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Senato - Camera dei Deputati

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192 Problemi costituzionali e parlamentari<br />

È certo, comunque, al di là dell'aneddotica, che gli antichi greci cominciarono<br />

a perfezionare in maniera logica alcune semplificazioni<br />

grafiche <strong>dei</strong> caratteri alfabetici del tempo ed a formulare anche rappresentazioni<br />

schematiche di intere parole, come risulta da altri reperti<br />

rinvenuti sull'Acropoli.<br />

2. I primi a servirsi in modo razionale della stenografia furono,<br />

però, i romani. Secondo quanto asserisce Isidoro (560-636), vescovo<br />

di Siviglia, nel primo volume delle Origines seu Etimologiae, tale<br />

Ennio inventò ben 1.100 abbreviazioni tachigrafiche: Vulgares notas<br />

Ennius primus mille et centum invenit. Non esiste concordanza di<br />

idee circa la figura di questo Ennio. I Guenin, nella loro Histoire de<br />

la Sténographie dans l'antiquité et au Moyen Age (Parigi 1908),<br />

sostengono che si tratti di uno sconosciuto greco e non del grammatico<br />

romano. I più sono però propensi ad identificarlo con il<br />

poeta latino Quinto Ennio (239-169 a. C.) e non con il grammatico<br />

Ennio.<br />

Scrive ancora Isidoro: Romae primus Tullius Tiro Ciceronis libertus<br />

commentatus est notas sed tantum praepositionum. È storicamente<br />

accertato che Marco Tullio Tirone, liberto di Cicerone, raccolse, sistemò<br />

e coordinò tutte le abbreviazioni allora conosciute, raggruppandole<br />

nelle famose Notae, dal suo nome dette « Tironiane » (4).<br />

La struttura prettamente sillabica del cosiddetto « sistema tironiano »<br />

era costituita da un signum principale che simboleggiava la radice o il<br />

prefisso della parola e da altri signa auxiliaria che servivano per indicare<br />

la desinenza. Questi ultimi erano di dimensioni più ridotte e<br />

venivano tracciati su una base diversa rispetto a quella normale di<br />

scrittura. Intorno alle « Note Tironiane » è fiorita una vasta letteratura,<br />

che ha tuttavia molto sapore di leggenda, essendo basata su<br />

presupposti pseudostorici. Essa raggiunge il suo culmine nella monumentale<br />

Palaeographia Critica di U. F. Kopp (1762-1834), professore<br />

onorario di paleografia all'università di Heidelberg, e nel famoso<br />

iManuel de Paléographie di Maurice Prou. Senza entrare nel merito<br />

<strong>dei</strong> rifacimenti delle Notae che senza alcun dubbio furono operati<br />

nel medioevo, è certo che nell'antica Roma la stenografia ebbe un<br />

culto particolarmente spiccato presso tutti i ceti della popolazione.<br />

Il primo esempio di applicazione pratica storicamente accertato (ne<br />

parla Plutarco nelle Vite degli uomini illustri) risale al 63 a. C. e<br />

si riferisce ad una celeberrima orazione pronunciata in <strong>Senato</strong> da<br />

Catone Uticense contro Catilina, « stenografata » nell'aula senatoriale

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