Inaugurazione anno accademico 2006-2007 - Università degli studi ...
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non abbastanza, come l’allievo più anziano e incomparabile esecutore testamentario Angelo Stella.<br />
Dalle lettere si vede chiaro che la mancanza di filtri formali si addentra perfino nei decenni Settanta–<br />
Ottanta, quando Corti era una personalità di spicco da tempo; non solo per credibilità di <strong>studi</strong>osa, ma<br />
anche per l’aura di intellettuale a tutto campo che avrebbe scoraggiato chiunque di fronte a un atteggiamento<br />
più inamidato. Voglio dire che in questa donna si coglieva una sorta non proprio di friabilità, ma<br />
di mancanza di scorza esterna, che permetteva agli altri di essere affettuosi, non accademicamente<br />
deferenti. Franco Fortini, coniatore di epigrammi feroci, in una lettera del 1968 manda a Maria un<br />
epigramma che ironizza sul gruppo di «Strumenti critici» (direttori: Avalle, Isella, Segre e Corti), tacciato<br />
dall’ideologo Fortini di formalismo; dove si dice, per esempio, della «tetra ilarità di Lombardia», espressione<br />
ossimorica che mi pare un piccolo capolavoro definitorio, non certo per il solo Dante Isella, in<br />
quanto lombardo e massimo <strong>studi</strong>oso di letteratura lombarda, ma per tutti noi lombardi, grandi e minimi.<br />
L’epigramma, però, aggiunge, riferendosi ora a Maria: «l’energia onde il mestolo squassa / nella lenta<br />
polenta della lassa / filologia». Complimento? Si direbbe di no, dacché l’epigrammatista usa una metafora<br />
culinaria – da Piccolo testamento montaliano –, che ad altri, più professorali, non sarebbe andata<br />
giù. E invece sì (l’interessata lo capì difatti, e ne sorrideva), perché Fortini suggerisce che del quadrumvirato<br />
la più vispa e la più movimentista è lei. Come dire: rigore lombardo–illuministico e fantasia o passione<br />
impaziente.<br />
Si diceva più su che le espressioni di ammirazione più toccanti e le definizioni più azzeccate il<br />
personaggio le ebbe dai creativi. Nell’epistolario figurano lettere che chiunque desidererebbe ricevere.<br />
Un passo di Domenico Rea, definizione perfetta, vale la pena rileggerlo:<br />
Carissima Signora (La chiamo ‘signora’ rifacendomi al suo significato di ‘donna’, ‘domina’, dominatrice appunto,<br />
signora dell’intelligenza e di tante altre virtù, non escluse quelle muliebri, anzi …) questa per ringraziarLa,<br />
a mia volta, della sua stupenda, ariosa, fresca, primaverile lettera; lei scrive pensa e vede come una ragazza;<br />
è curiosa di tutto, vivacissima, ha la prensile memoria propria alla giovinezza […]. Quando penserò a Lei<br />
penserò sempre a due cose così difficili da trovare insieme unificate: la cultura, e una grande pienezza, quasi<br />
ottimistica di vivere.<br />
Perciò Maria aveva l’eroica capacità di vivere perfino l’accademia come se fosse grembo accogliente<br />
per la militanza. Non solo in anni propizi, ma anche quando erano ormai vistosi i segnali della<br />
marginalità, cui si stavano avviando la critica letteraria e la licealizzazione dell’Università parcellizzata<br />
in mille miniesami (con Gian Luigi Beccarla: Tre più due uguale zero), Corti avvertiva il lavoro culturale<br />
come passione attiva, dovere comunicativo e dedizione, con un senso anche sacrificale, ma sempre<br />
Ricordi per Maria Corti<br />
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