona interessata, addirittura prima<br />
della correzione da parte degli oratori. Nella Germania Federale, invece,<br />
il resoconto può essere dato soltanto al presidente se l'oratore<br />
non lo ha ancora corretto. In Nigeria ed in Svezia esiste un resoconto<br />
provvisorio al quale vengono apportate successivamente correzioni<br />
supplementari, che così lo rendono definitivo. In Svezia, inoltre,<br />
esiste anche un sedicente « resoconto rapido », pubblicato il giorno<br />
dopo la seduta. Nella Germania Federale il giorno successivo alla
La stenografìa e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 197<br />
seduta viene messa in circolazione una specie di « prova di resoconto<br />
» non corretta: si tratta di un, testo che serve per chi debba<br />
approfondire qualcosa e non può aspettare l'edizione definitiva. In<br />
Finlandia, infine, il testo dattiloscritto costituisce di per sé « resoconto<br />
provvisorio », fino a quando non viene pubblicato il resoconto<br />
definitivo.<br />
In alcuni parlamenti esiste anche un resoconto sommario, oltre a<br />
quello stenografico. Nella Germania Federale viene redatto un resoconto<br />
sommario di alcune sedute delle Commissioni, in particolare<br />
per la Commissione giuridica; in Svizzera per le sedute delle Commissioni<br />
può essere richiesto un ,; resoconto sommario; in Austria,<br />
infine, resoconti sommari sono redatti per le sedute delle Commissioni<br />
ed in particolare per le Commissioni d'inchiesta, su autorizzazione<br />
del presidente. Anche in Francia esiste un resoconto sommario<br />
per le sedute dell'Assemblea e del <strong>Senato</strong> redatto da resocontisti<br />
non stenografi. È la riproduzione esatta di quanto avviene in Italia,<br />
dove appunto il resoconto sommario delle sedute delle due Camere<br />
viene redatto da funzionari <strong>dei</strong> rispettivi Servizi Resoconti.<br />
Oltre ad occuparsi della resocontazione <strong>dei</strong> dibattiti parlamentari,<br />
gli stenografi di alcuni parlamenti sono impiegati anche in altre attività.<br />
A parte le scuole di formazione professionale che già esistono<br />
in Francia, Olanda, Svezia, Regno Unito e Italia, dove gli stenografi<br />
più anziani ed esperti preparano le nuove leve stenografiche ai compiti<br />
di resocontazione, vi sono anche altri settori nei quali gli stenografi<br />
prestano la loro opera. In Canada, ad esempio, il servizio stenografico<br />
lavora saltuariamente anche presso la Commonwealth Parliamentary<br />
Association che si riunisce ad Ottawa. Anche in occasione<br />
di visite ufficiali la stenoscrizione <strong>dei</strong> discorsi è affidata agli stenografi<br />
parlamentari. Nella Germania Federale, in Francia, nel Regno Unito,<br />
in Italia ed in Austria gli stenografi parlamentari sono impiegati anche<br />
nella resocontazione <strong>dei</strong> lavori del Consiglio d'Europa a Strasburgo e<br />
dell'Unione dell'Europa Occidentale a Parigi. In Svezia gli stenografi,<br />
quando sono liberi dal servizio parlamentare, sono a disposizione di<br />
altri servizi, come la Banca di Svezia {Ketch sbank), che fa parte<br />
dell'amministrazione del Parlamento, ed il servizio informazioni parlamentari.<br />
Nel Regno Unito alcuni assistenti del direttore del servizio<br />
si occupano anche delle risposte scritte alle interrogazioni; nella<br />
Corea del Sud gli stenografi sono addetti alla compilazione di statistiche<br />
parlamentari; in Olanda il servizio stenografico provvede anche<br />
alla redazione del processo verbale ufficiale delle sedute, che viene
198 . Problemi costituzionali e parlamentari<br />
pubblicato in appendice al resoconto stenografico. In Austria gli stenografi<br />
curano anche un servizio di stampa parlamentare attraverso<br />
una pubblicazione dal titolo: Parlamentskorrespondenz, che costituisce<br />
in un certo senso un momento di unione tra l'attività delle due<br />
Camere e quella delle Commissioni, da una parte, e le esigenze della<br />
stampa e dell'informazione, dall'altra. Inoltre, si occupano anche della<br />
resocontazione delle discussioni presso la Corte <strong>dei</strong> conti. Ai lettori<br />
di Parlamentskorrespondenz viene distribuito anche il testo delle interpellanze<br />
e delle interrogazioni, delle risposte scritte e delle proposte<br />
