in simile periodo dell’anno (es. successione di colture autunno-vernine o estive); 3) buona rotazione tracolture primaverili-estive ed autunno-vernine; 4) buona alternanza di colture primaverili-estive ed autunno-vernine,tra graminacee e dicotiledoni; non ripetuta presenza negli anni di colture con lo stessociclo; 5) forte incidenza del prato o di colture sfalciate; buona alternanza di colture primaverili-estive edautunno-vernine, sia graminacee che dicotiledoni (Reus et al., 2002).A causa <strong>della</strong> notevole diffusione del ricorso a trattamenti di pre-emergenza nella gestione delle infestantidelle colture primaverili-estive, si è voluto inoltre produrre una stima <strong>della</strong> frequenza con cui il trattamentodi diserbo eseguito in tale epoca può risultare sufficientemente efficace. A questo scopo si è consideratoche i diserbanti applicati in pre-emergenza richiedono, per poter esplicare al meglio la loro azione suisemi in germinazione, di distribuirsi nello strato più superficiale di terreno (spesso alcuni millimetri).Questo fenomeno, definito genericamente con il termine “attivazione”, può verificarsi grazie all’elevatocontenuto idrico del suolo al momento del trattamento oppure, più frequentemente, grazie a piogge successiveal trattamento stesso. Per stimare la frequenza con cui si verificano le condizioni sufficienti affinchési realizzi una buona attivazione, sono stati considerati, per ogni itinerario tecnico, i valori giornalieridi precipitazione di un cinquantennio. Da questi dati è stata calcolata, per ogni settimana in cui sono eseguitila semina ed il diserbo di pre-emergenza, la probabilità che nei 20 giorni successivi cadano complessivamentealmeno 10 mm di pioggia, una quantità ritenuta sufficiente per l’attivazione. Taleprobabilità costituisce un indicatore di adeguatezza del diserbo di pre-emergenza.2.8 Definizione di scenari alternativiGli scenari alternativi di gestione aziendale sono stati definiti con due approcci. In generale, il primo scenarioè stato definito per tutte le aziende e gli areali migliorando le dosi e le epoche di utilizzo dei fertilizzantiminerali e dei reflui zootecnici disponibili in azienda. Per alcune realtà, infatti, come si può osservarenelle schede successive, si è riscontrato che l’utilizzo dell’azoto non rispondeva sempre ai criteri di buona praticaagronomica. In questi casi, quindi, si è agito essenzialmente: i) riducendo le dosi di azoto mineraleusato in copertura su mais nelle aziende zootecniche, quando questo risultava in eccesso; ii) privilegiandole applicazioni primaverili di liquami rispetto a quelle autunnali; iii) assicurando comunque il reimpiego ditutti i reflui zootecnici prodotti in azienda; iv) ridistribuendo le dosi di azoto da reflui zootecnici fra le diversecolture in linea con le necessità colturali. Nel far questo si è cercato anche di distribuire i reflui sull’eventualesuperficie destinata al prato di erba medica che generalmente, ad eccezione dell’anno di impianto,non riceve mai reflui zootecnici e che, invece, in aziende ad alto carico zootecnico può ricevere liquami.Il secondo scenario, invece, è stato definito modificando il riparto colturale e gli avvicendamenti praticatiin azienda, con l’obiettivo di introdurre nuove colture adeguate alla riduzione delle perdite di azoto.In particolare, sono stati valutati questi interventi: i) aumento <strong>della</strong> superficie coltivata con colture a cicloautunno-vernino, poiché è in tale periodo che sono più facili gli episodi di lisciviazione, grazie al bilancioidrico che favorisce le perdite per percolazione profonda; ii) introduzione dell’erba medica per assicurareuna maggiore asportazione di azoto (elevata anche se la coltura è concimata e l’azotofissazioneinibita di conseguenza); iii) introduzione di colture a destinazione bioenergetica, dato l’interesse in terminieconomici. Non sempre questi interventi sono stati effettivamente simulati, perché in alcuni casi lecondizioni locali non consentivano la praticabilità di una delle possibilità (es. la coltivazione dell’erbamedica è stata esclusa in terreni subacidi).In tutti i casi, si è prestata attenzione a definire scenari in cui, per le aziende con allevamento, non fosserointrodotte variazioni né nella consistenza <strong>della</strong> stalla né nella spesa necessaria all’acquisto di alimentidall’esterno. In questo modo ci si è potuti concentrare sull’ottimizzazione del sistema colturale, lasciandoinalterata la gestione del sistema di allevamento. Più in generale, gli scenari alternativi sono stati definitipuntando a lasciare inalterato l’ordinamento produttivo dell’azienda.24
