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DONNA IMPRESA MAGAZINE cover Pierlorenzo Bassetti e Marco Gambedotti

"IT MAKES THE DIFFERENCE" Percorsi professionali diversi ma sensibilità affini avvicinano il duo creativo che ama spaziare nella cultura dell’immagine verso l’inventiva e l’originalità. La loro, è una ricerca della bellezza orientata alla felicità. Obiettivo solo per gente tosta, gente che ha capito una cosa: bisogna concedersi sempre una possibilità. O forse più di una. Pierlorenzo e Marco, due tipi tosti, non tipi da “Mi chiedo cosa sarebbe successo se…”. continua su PDF e/o http://www.donnaimpresa.com Pierlorenzo Bassetti (Pierlorenzo Bassetti Tessuti) e Marco Gambedotti (Cadiee

"IT MAKES THE DIFFERENCE" Percorsi professionali diversi ma sensibilità affini avvicinano il duo creativo che ama spaziare nella cultura dell’immagine verso l’inventiva e l’originalità. La loro, è una ricerca della bellezza orientata alla felicità. Obiettivo solo per gente tosta, gente che ha capito una cosa: bisogna concedersi sempre una possibilità. O forse più di una. Pierlorenzo e Marco, due tipi tosti, non tipi da “Mi chiedo cosa sarebbe successo se…”. continua su PDF e/o http://www.donnaimpresa.com
Pierlorenzo Bassetti (Pierlorenzo Bassetti Tessuti) e Marco Gambedotti (Cadiee

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A partire dal suo inizio nel 2007, la crisi economica<br />