di legge presentate, nonché un resoconto sommario <strong>dei</strong> lavori<br />
parlamentari, notizie sulle visite di delegazioni internazionali e via<br />
di seguito, il tutto redatto sempre a cura del servizio stenografico<br />
austriaco. In Svizzera gli stenografi sono chiamati talvolta a sostituire<br />
i colleghi segretari di Commissione. Negli USA, infine, il servizio<br />
stenografico {Officiai Reporters of Debates) della <strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> Rappresentanti<br />
deve curare anche la redazione del resoconto delle sedute<br />
comuni <strong>dei</strong> due rami del Congresso e delle sessioni più importanti<br />
<strong>dei</strong> partiti; quello del <strong>Senato</strong> si occupa invece anche <strong>dei</strong> discorsi<br />
ufficiali del Presidente.<br />
Per quanto riguarda la stampa del resoconto stenografico, i tempi<br />
di pubblicazione sono ali'incirca i seguenti: Australia, il giorno dopo;<br />
Belgio (<strong>Senato</strong>), 15 giorni; Germania Federale (Bundestag), il giorno<br />
dopo; (Bundesrat), 4 giorni; Finlandia, 2-3 mesi; Francia (Assemblea<br />
nazionale), da 6 a 24 ore dopo la seduta; (<strong>Senato</strong>), lo stesso giorno,<br />
se la seduta è stata breve, altrimenti il giorno dopo; Regno Unito,<br />
18 ore circa; Irlanda, 3 giorni; Canada, il giorno dopo (ediz. provv.),<br />
6 mesi (ediz. defin.); Kenya, da 3 giorni a 6 mesi; Olanda, ogni<br />
mercoledì è pubblicato un compendio di tre sedute circa nella Seconda<br />
<strong>Camera</strong>, mentre al <strong>Senato</strong> il resoconto esce a metà settimana;<br />
Norvegia, da 1 a 3 settimane; Svezia, il giorno dopo; Svizzera, da<br />
6 a 8 settimane; Sudafrica, ogni settimana; USA, il giorno dopo per<br />
tutte due le Camere; Italia (<strong>Camera</strong>), il giorno dopo; (<strong>Senato</strong>), alcuni<br />
giorni dopo.<br />
Un dato molto interessante riguarda la frequenza e la durata<br />
media delle sedute parlamentari, da cui si può commisurare anche la<br />
consistenza e l'adeguatezza degli organici: Argentina, 62 sedute Tanno<br />
alla <strong>Camera</strong>, 52 al <strong>Senato</strong>, da 2 a 4 ore in media, per circa 264<br />
ore l'anno alla <strong>Camera</strong> e 185 al <strong>Senato</strong> (rispettivamente il 32 ed<br />
il 65 per cento delle sedute si svolgono di sera o di notte); Australia,<br />
66 alla <strong>Camera</strong> e 70 al <strong>Senato</strong>, per 11 ore in media ed un
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 199<br />
totale rispettivamente di 726 e 770 ore (sedute serali o notturne<br />
ogni giorno); Belgio (<strong>Senato</strong>), 96 sedute di 4 ore in media, per 400<br />
ore l'anno (il 25 per cento delle sedute di sera o notturne); Germania<br />
Federale (Bundestag), 68 sedute di 7 ore in media, per 480<br />
ore (il 30 per cento di sera o di notte); (Bundesrat), 13 sedute,<br />
solo di venerdì, di circa 3 ore l'una, per 40 ore (mai di sera o di<br />
notte); Finlandia, 119 sedute l'anno di 2-3 ore per 370 ore (il 30<br />
per cento di sera, 10-13 sedute fino a mezzanotte); Francia (Assemblea<br />
nazionale), 211 sedute l'anno di circa 4 ore per 850 ore,<br />
molto spesso di sera; (<strong>Senato</strong>), 120 sedute di 3-4 ore per 490 ore<br />
(un terzo delle sedute di sera); Spagna (<strong>Camera</strong>), 110 sedute di 5-6<br />
ore per 650 ore; (<strong>Senato</strong>), 85 sedute di circa 5 ore per 425 ore;<br />
Grecia, 150 sedute di circa 6 ore per 900 ore, spesso di sera o di<br />
notte; Regno Unito (<strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> Comuni), 190 sedute di circa 7-8<br />
ore per 1.500 ore; (<strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> Lords), 150 sedute di 6-7 ore per<br />
980 ore (spesso fino alla sera, ma raramente fino a mezzanotte); Irlanda<br />
(Dàil), 85 sedute di circa 8 ore per 680 ore; (Seanad), 40 sedute<br />
di 7 ore circa per 280 ore; Canada, 160 sedute di 6 ore in media<br />
per un totale di circa 940 ore (ogni settimana tre sedute fino alle<br />
22,30); Kenya, 89 sedute di 4 ore per 360 ore l'anno; Corea del<br />
Sud, 18 sedute l'anno di 3 ore circa, per 54 ore; Olanda (Seconda<br />
<strong>Camera</strong>), 106 sedute di 10-13 ore per un totale di 1.050 ore; (<strong>Senato</strong>),<br />
34 sedute di 5-6 ore, per 190 ore; Norvegia, 166 sedute di<br />
