TOGETHERdi Pier Luigi del ViscovoSIAMO SOLO NOIIn questi mesi la societàitaliana si è rivelata fragile,isolata e eterodiretta. Nelpicco della crisi 2008-2009avevamo dimostrato una tenutasuperiore a tutti gli altri,guadagnandoci una good reputationinternazionale. Maora siamo fragili a causa diuna crisi che viene dal non governodella finanza globalizzatae che si esprime sul pianointerno con un sentimento distanchezza collettiva e diinerte fatalismo rispetto alproblema del debito pubblico.Siamo isolati, perché restiamofuori dai grandi processi internazionali(rispetto all’Unioneeuropea, alle alleanze occidentali,ai mutamenti in corsonel vicino Nord Africa, ai rampantifree rider dell’economiamondiale). E siamo eterodiretti,vista la propensione degliuffici europei a dettarcil’agenda. I nostri antichi puntidi forza (la capacità di adattamentoe i processi spontaneidi autoregolazione nel welfare,nei consumi, nelle strategied’impresa) non riesconopiù a funzionare.Il 45° Rapporto sulla Società Italiana del Censis fotografa un paesefragile e sfilacciato, ma individua anche le risorse, in suo possesso,da attivare per poter uscire dalla crisiEra prevedibile che la verticalizzazionee la personalizzazionedel potere coltivate negliultimi vent’anni avrebbero impoveritonel tempo la nostraforza di governo.Si è così creato un deficit politicoche ha favorito una logicadi polarizzazione decisionale:in basso vince il primatodel mercato, in alto il primatodegli organismi apicali del poterefinanziario.«Ognuno per sé e Francoforteper tutti» sembra il messaggiocorrente, per De Rita. «Ma unasocietà complessa come lanostra non può vivere e crescererelegando milioni di personea essere una moltitudineegoista affidata a un mercatoturbolento e sregolato, e affidandola tenuta dell’ordineminimale a vertici e circuiti finanziariristretti e non sempretrasparenti».Oggi la dialettica politica sembraprigioniera del primato,anche lessicale, della regolazionefinanziaria di vertice,che però può esprimere solouna dimensione di controllo,non di evoluzione e crescita.È illusorio pensare che i poterifinanziari disegnino sviluppo.«Perché lo sviluppo si fa conenergie, mobilitazioni, convergenzecollettive, quindi soltantose si è in grado di faregoverno politico della realtà».Per uscire dalla crisi, coltivarela lunga durata della nostralinea evolutiva.Il solido «scheletro contadino»,metafora della nostra culturadi continuo adattamento, restail riferimento della nostra evoluzionesociale. Siamo ancorauna realtà in cui vige il primatodell’economia reale, nonostantel’attuale trionfo dell’economiafinanziaria. La nostra crescitadell’ultimo mezzo secoloè stata il frutto di processi disviluppo della soggettività individuale(iniziativa imprenditorialedi piccola e media dimensione,vitalità delle diverserealtà territoriali, coesione sociale,forza economica e finanziariadelle famiglie, diffusapatrimonializzazione immobiliare,radicamento sul territoriodel sistema bancario, responsabilecopertura pubblica eprivata dei bisogni sociali):fattori ancora essenziali persuperare la congiuntura negativae il declinismo. «Potremosuperare la crisi attualese, accanto all’impegno di difesadei nostri interessi internazionali,sapremo mettere incampo la nostra vitalità, rispettarnee valorizzarne le radici,capirne le ulteriori direzionidi marcia».Una forte articolazione socioeconomicainterna.«La vitalità è sempre tesa almolteplice e la lunga duratasi associa progressivamenteai processi di articolazione».Così, alla crisi non ha corrispostouna reazione omogenea,60 CARFLEET 45 | APRILE 2012
TOGETHERma una risposta articolata edifferenziata. Ci sono le «minoranzeattive» che restanofedeli alla sfida imprenditoriale,ma non riescono a trainare ilresto della società; i «borghigiani»,che hanno scelto diperseguire una più alta qualitàdella vita; il «ceto medio», impauritodalla prospettiva diuscire dalla fascia intermediadella composizione sociale; laparte marginale della società,resa ancora più fragile dallacrisi. Nel prossimo futuro potrebberoessere incubati germidi tensione sociale e di conflittoa causa dell’aumento delle diseguaglianzee dei processiche creano emarginazione.QUEL CHE RESTA DEL MODELLO ITALIANOIdentità plurime e interessi: gli italiani in recupero di serietà. In tempi difficili come quelliattuali, c’è una responsabilità collettiva pronta a entrare in gioco che, come spesso è accadutonei passaggi chiave della storia nazionale, può essere decisiva nel fronteggiare le difficoltà. Il57,3% degli italiani è disponibile a sacrificare il proprio tornaconto personale per l’interessegenerale del Paese (anche se, di questi, il 45,7% limita la propria disponibilità ai soli casieccezionali).Cosa dovrebbe essere messo subito al centro dell’attenzione collettiva per costruire un’Italiapiù forte? Per più del 50% la riduzione delle diseguaglianze economiche. Moralità e onestà(56%) e rispetto per gli altri (54%) sono i valori guida indicati dalla