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Inaugurazione anno accademico 2006-2007 - Università degli studi ...

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so alla dimensione internazionale delle nostre ricerche in campo biomedico: ha lasciato un’eredità di<br />

altissima qualità e tuttora attualissima, soprattutto (ma non solo!) per Pavia.<br />

L’Università di Pavia ha oggi le carte in regola per configurarsi come vera e propria Research University,<br />

apprezzata e riconosciuta anche in campo internazionale. Per storia, dimensioni e vocazione esercita un<br />

ruolo di guida e indirizzo nel cosiddetto “sistema-Pavia”, un “unicum” in campo nazionale, che l’avvicina<br />

ai modelli inglesi di Cambridge e Oxford. Il sistema universitario pavese, che recentemente si è arricchito<br />

anche della presenza dell’Istituto Universitario di Studi Superiori, si caratterizza infatti come una vera e<br />

propria città–campus, con una rete di 15 collegi pubblici e privati che, fin dal XVI secolo, garantisce il diritto<br />

allo <strong>studi</strong>o a oltre 1.500 giovani meritevoli. L’interdisciplinarietà e il confronto sono da sempre al centro di<br />

Pavia città–campus e proprio su questo argomento l’Ateneo porta avanti la sua politica di potenziamento.<br />

Discutendo col Ministro della Pubblica Istruzione del tempo, Luigi Credaro, Golgi sosteneva infatti che<br />

“Pavia non avrà più a temere solo quando potrà dirsi in grado di fornire mezzi sufficienti per lo <strong>studi</strong>o di tutti<br />

i rami della scienza e riesca a diventare un vero centro di attrazione…” e ancora “le Università si preparino<br />

a sostenere una lotta di concorrenza scientifica la quale sarà più che mai stringente per l’Università di<br />

Pavia”, mentre il Ministro, che ben conosceva Pavia, da Ghislieriano, esplicitava il seguente pensiero:<br />

“siano a Milano gli istituti che debbono alimentare le industrie e i commerci, ma non quelli che h<strong>anno</strong><br />

bisogno di raccoglimento e meditazione”, sottintendendo che questi potessero rimanere monopolio di Pavia.<br />

Quest’ultima visione ha portato a rappresentare le Università come “torri d’avorio”, lontane dalle<br />

dinamiche e dai problemi della società in evoluzione; nel caso specifico della ricerca scientifica ha<br />

creato una netta separazione tra ricerca di base e ricerca applicata e di interesse industriale. Era una<br />

prospettiva nettamente superata già a quei tempi, se pensiamo che proprio nei primi del Novecento i<br />

Premi Nobel, soprattutto in Chimica e Fisica, venivano assegnati non di rado tenendo conto anche di<br />

meriti e risultati ottenuti nella grande industria, sottolineando così il valore strategico delle conquiste<br />

scientifiche nel dare alimento al rapporto tra Università e sistema economico e industriale. Voglio citare<br />

a tal proposito, come caso emblematico, la motivazione del premio Nobel per la Chimica attribuito nel<br />

1910 a Otto Wallach: “In recognition of his services to organic chemistry and the chemical industry by<br />

his pioneer work in the field of alicyclic compounds”. Va detto che mentre in Europa e soprattutto in<br />

Italia tale rapporto ha avuto raramente momenti felici, negli Stati Uniti le Università h<strong>anno</strong> sempre<br />

contribuito direttamente alla creazione e sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali basate sull’alta<br />

tecnologia e sull’interazione con il mondo <strong>degli</strong> affari e delle alte professioni.<br />

Ormai credo che sia (o debba essere) chiaro a tutti che la ricerca di base e quella applicata devono<br />

interagire strettamente, alimentandosi a vicenda.<br />

Discorso inaugurale del Rettore Prolusione prof. Rampa Intervento Ministro Mussi Borse, Premi e Riconoscimenti<br />

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