mondiale ha rischiato almeno tre volte di sfociare in un<br />

crollo totale: nell’autunno del 2008, dopo il fallimento di<br />

Lehman Brothers e il panico sui mercati finanziari, nei<br />

primi mesi del 2009, appena prima del varo del primo<br />

quantitative easing e, di nuovo, a cavallo tra il 2011 e il<br />

2012, all’apice della crisi del debito in Europa. Le<br />

politiche “tappabuchi” avviate in ciascuna di tali occasioni<br />

hanno evitato il blocco totale dei mercati finanziari, e<br />

quindi anche del sistema economico mondiale, che<br />

avrebbero portato a scenari da terza guerra mondiale.<br />

Ma nonostante le iniezioni senza precedenti di liquidità, e<br />

un periodo mai così protratto di interessi reali a zero,<br />

l’economia, dopo più di cinque anni di crisi, continua a<br />

essere moribonda in Europa, stagnante in termini reali<br />

nella maggior parte del resto del mondo e in forte<br />

rallentamento nei paesi emergenti. I responsabili delle<br />

politiche economiche mondiali non si sono finora<br />

distaccati dagli strumenti politici che sono un dogma del<br />

neoliberismo: la politica monetaria intesa come<br />

toccasana per ogni problema, l’austerità fiscale mirata in<br />

primo luogo a diminuire l’incidenza del costo della<br />

manodopera su quello complessivo di produzione. Il<br />

quadro che abbiamo tracciato qui sopra, pur limitandosi<br />

agli sviluppi degli ultimi mesi, parla chiaramente di una<br />

situazione globale costantemente esposta al rischio di un<br />

crollo e che nel migliore dei casi porterà solo al vicolo<br />

chiuso di una lunga stagnazione. L’incapacità del potere<br />

politico ed economico di andare al di là della ripetizione<br />

automatica dei vecchi modelli, così come l’inefficienza<br />

delle sue azioni, sono ormai evidenti da lungo tempo e la<br />

sfiducia che generano in tutto il mondo è senz’altro uno<br />

dei fattori che hanno portato negli ultimi due anni milioni<br />

di persone a protestare a livello globale nelle forme più<br />

varie e nei paesi più disparati. Quella che sta gestendo la<br />

crisi non è più semplicemente una burocrazia, ma è<br />

diventata una vera e propria “bancarottocrazia”, come la<br />

ha definita giustamente l’economista greco Yanis<br />

Varoufakis. Fra vecchie classi dirigenti che continuano a<br />

fare il loro canto del cigno nonostante lo stato vegetativo<br />

(a voler essere ottimisti) in cui soggiace la comunità<br />

internazionale e le nuove leadership che stanno<br />

avanzando prepotentemente, qualcuno in Italia, sulla scia<br />

del “Poveri ma belli” il titolo di un vecchio film di Dino Risi<br />

che ha simboleggiato la storia del costume italiano, ha<br />

pensato di cogliere opportunità commerciali in un<br />

continente, quello asiatico, intenzionato a scrollarsi di<br />

dosso lo status di “catena di montaggio”. Lo sfruttamento<br />

delle opportunità commerciali attraverso un uso efficiente<br />

delle risorse è di fatto al centro della missione odierna in<br />

Cina proposta da Only Italia il cui obiettivo generale è<br />

promuovere la crescita e la competitività dell'industria<br />

italiana valorizzando meglio le potenzialità di crescita dei<br />

paesi terzi, nella fattispecie l'economia in espansione<br />

della Cina. La missione intende inoltre rafforzare la<br />

cooperazione economica e aiutare le imprese italiane ad<br />

accedere al mercato cinese sulla base di nuove priorità<br />

della politica cinese che puntano sul benessere della<br />

popolazione (negli ultimi anni si è parlato anche di<br />

“felicità”), sull'assoluta priorità da dare al rafforzamento<br />

dello sviluppo sociale. La vecchia concezione di vita va<br />

via via disperdendosi dunque, anche con un certo senso<br />

di fallimento rispetto a quello che non è riuscita ad<br />

ottenere: l'inquinamento e la devastazione ambientale<br />

sono cresciuti a livelli mostruosi, il gap dei redditi è<br />

diventato uno dei più gravi del mondo, la corruzione non<br />

è stata per nulla abbattuta ed è diventata uno dei<br />

problemi più gravi che minacciano la legittimità del<br />

partito. Da questo punto di vista la leadership uscente<br />

lascia una Cina che è cresciuta enormemente ma nella<br />

quale sono anche cresciuti enormemente i problemi:<br />

un'eredità grandiosa e al tempo stesso terribile alla<br />

nuova leadership che adesso dovrà prenderla in mano.<br />

Ciò nonostante, secondo diversi economisti cinesi,<br />

mentre gli Stati Uniti sono stati danneggiati seriamente<br />

dall’inizio della crisi, in Cina lo scenario negativo sta<br />

svolgendosi più lentamente, dando in questo modo al<br />

governo e al settore industriale di sviluppare una<br />

strategiadimercatopiùeffettivaealungo termine.<br />

Only Italia: progetto di<br />

promozione del made in<br />

Italy nato su iniziativa di<br />

Irene Pivetti che si è<br />

fatto strada nel mercato<br />

del Drago.<br />

L’obiettivo è quello di fornire un modello di<br />

business che permette alle aziende<br />

italiane di ottenere visibilità. Non più<br />

aziende italiane che si affacciano<br />

impreparate su un mercato sconosciuto,<br />

dunque, bensì un sistema che mette a<br />

disposizione le competenze di un team di<br />

esperti italiani e cinesi che uniscono le<br />

forze per lanciare in Cina prodotti italiani.<br />

Il criterio per partecipare? Prodotti italiani<br />

al 100%.<br />

Cito testualmente, Irene “La missione di Only Italia è cavalcare la<br />

crisi per trasformarla in opportunità capovolgendo le logiche<br />

conservative e le strategie giocate in difesa a favore di un<br />

approccio efficace ed aggressivo ai mercati emergenti e<br />

abbandonando l'idea che essi rappresentino una minaccia per<br />

concorrenza spesso sleale. L'export del Made in Italy in Cina è<br />

un'opportunità di crescita per le aziende della rete”. Opportunità<br />

concrete di internazionalizzazione, dunque ...<br />

Si. La nostra è una missione che rientra nella serie delle "Missioni per<br />

la crescita" finalizzate ad aiutare le imprese italiane, in particolare le<br />

piccole e medie imprese, ad accedere e trarre profitto dal mercato<br />

asiatico, ed in particolare cinese, nonché approfondendo la<br />

cooperazione politica bilaterale in diversi settori al fine di incentivarne<br />