3 ore per circa 500 ore; Austria (Nationalrat), 40 sedute di 2-3<br />
ore, per 120 ore; (Bundesrat), 10 sedute di 7 ore per circa 70 ore<br />
(fino alle 21 o 22 e qualche volta anche dopo la mezzanotte);<br />
Svezia, 170 sedute di 3-4 ore, per circa 600 ore (qualche volta il<br />
mercoledì di sera o di notte); Svizzera, 110 sedute di 3-4 ore, per<br />
circa 400 ore (mai di sera o di notte); Sudafrica, 85 sedute di 5-6<br />
ore per circa 450 ore (mai di sera o di notte); USA (<strong>Camera</strong> <strong>dei</strong><br />
Rappresentanti), 160 sedute l'anno di 5-6 ore per circa 900 ore<br />
(anche di sera); Italia (<strong>Camera</strong>), 180-200 sedute l'anno di circa 4-5<br />
ore, per un totale di 1.000 ore (con sedute anche notturne); (<strong>Senato</strong>),<br />
100-150 sedute l'anno di 4-5 ore, per un totale di 750 ore<br />
(anche di notte).<br />
Da questa rapida panoramica sulla situazione <strong>dei</strong> vari servizi stenografici<br />
di numerosi parlamenti si può ricavare un'impressione generale<br />
che si richiama all'enorme mole di lavoro che gli stenografi<br />
svolgono dovunque per soddisfare l'esigenza di pubblicità <strong>dei</strong> lavori<br />
parlamentari. È un'attività della quale forse pochi si rendono conto,
200 Problemi costituzionali e parlamentari<br />
in quanto si svolge prevalentemente nell'interno degli uffici (ad eccezione<br />
della fugace apparizione in aula), nei quali l'andirivieni frenetico<br />
del personale, la cadenza ritmica delle macchine da scrivere e<br />
delle fotocopiatrici, la dettatura con diversi accenti e tonalità <strong>dei</strong><br />
brani da trascrivere, trasferiscono l'eco e l'immagine delle redazioni<br />
di giornali. Ed infatti il resoconto deve essere considerato come il<br />
« giornale del Parlamento », nel quale sono riprodotti non soltanto<br />
i discorsi, che pur rappresentano il sentire (non sempre, purtroppo,<br />
un idem sentire !) delle forze politiche del paese, ma anche le sensazioni,<br />
le emozioni, le piccole scelte, le grandi decisioni, le leggi,<br />
la vita, la storia del Parlamento.<br />
Alla redazione di questo « giornale del Parlamento » contribuiscono<br />
stenografi e revisori con la loro preziosa e responsabile attività di<br />
raccolta meticolosa e puntuale di tutti i dati e di tutte le informazioni<br />
da scolpire nel piombo, perché l'opinione pubblica sappia.<br />
Note<br />
1<br />
Vedi il mio saggio su: « La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari:<br />
I. Origini ed evoluzione della stenografia », in: Bollettino di informazioni costituzionali<br />
e parlamentari n. 2, 1983.<br />
2<br />
Cfr. Il parlamento in Sicilia, edizione pubblicata a cura del Circolo della Stampa<br />
di Messina nel 1960 in occasione dell'inaugurazione della Mostra storica del parlamento<br />
in Sicilia.<br />
3<br />
Cfr. Parlamenti generali del regno di Sicilia di A. MONGITORE e F. SERIO, Palermo<br />
1749; dello stesso A. MONGITORE, Storia <strong>dei</strong> parlamenti di Sicilia, che contiene<br />
un'esauriente documentazione della vita parlamentare siciliana dall'epoca di Ruggero il<br />
Normanno.<br />
4<br />
Cfr. A. MARONGIU, Il parlamento in Italia nel Medio Evo e nell'Età Moderna,<br />
Milano, 1962.<br />
5<br />
Autore di una buona elaborazione del sistema Taylor, riconosciuta dallo Stato ed<br />
ammessa al pubblico insegnamento nel 1909, fu il primo capostenografo del Parlamento<br />
subalpino. Cfr. D. SAMBO, Quadro sinottico di stenografia italiana sul sistema<br />
Taylor-Delpino, Venezia, 1902.<br />
6<br />
Vedi M. PACELLI, Le radici di Montecitorio - Pietre uomini miti, Roma, 1983,<br />
là dove afferma (pag. 75): « Non tutti i deputati del Parlamento subalpino parlavano<br />
infatti l'italiano: la lingua <strong>dei</strong> ceti più ricchi e colti ai quali gran parte degli<br />
eletti appartenevano era, come è noto, il francese ed in francese essi si esprimevano<br />
nei loro interventi alla <strong>Camera</strong> ».<br />
7<br />
Cfr. il mio saggio citato, a pag. 199.<br />
8<br />
L'ultimo discorso pronunziato in francese al <strong>Senato</strong> fu quello del senatore<br />
Jacquemoud, il 9 giugno 1860, in un intervento in sede di discussione del disegno<br />
di legge per l'approvazione del trattato di cessione alla Francia della Savoia e del<br />
circondario di Nizza.
