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Parte I - Confederazione dell'Oratorio di San Filippo Neri

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150 ANNALES ORATORIIil senso è: “Su venti giorni, uno soltanto, per una fugace apparizione del sole,è valso a confortarmi”; il v. 26 ricalca RVF 220, 4: et <strong>di</strong>è lor polso e lena.29. Atre e feconde: oscure ed abbondanti. 30-32. Ch’al rigracchiar… sidole: il senso <strong>di</strong> questi versi è <strong>di</strong>fficilmente interpretabile; l’unica parafrasi,peraltro molto faticosa, che se ne può ricavare sembra la seguente: ‘il soleche, mentre i corvi, che hanno appena avuto nuova prole, gracchiano affamati,è restio (si dole) a sovvenire alle necessità “altrui”’; la strofa successivalamenta infatti la mancata crescita degli steli a causa del maltempo, percui gli augei piangono invano. 32. Altrui si dole: la clausola potrebbe essere<strong>di</strong> matrice petrarchesca: cfr. RVF 105, 57, Là dove più mi dolse altri si dole,e RVF 141, 4: onde aven ch’ella more, altri si dole. 41. Tenermi a segno:‘controllarmi’, ‘governarmi’. 42. Ond’io m’a<strong>di</strong>ro e sdegno: cfr. RVF 292, 9:et io pur vivo, ond’io mi doglio e sdegno. 43-44. Borea, e l’Austro / richiu<strong>di</strong>:Borea e Austro sono, rispettivamente, il vento del Nord e del Sud; contrariamentea quanto accade solitamente in poesia, qui l’Austro non è enumeratocon gli altri venti a raffigurare la piena della tempesta, ma si contrapponecome vento ‘buono’ (ma incapace <strong>di</strong> giovare nella presente circostanza,perché rinchiuso entr’al suo claustro), o quantomeno caldo, ai rigoridell’inverno. 45. Trebbio: letteralmente significa ‘incrocio’, ‘bivio’, qui evidentementeemblema <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà ed incertezza. 47. Fieri lupi: il sintagma èquasi formulare, doppiamente consacrato da Par IV 5: <strong>di</strong> fieri lupi, igualmentetemendo, e RVF 27, 10: ch’abbatte i fieri lupi. 51. Che sol <strong>di</strong> tal memoriami sgomento: RVF 323, 48: Et sol de la memoria mi sgomento. 60. Lavariante scartata, perché sì cruda / ti mostri, ond’io m’estruda? non è <strong>di</strong> facileinterpretazione; il <strong>di</strong>susato verbo ‘estrudere’, che significa ‘cacciar via,spingere fuori’ è qui usato riflessivamente, e nel contesto sembrerebbe avereun significato analogo a ‘struggersi’. 61. Che fai, rio <strong>di</strong> dolcezza: il versopuò essere letto in un’altra accezione, mo<strong>di</strong>ficando la punteggiatura: il cheavrebbe valore consecutivo e <strong>di</strong>penderebbe da cotanto dei versi precedenti:“ti mostri a me tanto crudele… che ren<strong>di</strong> amara (rio, sostantivato) la dolcezza”;oppure il che potrebbe essere interpretato come ‘perché’: “perchéren<strong>di</strong> amara la dolcezza?”. La scelta a testo sembra però rispettare maggiormentela struttura della strofa e l’anafora con il verso successivo, in cui il cheha indubbiamente valore pronominale: allora rio non può più essere un complementooggetto <strong>di</strong> fai, e sarà da intendere come un epiteto mariano, ‘rio <strong>di</strong>dolcezza’: la formulazione può essere accostata a Tasso, Rime, 1356, 5: dacui <strong>di</strong>scende rio d’alta dolcezza. 74-75. Vacar ciò… <strong>di</strong> leggiero: “Non ritengosuperficialmente che questi avvenimenti siano privi <strong>di</strong> un misterioso si-

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