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Scarica l'Allegato - Associazione Italiana Sommelier

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▲ Salvatore Li Petri, direttore generale della Cooperativa<br />

Settesoli<br />

mondo cooperativo siciliano» conclude Li Petri. Con un<br />

occhio sempre rivolto al mercato, il direttore generale<br />

della Settesoli ammette di non essersi mai fatto prendere<br />

dalla “moda dell’autoctono”, perché convinto dell’importanza<br />

dei vini internazionali quali ambasciatori<br />

dell’azienda in terra straniera. La cooperativa esporta,<br />

infatti, il 60 per cento del vino prodotto, mentre il<br />

restante 40 per cento è suddiviso in parti uguali tra la<br />

Sicilia e il resto d’Italia. Risulta perciò chiaro perché<br />

l’azienda utilizzi poco la Doc. Una scelta difficile ma<br />

meditata perché «oggi tutti i nostri vini potrebbero rivendicare<br />

la Doc Menfi, ma sia per il mercato italiano che<br />

per quello estero, Menfi non è direttamente riconducibile<br />

alla Sicilia, perciò preferiamo utilizzare la dicitura<br />

Igt Sicilia» spiega Li Petri. Al momento la cooperativa<br />

sta valutando l’utilizzo della dicitura Menfi Doc<br />

all’interno del marchio Settesoli.<br />

Ancora una volta accade che<br />

un’azienda faccia da traino per<br />

comunicare il territorio.<br />

Negli ultimi dieci anni sono stati<br />

investiti oltre 20 milioni di euro<br />

per ammodernare le tre cantine<br />

di vinificazione, mentre un unico<br />

centro di imbottigliamento altamente<br />

automatizzato permette di<br />

confezionare i 25 milioni di bottiglie<br />

prodotte all’anno. A fronte<br />

di tale produzione è fondamentale avere più linee che<br />

possano diversificare l’offerta. Se MandraRossa rappresenta<br />

la selezione delle uve migliori destinate ad<br />

enoteche e ristoranti, Settesoli è pensato per il mercato<br />

italiano, mentre Inycon prende la strada del mercato<br />

estero. Eccetto MandraRossa, i restanti marchi sono<br />

distribuiti anche nella grande distribuzione, scelta quasi<br />

obbligata per garantire una capacità di penetrazione<br />

di quote di mercato sempre maggiori e contemporaneamente<br />

riuscire a distribuire tutto il vino vendemmiato.<br />

Un giusto equilibrio fra quantità e qualità rimane<br />

quindi la grande sfida che la cooperativa deve affrontare<br />

ogni anno.<br />

▲ Vigneti a Melfi<br />

Oggi in azienda lavorano duecento persone ma l’indotto<br />

che gravita intorno alla struttura è ben più ampio,<br />

se si pensa che circa il 70 per cento delle famiglie che<br />

vivono in zona traggono reddito dalla sua presenza. In<br />

una regione che da sempre soffre di un’endemica mancanza<br />

di lavoro, con un tasso di disoccupazione che è<br />

fra i più alti d’Italia, la Settesoli è l’esempio che la<br />

cooperazione può ancora fare la differenza.<br />

Salvatore Li Petri sottolinea l’importanza di una gestione<br />

meno “assistenziale” e più attenta al mercato, quando<br />

afferma: «In Sicilia il 75 per cento della produzione<br />

vitivinicola è ancora in mano alla cooperazione e oggi<br />

rappresenta un handicap perché commercializzando<br />

per lo più vino sfuso, non riusciranno a garantire ancora<br />

a lungo un futuro ai loro soci, che inevitabilmente<br />

dovranno confrontarsi con un mercato estero che vende<br />

a prezzi sempre più competitivi». Il<br />

direttore della Settesoli individua nel<br />

carattere dei siciliani “spesso autoreferenziali<br />

e poco inclini al confronto”<br />

le cause di una crescita non ancora<br />

compiuta.<br />

«Paradossalmente» continua Li Petri,<br />

«sono state le piccole aziende famigliari<br />

come Planeta, Donna Fugata e<br />

poche altre a dare nuovo appeal al<br />

vino siciliano». In effetti per molti<br />

anni la Sicilia è stata la più grande<br />

produttrice ed esportatrice di vino da taglio e solo a<br />

partire dalla fine degli anni Ottanta è iniziato un processo<br />

di rinascita vitivinicola che ha visto diminuire<br />

la produzione, mentre un terzo del suo vigneto veniva<br />

riconvertito con vini di qualità, dando vita a una rivoluzione<br />

culturale tanto inaspettata quanto redditizia.<br />

Gestire al meglio questo patrimonio è una sfida impegnativa<br />

ma con ottime potenzialità, come osserva Li<br />

Petri: «Se guardo al futuro vedo ottime possibilità di<br />

crescita ma soprattutto vorrei incrementare la produzione<br />

di vino in bottiglia perché è quello che dà più<br />

margine. L’auspicio è di realizzarlo nei prossimi sette,<br />

otto anni».<br />

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