La stenografia e la resocontazione <strong>dei</strong> lavori parlamentari 201<br />
« Ma mission de député savoisien se trouvant maintenant accomplie par ce derniei<br />
acte, il me reste à exprimer hautement devant le pays et devant la Chambre qui<br />
en est Pexpression, les sentiments de gratitude dont je me sens pénetré pour tous les<br />
témoignages d'estime et d'affection que je n'ai pas cesse de recevoir, tant de l'un que<br />
de l'autre, dans toutes nos législations passées et jusque à ce jour »: sono queste le<br />
ultime parole pronunziate in francese alla <strong>Camera</strong> il 25 maggio 1860 nel corso di un<br />
intervento del deputato savoiardo Louaraz sempre sul tema della cessione alla Francia<br />
della Savoia e di Nizza.<br />
9 Cfr. Atti del Convegno per il venticinquennale dell'i]DI., Firenze, 23-24 aprile<br />
1983, ed in particolare la mia relazione sul tema: «Formazione, addestramento e<br />
professionalità dello stenografo parlamentare ».<br />
Sulla Scuola di formazione professionale e di addestramento nella stenografia parlamentare<br />
della <strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> deputati vedi anche la relazione da me svolta al Congresso<br />
internazionale di stenografia svoltosi a Mannheim nel luglio 1981, pubblicata negli atti<br />
congressuali.<br />
10 Cfr. Atti del I Convegno nazionale sul « Linguaggio della divulgazione » promosso<br />
da Selezione dal Reader's Digest e svoltosi a Milano l'il e 12 febbraio 1982 a Palazzo<br />
Bagatti-Valsecchi, pag. 129.<br />
11 Cfr. Atti del Convegno di studi stenografici, Palermo, 1981, ed in specie la mia<br />
relazione sul tema: « Il servizio stenografico alla <strong>Camera</strong> <strong>dei</strong> deputati ». Sul passaggio<br />
dal linguaggio parlato al linguaggio scritto vedi anche la mia relazione contenuta<br />
negli atti del Congresso internazionale di stenografia svoltosi a Lucerna nel luglio 1983.<br />
12 Cfr. Atti del convegno di Selezione, cit., pag. 20.<br />
13 Cfr. Atti del convegno di Selezione, cit., pagg. 133-134.<br />
14 Vedi appunti per la relazione dell'onorevole Felisetti al II Convegno nazionale<br />
sul « Linguaggio della divulgazione » promosso da Selezione dal Reader's Digest e svoltosi<br />
a Roma presso l'Accademia <strong>dei</strong> Lincei il 14 e 15 aprile 1983.<br />
15 Cfr. il volume: Circolari e disposizioni interpretative del Regolamento emanate<br />
dal Presidente della <strong>Camera</strong> (1948-1978), Segretariato Generale, III ed., pagg. 44-45<br />
(circolare Leone), pag. 46 (circolare Bucciarelli Ducei), pag. 47 (circolare Ingrao).<br />
16 Cfr. M. MANCINI - U. GALEOTTI, Norme ed usi del Parlamento italiano, Roma,<br />
1887, i quali sostengono che i discorsi letti sono da condannare perché « convertono<br />
le Assemblee in accademie ».<br />
17 Cfr. M. MANCINI - U. GALEOTTI, op., cit., pag. 118.<br />
18 Le notizie relative alla situazione della resocontazione nei parlamenti presi in considerazione<br />
mi sono state fornite in parte dal direttore del servizio stenografico del<br />
Bundestag della Germania federale, Friedrich-Ludwig Klein, e dal direttore del servizio<br />
stenografico degli Stati Generali d'Olanda, Cees A. van Beurden, che ringrazio sentitamente;<br />
in parte sono invece ricavati da un'indagine direttamente da me compiuta