sviluppo e la competitività. Only Italia raccoglie ricerche, analisi di<br />

rischio e previsioni nel breve-medio periodo sul continente asiatico e<br />

sulla Cina, e risponde all’esigenza di fornire uno strumento alle<br />

imprese italiane che si affacciano su quei mercati, che stanno<br />

valutando le strategie d’ingresso oppure che sono già presenti con<br />

investimenti e che necessitano perciò di informazioni aggiornate e di<br />

prospettiva sulla politica, l’economia, il business environment e le<br />

opportunità legate all’ambiente ed alle energie pulite, al settore<br />

sanitario, alimentare e bevande, macchinari, automotive, retail e<br />

distribuzione, beni di lusso, chimico. L’originalità - e qui sta il nostro<br />

più incisivo contributo - è che si tratta di un rapporto di carattere<br />

previsionale, non una mera fotografia dello status quo. Tuttavia,<br />

l’osservazione di tendenze storiche ed una solida conoscenza del<br />

contesto attuale ci hanno consentito di sviluppare e proporre gli<br />

scenari qui esposti. Fino a poco tempo fa la Cina rappresentava<br />

soprattutto una piattaforma di produzione, approvvigionamento ed<br />

esportazione, oggi è sempre più rilevante quale fonte di investimenti<br />

diretti esteri e per il fatto che vi risiede una popolazione dinamica ed<br />

imprenditoriale che rappresenta un quinto del pianeta ed ha la<br />

possibilità di studiare, viaggiare, investire e lavorare all’estero.<br />

Altro grande elemento di novità che offriamo è la possibilità di testare i<br />

prodotti: il feedback è immediato, i clienti toccano con mano il<br />

prodotto e, in base alle vendite, capiamo anche quali sono i loro gusti.<br />

Nel contempo, le location particolari di cui disponiamo, facilmente<br />

raggiungibili da ogni angolo della Cina, permettono di attrarre gli<br />

operatori commerciali, i buyer. Le aziende italiane aderenti hanno la<br />

possibilità di vendere il proprio prodotto, adeguatamente<br />

sponsorizzato, in grandi corner multimarca dedicati presso grandi<br />

catene di distribuzione, prime per importanza in Cina e tra le più<br />

rinomate a livello mondiale.<br />

Con quale criterio selezionate le vostre aziende?<br />

I criteri di selezione sono sostanzialmente due: i prodotti devono<br />

essere retail e made in Italy al 100%. Parliamo principalmente di<br />

moda, gioielleria e bigiotteria, cosmetici e anche di gastronomia.<br />

Inoltre, quando l'azienda ci propone i suoi prodotti, noi chiediamo un<br />

feedback sulla base della valutazione visiva del prodotto e sulla fascia<br />

di prezzo direttamente, aiutando in questo modo la società a puntare<br />

su determinati prodotti piuttosto che altri.<br />

Promozione dei brand italiani, dunque, ma sono solo marchi di<br />

lusso?<br />

Noi miriamo a quel target che è rappresentato dal numero sempre<br />

crescente di cinesi che ambiscono al prodotto italiano, non<br />

necessariamente rappresentato da marchi noti. Non parliamo quindi<br />

di lusso nel senso stretto del termine, quanto piuttosto di prodotti di<br />

qualità e di fascia medio-alta.<br />

Perché la Cina è così interessata al made in Italy?<br />

Il Made in Italy ha un forte appeal sul consumatore cinese e ciò vale<br />

anche per cibo e vino, prodotti evocativi dello stile di vita italiano,<br />

sebbene ancora percepiti principalmente come status symbol.<br />

Fortunatamente, in Italia abbiamo ancora la capacità di far percepire<br />

all'estero il pregio dei nostri prodotti. Oggi, per il consumatore di<br />

fascia medio-alta cinese, il prodotto made in Italy è sinonimo<br />

innanzitutto di qualità, ed in secondo luogo è evocativo di un certo<br />

stile di vita, quello europeo, che ha il fortissimo potere di attrarre<br />

clienti. Dei nostri prodotti agro-alimentari i cinesi apprezzano in modo<br />

particolare le garanzie relative alla sicurezza alimentare, assicurate<br />

dalla normativa italiana in materia. E', questo, un tema molto sensibile<br />

in un paese in cui si sono verificati scandali relativi a casi di<br />

intossicazione e contraffazione alimentare che hanno avuto una forte<br />

risonanza nell'opinione pubblica. Altro aspetto molto importante per i<br />

cinesi è l'autenticità, che noi possiamo garantire in quanto lavoriamo<br />

a diretto contatto con i produttori, accorciando pertanto la filiera e<br />

Li Jianping e Irene Pivetti, nominata Presidente di Italy China Friendship Association.Giugno 2013<br />

“Finalmente<br />

scesa dal “banco<br />

degli accusati”,<br />

l’industria cinese è<br />

passata dalla<br />

copia alla cultura<br />

del branding,<br />

investendo in<br />

innovazione<br />

tecnologica e<br />

scegliendo di<br />

competere sui<br />

mercati di alta<br />

gamma. Il<br />

Florentia Village:<br />

outlet a nord di<br />

Pechino con le<br />

grandi firme della<br />

moda italiana in<br />

una città<br />

immaginaria che<br />

riproduce un finto<br />

Colosseo, finte<br />

case fiorentine e<br />

finti canali<br />

veneziani, lo<br />

dimostra.”<br />

selezionando le produzioni migliori e più adatte al mercato cinese, sia<br />

nella fascia entry level sia nell'alto di gamma.<br />

Altri progetti di promozione dei marchi italiani in Cina sono falliti.<br />

Qual è stato il vostro punto di forza?<br />

Nel nostro progetto sono presenti tre importanti elementi di<br />

innovazione. Il primo è che Only Italia ha un network fortemente<br />

integrato con le strutture governative e con i canali commerciali della<br />

Repubblica Popolare Cinese. Potrà sembrare meno “eroico” agli<br />

imprenditori italiani, però funziona. Altro punto di forza è che siamo<br />

consapevoli del fatto che il made in Italy ci difende bene, ma non è il<br />

caso che ce ne stiamo seduti sugli allori: è assurdo pensare che il<br />

made in Italy in Cina “si vende da solo”, per così dire… c'è bisogno di<br />

un marketing specifico per quel mercato, i consumatori cinesi<br />

vogliono il prodotto italiano nella sua unicità, o piuttosto un prodotto

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