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L’Italia del futuro verso la multiculturalità<br />

Ma la piena integrazione è ancora lontana<br />

Giuseppe De Simone<br />

Bambini nati in Italia da genitori stranieri che la legge non<br />

considera connazionali, ragazzi di ogni origine ed età approdati<br />

nel Belpaese tramite il ricongiungimento familiare<br />

e minori non accompagnati che arrivano da soli, come richiedenti<br />

asilo o in cerca di migliori condizioni di vita: il panorama degli stranieri<br />

di “seconda generazione” in Italia è oggi molto variegato e la<br />

loro integrazione è ancora molto lontana dall’essere totale. Una<br />

popolazione numericamente in crescita, soprattutto se in rapporto<br />

al calo delle nascite tra gli italiani, che pone questioni fondamentali<br />

per tentare di comprendere quale sarà l’Italia del futuro e di<br />

approntare norme di governo adatte alla multiculturalità italiana<br />

del terzo millennio.<br />

Cittadini o no? La rivista L’Economia dell’immigrazione della Fondazione<br />

Leone Moressa dedica un intero numero alle “seconde<br />

generazioni”, con un approccio totale alle problematiche reali e urgenti<br />

di un popolo fatto da un milione di persone, protagoniste<br />

della vita di tutti i giorni, a partire dal mondo della scuola e del lavoro.<br />

Un esercito di giovani di età diversa, studenti o lavoratori,<br />

con differenti idee politiche e religiose, provenienza e provincia di<br />

residenza, cittadini-non cittadini, oramai stanchi di un’etichetta, un<br />

fardello, che li identifica semplicisticamente come immigrati.<br />

Le seconde generazioni rappresentano, nel nostro Paese e non<br />

solo, un “fattore di inquietudine” per la società ricevente in quanto<br />

sono ancora viste come estranee, titolari di diritti solo parziali: questi<br />

giovani possono ad esempio lavorare o studiare ma non possono<br />

reggere il confronto con il coetanei – amici, compagni di<br />

scuola, colleghi di lavoro – nati e cresciuti nello Stivale. Al di là di<br />

quello che può essere l’approccio scientifico della comunità nazionale<br />

alla questione – “assimilazionista”, “strutturalista”, “costruzionista”<br />

- un programma di interventi sbagliati o<br />

semplicemente la mancanza di una visione d’insieme nei loro confronti<br />

rischia di innescare circuiti di automarginalità o di “assimilazione<br />

verso il basso”. L’analisi de L’economia dell’immigrazione<br />

mira, invece, a far emergere politiche di promozione e processi di<br />

innovazione culturale nel segno del cosmopolitismo e del multiculturalismo<br />

quotidiano della realtà italiana.<br />

Stato nazionale e immigrazione. I figli degli immigrati nati in Italia<br />

hanno messo in crisi il concetto degli Stati come identità nazionali<br />

basate su presupposti di omogeneità storica, linguistica,<br />

culturale, biologica e religiosa: gli Stati come “etnie” sono adesso<br />

cancellati da processi che si declinano guardando al futuro, tenendo<br />

in giusto conto la modifica della composizione della popolazione<br />

residente con l’inclusione dei figli degli immigrati di prima<br />

generazione; questi ultimi possono così anche affrancarsi da conflitti<br />

identitari innescati dalle stesse famiglie di provenienza, che<br />

mirano oramai più ad una completa integrazione dei figli nelle società<br />

riceventi e ad allontanarli dalle loro identità di partenza.<br />

Per questi motivi, le seconde generazioni, strette in una forbice<br />

schematica che vede le loro giuste aspirazioni di crescita e miglioramento<br />

da un lato e, dall’altro, società che spesso tendono a<br />

relegarle nei medesimi ambiti svantaggiati in cui si erano inseriti<br />

i loro genitori, impongono un ripensamento delle azioni e<br />

delle politiche governative e di integrazione, a partire dal settore<br />

scolastico e lavorativo, che tengano finalmente conto della loro<br />

presenza stabile e strutturale in Italia e che superi, in primis, il<br />

concetto di emergenza. Guardando ai numeri, infatti, all’inizio<br />

del 2013 erano 908mila i minori stranieri presenti nel nostro<br />

Paese, 80mila dei quali nati da genitori residenti in Italia: ben<br />

830mila di questi sono già inseriti nel sistema scolastico nazionale,<br />

studenti di 191 nazionalità diverse, distribuiti oramai su<br />

tutti gli ordini di scuola.<br />

La scuola e i nuovi italiani. È proprio il mondo della scuola a<br />

dovere cercare, nel prossimo futuro, soluzioni in grado di favorire<br />

l’accesso all’istruzione dei giovani di seconda generazione,<br />

contrastare la dispersione scolastica e soprattutto potenziare<br />

le loro possibilità di successo scolastico così da scongiurare un<br />

rischio di esclusione sociale: secondo le statistiche, infatti, i giovani<br />

stranieri prediligono la formazione tecnica e professionale<br />

più di quanto lo facciano gli alunni nati in Italia, con situazioni<br />

di ritardo scolastico, talvolta anche gravi.<br />

L’immigrazione - sostiene la Fondazione Leone Moressa - ha<br />

profondamente cambiato la scuola, oggi fortemente segnata<br />

dall’eterogeneità e in continua modifica grazie alle storie, ai<br />

viaggi e ai volti di coloro che la abitano e, pertanto, le esperienze<br />

e le pratiche di integrazione della scuola multiculturali<br />

dovrebbero costituire un’importante riserva di esperienze e riposte<br />

educative tali da creare un modello di riconoscibile e condiviso.<br />

Un processo che, tuttavia, non si è ancora avviato e la<br />

cui mancanza fa invece risaltare scelte differenti, divari importanti,<br />

risposte non uniformi da un contesto educativo all’altro:<br />

17febbraio2014 asud’europa 3

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