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Aprile_11:Pag prova.qxd 02/04/2011 9.10 Pagina 6<br />

Aprile<br />

6<br />

2011<br />

U<br />

Stanislao Fioramonti<br />

na buona definizione sintetica dell’Unità<br />

d’Italia che oggi ricordiamo l’ho trovata<br />

nel mio vecchio libro di Storia<br />

della III Liceo, scritto da Francesco Moroni<br />

e pubblicato nel 1961, quando si festeggiava<br />

il centenario della stessa ricorrenza.<br />

Essa dice: “L’unità territoriale e politica d’Italia<br />

risultò dalla concordia discorde di molte forze,<br />

che si possono ridurre, schematizzando,<br />

a quattro: l’idealità (Mazzini), il volontariato<br />

(Garibaldi), la monarchia (Vittorio Emanuele<br />

II), la politica (Cavour). Inutile chiedersi a<br />

quale spetti il primato”.<br />

Nella definizione sono compresi o sottintesi<br />

cinquant’anni di fatti e personaggi che hanno<br />

fatto l’Italia: i moti carbonari del 1821 e<br />

quelli mazziniani della Giovine Italia, i circoli<br />

letterari di Federico Confalonieri a Milano<br />

(Il Conciliatore) e del Viesseux a Firenze<br />

(L’Antologia), “Le mie prigioni” di Silvio Pellico<br />

e “Il primato” di Vincenzo Gioberti, le note<br />

di Giuseppe Verdi e i versi di Manzoni e di<br />

Goffredo Mameli, il sacrificio di tanti<br />

patrioti dei quali Ciro Menotti, i fratelli Bandiera<br />

e Carlo Pisacane sono<br />

solo i più noti, l’eroismo<br />

di città come Milano delle<br />

Cinque Giornate e<br />

come Brescia Leonessa<br />

d’Italia, le effimere<br />

quanto gloriose repubbliche<br />

Romana e Veneta<br />

del 1849, le prime due<br />

guerre d’indipendenza,<br />

gli alleati manifesti<br />

(Francia), reconditi<br />

(Gran Bretagna) e occulti<br />

(Massoneria), persino<br />

gli avversari più<br />

odiati come l’imperatore<br />

asburgico Franz Joseph<br />

(Cecco Beppe) e il suo<br />

maresciallo Radetzki, i<br />

re di Napoli Ferdinando<br />

II e Francesco II (Re<br />

Bomba e Franceschiello),<br />

il papa Pio IX e i suoi<br />

fedeli, definiti con disprezzo “clericali”, “baciapile”<br />

e peggio ancora.<br />

Di tutto questo, e di molto di più, si dovrebbe<br />

parlare oggi per spiegare un fenomeno che<br />

ha portato sette stati diversi, posti nella stessa<br />

entità geografica, a formare una sola, grande<br />

benché acerba nazione.<br />

E’ però indubbio che l’Unità si concretizzò<br />

nel decennio in cui il governo del Regno di<br />

Sardegna fu retto dal conte di Cavour, prima<br />

che la morte lo cogliesse a soli 51 anni<br />

il 6 giugno 1861. La sua politica lucida e spregiudicata<br />

portò prima all’ingresso del piccolo<br />

regno sabaudo nell’ambito della grande diplomazia<br />

europea (guerra di Crimea e successivo<br />

Congresso di Parigi); poi all’alleanza con<br />

la Francia contro l’Austria, che a dispetto della<br />

pace di Zurigo fruttò buona parte della<br />

Lombardia e i piccoli regni del centro Italia,<br />

pur costando la perdita di Nizza e Savoia; infine<br />

all’annessione delle Due Sicilie borboniche,<br />

cioè del meridione della Penisola, grazie a<br />

un’avventura – quella dei Mille di Garibaldi<br />

– ufficialmente avversata ma nascostamente<br />

appoggiata.In quel decennio furono fissati<br />

i caratteri fondamentali della nuova Italia; essa<br />

sarebbe stata monarchica, centralizzata, borghese,<br />

socialmente conservatrice, anticlericale.<br />

E quel Regno d’Italia e<br />

il suo re Vittorio Emanuele II<br />

di Savoia proclamò il 17 marzo<br />

1861 il nuovo Parlamento<br />

riunito a Torino.<br />

“Al compimento dell’unità territoriale<br />

e politica – scrive<br />

ancora il Moroni – mancavano<br />

solo Roma e Venezia. Molto di<br />

più mancava al compimento dell’unità<br />

civile, economica, morale<br />

e spirituale”. La nuova entità politica<br />

risultava infatti più un ingrandimento<br />

del regno sardo che una nazione<br />

vera e propria, e nasceva con grossi<br />

problemi (“questioni”), alcuni dei quali<br />

a tutt’oggi non ancora del tutto superati,<br />

che ne avrebbero notevolmente frenato e condizionato<br />

lo sviluppo. Dall’estensione a tutte<br />

le regioni di uno Statuto – quello Albertino<br />

del 1848 – concepito solo per il regno sabaudo<br />

nacque la questione istituzionale, dovuta<br />

all’eccessivo accentramento e al grave distacco<br />

tra politica e società civile, tra paese<br />

legale e paese reale, come si suol dire. La proclamazione<br />

di Roma capitale esasperava una<br />

questione romana già aperta dall’allocuzione<br />

di Pio IX del 1848 e dalle leggi anticlericali<br />

di Cavour, e provocava una spaccatura<br />

tra laici e cattolici destinata a durare<br />

nel tempo. La questione sociale poi, conclamata<br />

dal brigantaggio meridionale e<br />

dalla sempre disattesa fame di terra dei<br />

contadini (il 70-80% dei 22 milioni di italiani<br />

di allora), portò ostilità e ribellione verso<br />

lo stato soprattutto al centro e al sud della<br />

Penisola, e poi alla miseria e al doloroso<br />

fenomeno dell’emigrazione oltreoceano.<br />

Dal punto di vista sociale infatti – ha scritto<br />

un altro storico e docente, Gabriele De Rosa<br />

(Storia contemporanea, Minerva Italica, 1976,<br />

pag. 149) – “il<br />

Risorgimento fu<br />

una bandiera<br />

patriottica attorno<br />

alla quale si<br />

strinsero i ceti della<br />

piccola e media<br />

borghesia urbana<br />

e che rimase estranea,<br />

se non sconosciuta,<br />

alle<br />

popolazioni rurali,<br />

le quali si<br />

destarono solo<br />

nei casi in cui al<br />

richiamo della<br />

guerra per l’indipendenza<br />

si unì<br />

anche quello della<br />

spartizione delle<br />

grandi proprietà<br />

terriere”,<br />

come avvenne

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