2.9 Presentazione dei risultatiTutti i procedimenti di calcolo hanno fornito risultati al livello di itinerario tecnico. Questa è, infatti,l’unità logica alla quale possono fare riferimento tutti gli strumenti utilizzati: bilancio colturale dell’azoto,bilanci energetici, giudizio agronomico sulla gestione delle infestanti, indicatori eco-tossicologici relativiall’uso dei diserbanti, costi e ricavi. Successivamente i risultati sono stati aggregati per UPA. Ciò è statoottenuto sommando gli indicatori relativi alle colture presenti (una o due, nel caso di doppia coltura). Infine,calcolando una media pesata in base alla superficie dell’UPA, gli indicatori sono stati aggregati a livellodi scenario aziendale. Per brevità, questa è la forma prescelta per la presentazione sintetica in questeschede, anche se, per chiarezza, nel testo alcuni risultati sono forniti anche a scala di itinerario tecnico odi UPA, quando necessario.I risultati del modello sono invece presentati con grafici che riportano la probabilità di superamento diuna certa lisciviazione dell’azoto. Questo è consentito dal fatto che si dispone di risultati di simulazionerelativi ad un poliennio.2.10 DiscussioneL’insieme delle metodologie proposte è parso idoneo ad identificare a diverse scale sia il potenziale di rischiosirilasci di azoto da parte degli agroecosistemi più rappresentativi in diverse tipologie pedoclimatichee gestionali <strong>della</strong> pianura lombarda, sia i possibili miglioramenti degli stessi in termini di sostenibilità,anche economica, e di ecocompatibilità. E’ tuttavia necessario evidenziarne alcuni possibili limiti, in particolarerelativi alla qualità dei dati: risulta infatti caratterizzata da ampia incertezza la composizione dellerazioni, l’entità delle produzioni foraggere (talvolta, quelle dichiarate sono risultate inconsistenti rispettoalle razioni), i volumi di adacquamento, e il dimensionamento delle macchine operatrici e delle trattrici.Va ancora considerato che, oltre alla difficoltà di valutazione a scala aziendale, questi dati sono anche soggettiad ampia variabilità tra azienda e azienda. Un dettaglio relativo alle incertezze riguarda il bilancio dell’azotoa scala colturale; si ritiene infatti che la valutazione <strong>della</strong> quota di azotofissazione possa non esserestata sempre corretta. In particolare, per i prati in cui il bilancio è risultato negativo (deficit), una conoscenzapiù approfondita <strong>della</strong> composizione percentuale delle specie prative (leguminose e graminacee)avrebbe permesso di definire un’eventuale quota di azotofissazione che, una volta contabilizzata, avrebbeforse portato ad un risultato di bilancio più coerente e realistico (prossimo a zero o positivo).Occorre ancora considerare la differenza tra le attività pianificate e le attività reali. Nel lavoro svolto, si èadottato un comportamento medio che corrisponde a quello pianificato, ma nella realtà aziendale si rendononecessari, in funzione di eventi e di necessità specifiche, adattamenti puntuali, che possono non esserecompensati considerando solo il comportamento medio.Per quanto concerne la gestione dei dati all’interno del gruppo di lavoro, un aspetto da non sottovalutareè rappresentato dalle differenti scale adottate per le elaborazioni basate sugli indicatori e sul modello dimeccanizzazione rispetto a quelle basate sul modello di simulazione agronomico. La difficoltà è quella didescrivere adeguatamente il riparto colturale medio a scala di itinerario tecnico (“fotografia aziendale”) infunzione di una rotazione media nel tempo per ciascuna UPA.L’approccio adottato appare tuttavia caratterizzato da maggior completezza di altri metodi precedentementeutilizzati, riuscendo a fornire una valutazione integrata di sostenibilità a livello aziendale e territoriale,affrontando non solo l’aspetto delle fertilizzazioni, ma la gestione dell’intero “sistema aziendaagricola” anche in termini di bilancio energetico, ecologico ed economico, oltre che agronomico.25