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Scultori in <strong>Toscana</strong><br />
Simone Biliotti<br />
La dormiente, 2014, portoro, marmo nero<br />
Può succedere che sia un’opera d’arte a ridestarla,<br />
in virtù di quel privilegio che a pochi artisti<br />
è concesso: parlare il linguaggio della natura.<br />
Le sculture di Simone Biliotti evocano<br />
memorie di spiagge, concrezioni di rocce, materia<br />
terrestre lambita dall’acqua, attraversata<br />
dal vento: sono permeate da energie originarie,<br />
da un’intrinseca naturalità che affiora<br />
spontaneamente dalla forma, come a schiudere<br />
un segreto insito nel cuore millenario della<br />
materia. I loro volumi pieni e avvolgenti, brevemente<br />
interrotti dalla linearità dei tagli che<br />
ne determinano lo sviluppo plastico, esaltano<br />
l’assolutezza della forma, dandola come oggetto<br />
di pura contemplazione, anche quando<br />
la presenza di un riferimento figurale - La dormiente<br />
- sembra specificarne il senso. Il carattere<br />
biomorfico delle sue sculture è un invito a<br />
lavorare d’immaginazione, come facciamo<br />
quando nelle formazioni rocciose delle montagne<br />
abbiamo l’impressione di riconoscere il<br />
muso di un animale o il profilo di un uomo. Allo<br />
stesso modo nelle opere di Biliotti possiamo<br />
intravedere un paesaggio, un volto umano, un<br />
corpo femminile, il germoglio di un fiore e altre<br />
favolose configurazioni che nascono per successivi<br />
trapassi d’emozione. Essendo ottenute<br />
per via di levare, e quindi in sintonia con un’i-<br />
Lo scultore Biliotti al lavoro<br />
dea della materia come qualcosa che in se<br />
stessa tutto racchiude e convoglia, queste<br />
sculture liberano la forma da ogni vincolo imitativo<br />
per farla emergere quale presenza viva<br />
nel blocco materico. Ed è il superamento della<br />
connotazione narrativa del linguaggio plastico<br />
l’elemento da cui si evince una sensibilità tesa<br />
al recupero dei valori primari della scultura che<br />
si specificano sul piano dell’essenzialità e della<br />
purezza formale.<br />
Daniela Pronestì<br />
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