maggioranza degli italiani.Emerge la stanchezza per le tante furbizie e violazioni delle regole. L’81% condanna l’evasionefiscale: per il 43% è moralmente inaccettabile (le tasse vanno pagate tutte e per intero), per il38% chi non le paga arreca un danno ai cittadini onesti.L’erosione del modello di sviluppo fondato sulla famiglia. È vero che all’82% di famiglieitaliane proprietarie della loro abitazione corrispondono percentuali molto più basse negli altriPaesi europei: nel Regno Unito si raggiunge il 70% circa, quasi il 60% in Francia e il 45% inGermania. L’attivo finanziario delle famiglie, al netto dei debiti, ammonta al 175% del Pil, ma invalore assoluto c’è stata una erosione significativa di questo patrimonio, dai 3.042 miliardi dieuro del 2006 a 2.722 miliardi: -11%, ma in valori reali -16%.La rivincita della razionalità sull’emozione. Da una ricerca del Censis sulla popolazione conpiù di 50 anni emergono le basi profonde dell’identità: al primo posto l’esperienza del singolo(45%), seguita dall’eredità culturale familiare (43%) e dal carattere (42%), mentre raccolgonopercentuali irrisorie la classe socio-economica (5%), l’appartenenza religiosa (4%), politica(1%), etnica (0,2%). Dopo anni di emotività confusa, il primato della ragione e dell’esperienza sitraduce anche in un nuovo atteggiamento verso la politica. Gli eccessi del passato danno menopresa all’adesione per simpatia, fascinazione e carisma. Si chiede una classe dirigente dispecchiata onestà sia in pubblico che in privato (59%), che i leader siano preparati (43%),illuminati da saggezza e consapevolezza (43%).Lo sviluppo delle relazioni.Il disinnesco delle tensioni passaattraverso l’arricchimentodei rapporti sociali. La lungadurata porta infatti alla differenziazionedei soggetti e deiloro comportamenti, ma la societàè fatta di relazioni frasoggetti. È nel binomio «piùarticolazione, più relazione»che la società italiana può riprendererespiro. Lo si vedenella ricerca di nuovi formatrelazionali: l’esplosione deitanti social network, la diffusionedi aggregazioni spirituali,la crescita di forme amicali collettive(le crociere, le movide,le sagre), lo sviluppo di aggregazionicapaci di supplire allecarenze del welfare pubblico(asili nido, mense scolastiche,esperienze mutualistiche), lapartecipazione comunitaria alivello di quartiere urbano o diarea agricola, i borghi risistematie le medie città di anticoprestigio, la tenuta di tutti isoggetti intermedi portatori diinteressi o di istanze civili.LE CAUSE DEL RISTAGNO ECONOMICOIl deficit di classi dirigenti. Nel nostro Paese i vertici decisionali si sono ridotti di oltre 100.000unità tra il 2007 e il 2010. In più, le donne sono poche, l’età media è elevata e solo un terzo èlaureato: a conferma che il fenomeno è dovuto non solo ai comportamenti dei vertici piùelevati, ma anche alla sterilità dello strato sociale che dovrebbe esprimere il ricambio.La parabola declinante della produttività. Mentre nell’ultimo decennio gli occupati sono aumentatidel 7,5%, il Pil è cresciuto in termini reali solo del 4%. Si è ridotta la nostra capacità digenerare valore. La produttività oraria è andata progressivamente calando. Nel 2000, fatto 100il livello di produttività medio europeo, l’Italia presentava un valore pari a 117, sceso nel 2010a 101. Tale dinamica è stata condizionata dalla qualità della crescita occupazionale degli ultimianni, con un aumento dei lavori a bassa o nulla qualificazione a scapito di quelli più qualificati.Segnali di deterioramento nei servizi. I cittadini e le imprese si trovano a fare i conti con un sistemadei servizi che mostra evidenti segnali di criticità. Il trasporto pubblico locale soffrivagià di una grave inadeguatezza dell’offerta. Tra il 2007 e il 2010 i passeggeri trasportati daibus urbani sono aumentati del 2%, mentre i posti/km offerti sono diminuiti del 3%; nelleferrovie regionali e metropolitane +10% di passeggeri e -1% di posti. Ma nel 2011 il trasportopubblico ha subito mancati trasferimenti in attuazione dell’accordo Stato-Regioni, con questeultime costrette ad aumentare le tariffe e a ridurre i servizi.Un’Italia in sospensione, ma di fronte all’emergenza c’è una responsabilità collettiva prontaa entrare in gioco.La difesa e valorizzazione dellarappresentanza.Un sistema che vive nel quotidianosvolgersi dell’articolazionee delle relazioni esprimeil bisogno di sedi e meccanismidi rappresentanza, dove le partipossono contribuire ai processidecisionali ai vari livelli.«Il vuoto lasciato nella fasciaintermedia della società dallapolarizzazione fra il mercato(e il soggettivismo etico cheesso produce) e la verticalizzazionefinanziaria (e i suoispazi astrali, ma non trasparenti)può essere riempito soltantodalla rappresentanza».Senza il funzionamento dellarappresentanza, sociale e politica,la società sarebbe privadi vitalità dialettica e dinamicasociale, oltre che di un indispensabiletessuto socio-politicointermedio.CARFLEET 45 | APRILE 201261