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I grandi vizi dei più celebri<br />
personaggi della letteratura<br />
Ameremmo così tanto i protagonisti delle straordinarie avventure<br />
che viviamo grazie ai nostri libri, personalità eccezionali<br />
distanti anni luce dalle nostre vite ordinarie, se non<br />
avessero anche loro qualche punto dolente che ci convince che sì,<br />
forse anche loro sono un po’ come noi, umani? Probabilmente no.<br />
Ma per fortuna la letteratura pesca dalla vita, parla proprio di noi,<br />
del nostro mondo: per quanto fuori dal comune ci possano sembrare<br />
le storie che racconta, ci è più vicina di quanto non si possa<br />
credere. Forse per questo è un coacervo di vizi umani, un palcoscenico<br />
di pecche e debolezze che, diciamolo, ci fanno sentire i<br />
nostri amati eroi un po’ meno estranei.<br />
SI AMA SEMPRE QUALCOSA DI IMPERFETTO – È per questo<br />
motivo che gli scrittori “disegnano” così le loro creature? “Intanto<br />
lo scrittore nel creare un personaggio ha dei desideri precisi: il suo<br />
personaggio deve essere credibile e deve essere amato dal suo<br />
pubblico – specie se si tratta del protagonista”, spiega Rachele<br />
Bindi, psicologa, psicoterapeuta ed esperta di Libroterapia che<br />
tiene su Libreriamo il blog Memorabiblia. “Il vizio serve quindi sia<br />
a rendere realistico il personaggio (in media le persone con cui<br />
abbiamo a che fare non sono solo concentrati di virtù e i vizi sono<br />
molto diffusi tra gli umani), sia a connotare il personaggio, a dare<br />
una caratteristica che, se ben giocata, lo marca e lo rende amabile<br />
proprio in quanto fallace – non si ama la perfezione, come ben<br />
dice Thomas Bernhard nel suo ‘Antichi Maestri’, si ama sempre<br />
qualcosa di imperfetto”.<br />
LO SCRITTORE, UN UOMO CON I SUOI VIZI – “In seconda<br />
istanza lo scrittore è umano e molto probabilmente (se la statistica<br />
non ci inganna) avrà lui stesso i suoi vizi” – prosegue Rachele<br />
Bindi – “quindi sarà normale concepire che anche il personaggio<br />
che lui crea possa, anzi quasi debba, averne”. Già, spesso dimentichiamo<br />
che dietro la penna capace di creare tanta meraviglia,<br />
si nasconde una persona proprio come noi. E i suoi<br />
personaggi diventano spesso degli amici, dei compagni in cui si rispecchia,<br />
che lo aiutano ad affrontare le sue debolezze e lo fanno<br />
sentire meno solo o inadeguato. Ma vediamo quali sono gli esempi<br />
più celebri della letteratura, i vizi dei personaggi più famosi…<br />
HOLMES E LA DROGA – I più “tormentati” sono i protagonisti di<br />
un genere che da sempre esplora i lati oscuri della società, il poliziesco.<br />
Fin dai primi albori del giallo, che ha i suoi padri in Edgar<br />
Allan Poe e Arthur Conan Doyle, i personaggi hanno qualcosa di<br />
“malato” e morboso, a partire dal più famoso detective della storia<br />
della letteratura, Sherlock Holmes. Il genio dell’arte deduttiva<br />
uscito dalla penna dello scozzese Doyle, capace di ricostruire catene<br />
di indizi che, muovendo da dettagli insignificanti trascurati<br />
dalla maggior parte degli altri investigatori, conducono a logica<br />
conclusione anche i casi più complicati, ha tuttavia un “piccolo vizietto”:<br />
indulge talvolta all’uso di stupefacenti. Il riferimento a questa<br />
debolezza dell’eroe del poliziesco si trova per esempio all’inizio<br />
de “Il segno di quattro”, dove il suo assistente e biografo ufficiale,<br />
il fidato Watson, descrive la scena di Holmes che prende “il suo flacone<br />
dall’angolo della mensola del caminetto e la sua siringa ipodermica<br />
da un elegante astuccio di marocchino”. Infila poi l’ago,<br />
alza la manica sinistra della camicia scoprendo l’avambraccio<br />
coperto da segni di punture e infine affonda la siringa, abbandonandosi<br />
sulla poltrona con un sospiro di piacere. All’uso di<br />
stupefacenti si allude anche in altre occasioni e altre opere, per<br />
esempio in “Uno studio in rosso”, che hanno per protagonista<br />
Sherlock Holmes. Forse dietro a questo si nasconde la dipendenza<br />
dello stesso Doyle?<br />
LA PIPA DI MAIGRET – Non vien meno il “gusto per il vizio” nei<br />
successori dell’autore britannico, gli altri grandi interpreti del<br />
poliziesco in letteratura. Il commissario Maigret, nato dalla fantasia<br />
dello scrittore belga di lingua francese Georges Simenon,<br />
ha uno straordinario istinto che lo porta immedesimarsi nelle<br />
circostanze del delitto e nelle personalità dei colpevoli, tanto<br />
che arriva a comprenderli e a volte anche a cambiarne il destino.<br />
Ma accanto a questo talento mostra anche una serie di<br />
debolezze molto umane: amante della buona cucina, accanito<br />
bevitore e fumatore, proprio non può rinunciare a un bicchiere<br />
di calvados e al suo Gris, il tabacco trinciato francese, secco e<br />
molto forte. Impensabile immaginarlo senza la sua pipa!<br />
MONTALBANO E LA BUONA TAVOLA – Dai detective del passato<br />
a uno dei giorni nostri, l’amatissimo commissario Montalbano<br />
non sarebbe il grande personaggio che è se non avesse<br />
un vero e proprio culto della tavola. I suoi pasti sono un rito con<br />
tutti i crismi, da consumarsi in religioso silenzio, senza essere<br />
disturbato. Da buon siciliano, il suo piatto preferito è il pesce,<br />
dalle sarde a beccafico alle triglie fritte. Ma anche gli arancini,<br />
la pasta ‘ncaciata o alla norma, la caponatina. Camilleri aveva<br />
rivelato che proprio le triglie fritte erano il suo piatto preferito,<br />
ma che per motivi di salute gliele hanno proibite, insieme a una<br />
34 17febbraio2014 asud’europa