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Aprile_11:Pag prova.qxd 02/04/2011 9.15 Pagina 7<br />
Aprile<br />
2011<br />
7<br />
Liliana Aumenta<br />
n quest’anno di celebrazioni dell’Unità<br />
Id’Italia,anche nel piccolo ambito in cui<br />
come Unitre ci troviamo ad operare,<br />
abbiamo deciso di trattare l’argomento puntando<br />
l’attenzione sulla nostra realtà locale.<br />
In verità la città di <strong>Velletri</strong> in quanto parte<br />
dello Stato Pontificio non può a buon diritto<br />
rivendicare un ruolo nel processo di unificazione<br />
che si concluse con la proclamazione<br />
del Regno d’Italia. Col prof. Maola, che all’Unitre<br />
tiene una serie di incontri, abbiamo quindi<br />
seguito le vicende della nostra città in<br />
un momento antecedente al 1861, in particolare<br />
all’epoca della Repubblica Romana.<br />
Siamo partiti da una lapide posta su un pilastro<br />
della Cattedrale di San Clemente, all’altezza<br />
della Cappella della Madonna delle Grazie. In essa il re Ferdinando<br />
II ringrazia la Madonna per lo scampato pericolo. Quello a cui allude è il<br />
rischio corso dalle truppe borboniche che, dopo la famosa battaglia di <strong>Velletri</strong>,<br />
passando per Cisterna rientravano nel regno di Napoli. Per rendere più<br />
vivace il racconto degli eventi il prof. Maola ha voluto proporceli attraverso<br />
le parole di Garibaldi tratte dall’opera autobiografica “Memorie”, Ed. Einaudi,<br />
1975, e quelle del gesuita autore di “Istoria del Santuario della Beatissima<br />
Vergine delle Grazie che si venera nella S.S. basilica Cattedrale di <strong>Velletri</strong><br />
scritta da un religioso della Compagnia di Gesù e continuata sino ai giorni<br />
nostri per mons. Luigi Angeloni, canonico penitenziere della stessa Chiesa<br />
“, Ed. <strong>Velletri</strong>, Tipografia Busnengo,1882. In tal modo gli stessi eventi vengono<br />
ricordati da fonti diverse e animate da intenti diversi.<br />
L’episodio che viene narrato è quello della battaglia di <strong>Velletri</strong>, combattuta<br />
il 19 maggio 1849 dalle truppe repubblicane sotto il comando del gen.<br />
Roselli. Attraverso le parole di Garibaldi davanti ai nostri occhi la battaglia<br />
si dispiega lungo la strada che conduce a <strong>Velletri</strong> da Montefortino (Artena)<br />
dove i repubblicani erano giunti dopo i fatti di Palestrina.<br />
Il gen.Garibaldi alla testa di una “vanguardia” si scontrò con un reggimento<br />
di Cacciatori a cavallo che furono respinti. Ma in un altro scontro “colla<br />
testa di colonna principale” i repubblicani retrocessero caricati dai cavalieri<br />
borbonici e i loro cavalli “per la maggior parte giovani e non agguerriti<br />
vennero indietro in tutta furia”. Garibaldi descrive quindi la grande confusione<br />
che si determinò, anche a seguito di una sua imprudenza, col mucchio<br />
di uomini e cavalli rovesciati. E se non ci fosse stato l’intervento di<br />
legionari schierati nelle vigne a destra e sinistra della strada che caricarono<br />
e respinsero il nemico, Garibaldi e gli uomini a lui più vicini non si<br />
sarebbero certo tolti da quel “desolante impiccio “.Il Generale riportò una<br />
serie di contusioni, visto che era stato calpestato dai cavalli, ma lo scontro<br />
si risolse comunque favorevolmente per lui. Nelle sue memorie Garibaldi<br />
si rammaricava indispettito del fatto che il grosso dell’esercito repubblicano,<br />
trattenuto verso Zagarolo in attesa dei viveri che dovevano giungere<br />
da Roma, non arrivasse. in tempo per sferrare l’attacco decisivo e bloccare<br />
