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Inaugurazione anno accademico 2006-2007 - Università degli studi ...

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inizialmente raro, possa evolvere e stabilizzarsi come norma comune del gruppo. Tale norma rafforza la<br />

resistenza del gruppo rispetto a mutazioni interne o migrazioni dall’esterno di soggetti opportunisti 26 .<br />

Tuttavia, per sostenere la tesi secondo cui la preferenza per l’equità favorisce una cooperazione<br />

sociale che va al di là di piccoli gruppi, bisogna anche dimostrarne la stabilità evolutiva a livello di<br />

selezione tra gruppi eterogenei. Ipotizzando che anche a questo secondo livello operino i meccanismi<br />

di apprendimento, in tale selezione si estendono quei gruppi in cui sono più diffusi comportamenti<br />

cooperativi che apportano benefici collettivi relativamente più forti 27 .<br />

Sembra che una struttura sociale articolata in gruppi multi–familiari e sostenuta da questi meccanismi<br />

fosse già conosciuta dai nostri più lontani progenitori. Prevale infatti in antropologia l’opinione che<br />

le comunità nomadi del tardo Pleistocene si siano evolute secondo forme di organizzazione fortemente<br />

anti–gerarchiche. Tali società, secondo la definizione di Cristopher Bhoem, erano caratterizzate da una<br />

specifica sindrome egualitaria. Studiando piccole comunità isolate simili a quelle primitive, gli antropologi<br />

h<strong>anno</strong> individuato come manifestazioni di tale sindrome la divisione egualitaria del cibo e le pratiche<br />

sanzionatorie verso soggetti con propensioni egoistiche o dominanti, come l’ostracismo, l’esilio o la<br />

soppressione vera e propria.<br />

Non potendo ancora usufruire dei vantaggi della domesticazione e dell’agricoltura, questi nostri<br />

progenitori si procuravano il cibo vagando alla ricerca di grandi prede. La lotta per la sussistenza li<br />

costringeva a fronteggiare enormi problemi di beni pubblici e di esternalità positive 28 . Si potrebbe congetturare<br />

che il combinarsi in bande più ampie <strong>degli</strong> originari gruppi familiari – che nelle società preumane<br />

avevano sviluppato soltanto forme di altruismo parentale e di reciprocità debole – abbia determinato<br />

l’emergere della preferenza per l’equità, come condizione per risolvere in modo cooperativo tali<br />

problemi.<br />

Non mancano lavori in cui si mostra come i comportamenti disinteressati possano emergere per sola<br />

selezione individuale o, sotto certe ipotesi, in condizioni di associazione meramente casuale dei singoli<br />

29 . Tuttavia la maggior parte dei recenti modelli che spiegano il paradosso della persistenza dei comportamenti<br />

non egoistici si basa su meccanismi di selezione per gruppi e di trasmissione di tipo culturale<br />

30 . Antropologi, biologi e matematici vi h<strong>anno</strong> contribuito non meno <strong>degli</strong> economisti. In genere essi<br />

dimostrano che i comportamenti cooperativi che beneficiano i gruppi possono coesistere con quelli non<br />

cooperativi, se non dominarli, soprattutto se sostenuti da meccanismi di sanzione o dalla preferenza per<br />

l’equità 31 . Tali equilibri si rivelano resistenti a mutazioni anche piuttosto drastiche e frequenti, come la<br />

migrazione dall’esterno o sostituzioni improvvise di norme o di comportamenti sociali 32 . La storia successiva<br />

al Paleolitico ci ha consegnato molti esempi di invasioni, mutazioni istituzionali, se non di vere<br />

30

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