la ritirata dei soldati borbonici che erano attestati in città.<br />
Il gen.Roselli decise l’attacco per il giorno successivo mentre il nemico “non<br />
aspettò il nostro comodo e sgombrò <strong>Velletri</strong> nella notte, facendo scalzare<br />
i soldati e fasciare le ruote dei cannoni, per potersi ritirare con più silenzio”.Facendo<br />
proprio riferimento alla fuga di Ferdinando II con il suo esercito<br />
per la via Appia verso Terracina e Napoli il padre gesuita nelle memorie<br />
teneva a sottolineare non solo il fatto che “Maria coll’una mano custodiva<br />
il re” ma che con l’altra si era “prestata alla tutela di <strong>Velletri</strong>”. Con questa<br />
espressione egli faceva riferimento al fatto che i repubblicani, giunti in<br />
S.Clemente, non si abbandonarono al saccheggio del Tesoro della Madonna,<br />
anche se sette lustre lampade d’argento sembravano essere lì apposta per<br />
attrarre la cupidigia dei soldati,che chiesero meravigliati ad un sacerdote<br />
come mai fossero esposte e questo rispose “essere arredi della Madonna;<br />
se alcuno le voleva si provasse un poco a staccarle…che la Vergine custodirebbe<br />
da sé la roba sua”. I soldati sgomberarono la città di lì a poco e<br />
“le lampade e le gioie, per bella providenza, rimaser dov’erano nel santuario<br />
“. Tanti furono gli avvenimenti,quindi, e non solo di natura bellica,<br />
legati all’esperienza della Repubblica Romana. I luoghi dello scontro militare<br />
più duro, tra il Cimitero e quella che è conosciuta come Cantina Sperimentale,<br />
sono stati visitati dal prof. Maola e da alcuni dei suoi alunni, studenti dell’Istituto<br />
“C.Battisti” di <strong>Velletri</strong>. Lo scopo della ricognizione è stato fotografare : vigne,<br />
oliveti, il colle dei Cappuccini, la parte absidale della Cattedrale per produrre<br />
un elaborato multimediale che attestasse i cambiamenti avvenuti nel<br />
tempo nei luoghi della battaglia medesima. Con tale lavoro gli studenti hanno<br />
partecipato ad un concorso bandito dalla Provincia di Roma “I nostri<br />
primi 150 anni”. Quest’esperienza di incontro tra generazioni svoltasi nella<br />
sala Micara è stata quindi bella e produttiva perché ha permesso agli<br />
anziani di ricordare e ai giovani di conoscere per non dimenticare.<br />
Al momento di andare in stampa apprendiamo che il prof. Maola ed i suoi<br />
studenti sono risultati tra i vincitori del concorso bandito dalla Provincia di<br />
Roma e quindi saranno a Torino a fine marzo in viaggio premio.<br />
Congratulazioni vivissime !<br />
con Garibaldi in Sicilia o con la I Guerra Mondiale<br />
(da alcuni considerata IV Guerra d’Indipendenza).<br />
Fatta l’Italia, bisognava dunque fare gli Italiani,<br />
secondo la famosa frase attribuita a Massimo<br />
D’Azeglio, ma probabilmente a lui successiva,<br />
e come recita anche la seconda strofa<br />
– che non si canta mai – dell’Inno di Mameli.<br />
Ma se per fare l’Italia sono bastati 50 anni,<br />
per fare gli Italiani non ne sono bastati 150<br />
– come dimostra l’attualità che viviamo –<br />
e probabilmente non ne basteranno altrettanti.Se<br />
solo prendessimo coscienza di questa realtà,<br />
interpellando criticamente la Storia (con<br />
la S maiuscola), e se ci impegnassimo<br />
a modificarla ognuno per quanto<br />
gli è possibile, allora l’anniversario<br />
che festeggiamo non<br />
sarà venuto invano, perché<br />
eviterà il rischio dell’esercitazione<br />
retorica per<br />
diventare un’occasione<br />
di crescita<br />
comune.