Teorema 3.1. Siano p ∈ C 1 ([0,1]), q e f ∈ C([0,1]) ed esista una costante δ > 0 tale chep(x) ≥ δ e, inoltre, q(x) ≥ 0 <strong>per</strong> x ∈ [0,1]. La funzione y ∈ C0 2 ([0,1]) è l’unica soluzionedell’equazione <strong>di</strong>fferenziale− d (p(x) dy )+ q(x)y = f(x), 0 < x < 1, (3.2)dx dxcon con<strong>di</strong>zioni al bordoy(0) = y(1) = 0, (3.3)se e solo se è l’unica funzione in C0 2 ([0,1]) che minimizza l’integraleI[u] =∫ 10o, equivalentemente, che sod<strong>di</strong>sfa l’equazione variazionale∫ 10dove u ∈ C 1 ([0,1]) con u(0) = u(1) = 0.{}p(x)[u ′ (x)] 2 + q(x)[u(x)] 2 − 2f(x)u(x) dx. (3.4){}p(x)y ′ (x)u ′ (x) + q(x)y(x)u(x) dx =∫ 10f(x)u(x)dx, (3.5)L’integrale I[u] rappresenta l’energia del sistema, quin<strong>di</strong> la soluzione y è quella che minimizzal’energia; la forma variazionale (3.5) invece è il principio dei lavori virtuali.Quando la soluzione y è sufficientemente regolare, allora le tre formulazioni del problemasono equivalenti e si può scegliere quella che si ritiene più conveniente dal punto <strong>di</strong> vistanumerico. Poichè la regolarità della soluzione <strong>di</strong>pende dal dato f, è sufficiente che f siacontinua <strong>per</strong>ché y ∈ C 2 ([0,1]).D’altra parte, la formulazione variazionale, sia in termini <strong>di</strong> energia che attraverso il principiodei lavori virtuali, ha senso anche quando il dato f è meno regolare (<strong>per</strong> esempio, costantea tratti oppure concentrato in alcuni punti): in questi casi il problema fisico viene formulato<strong>di</strong>rettamente nella forma variazionale, mentre la forma <strong>di</strong>fferenziale <strong>per</strong>de <strong>di</strong> significato. Osserviamoche le formulazioni variazionali (3.4) e (3.5) sono definite sotto ipotesi meno restrittivesulla y, infatti è sufficiente che y ∈ C 0 ([0,1]) e y ′ sia continua a tratti <strong>per</strong>chè gli integrali abbianosenso.La soluzione del problema <strong>di</strong>fferenziale (3.1) appartiene allo spazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione infinitaC 2 0 ([0,1]). Nel metodo degli elementi finiti si approssima la soluzione in uno spazio V N <strong>di</strong> <strong>di</strong>mesionefinita N. Se le funzioni {ψ 1 ,ψ 2 ,... ,ψ N } formano una base in V N , l’approssimazione y N<strong>di</strong> V N può essere scritta nella formay N (x) = γ 1 ψ 1 (x) + γ 2 ψ 2 (x) + · · · γ N ψ N (x).Le funzioni ψ j , j = 1,2,... ,N, sono chiamate funzioni prova (trial functions), e sono usualmentefamiglie <strong>di</strong> polinomi ortogonali (Chebyshev, Legendre, Lagrange), funzioni splines oppurefunzioni trigonometriche. I parametri γ j , j = 1,2,... ,N, detti gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> libertà , sono le incognitedel problema.I coefficienti incogniti γ j , j = 1,2,... ,N, vengono determinati imponendo che y N sod<strong>di</strong>sfi ilprincipio del minimo dell’energia (metodo <strong>di</strong> Rayleigh-Ritz) oppure il principio dei lavori virtuali(metodo <strong>di</strong> Galerkin).14
3.1 Metodo <strong>di</strong> Rayleigh-RitzNel metodo <strong>di</strong> Rayleigh-Ritz le incognite γ j , j = 1,... ,N, vengono determinate minimizzandol’integrale (3.4) non su tutte le funzioni u ∈ C0 2 ([0,1]), ma sull’insieme più piccolo <strong>di</strong> funzioni cheappartengono allo spazio V N . In altre parole, l’approssimazione [ y N (x) <strong>di</strong> y si ottiene trovando∑Nj=1 ]i valori <strong>di</strong> γ j , j = 1,... ,N, che minimizzano l’integrale I γ j ψ j .Dall’equazione (3.4) si ha⎡ ⎤N∑I[y N ] = I ⎣ γ j ψ j⎦ ==j=1 ⎧∫ 10⎡⎪⎨⎪⎩ p(x) ⎣⎤2⎡ ⎤2⎡ ⎤⎫N∑N∑N∑⎪⎬γ j ψ j ′(x) ⎦ + q(x) ⎣ γ j ψ j (x) ⎦ − 2f(x) ⎣ γ j ψ j (x) ⎦j=1j=1j=1⎪⎭ dx.Affinché I, come funzione <strong>di</strong> γ 1 ,... ,γ N , abbia un minimo deve essere∂I∂γ k= 0,k = 1,2,... ,N,quin<strong>di</strong>∂I∂γ k=⎧∫ 1 ⎨0⎫N⎩ 2p(x) ∑N γ j ψ j ′(x)ψ′ k (x) + 2q(x) ∑⎬γ j ψ j (x)ψ k (x) − 2f(x)ψ k (x) dx = 0,⎭j=1j=1k = 1,2,... ,N.Le <strong>equazioni</strong> precedenti formano un sistema lineare <strong>di</strong> N <strong>equazioni</strong> nelle N incognite Γ =[γ 1 ,...,γ N ] T . La matrice dei coefficienti A, chiamata matrice <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>tà (stiffness matrix), èsimmetrica e ha elementia jk =∫ 10{}p(x)ψ j(x)ψ ′ k(x) ′ + q(x)ψ j (x)ψ k (x) dx; (3.6)il termine noto F, chiamato vettore <strong>di</strong> carico (load vector), ha elementi3.2 Elementi finiti linearif k =∫ 10f(x)ψ k (x)dx. (3.7)Nel metodo degli elementi finiti lineari si sceglie come spazio <strong>di</strong> funzioni approssimanti V N lospazio delle funzioni spline lineari nell’intervallo [0,1] che assumono valore nullo agli estremidell’intervallo.Sia ∆ : 0 = x 0 < x 1 < x 2 < ... < x N < x N+1 = 1 una partizione dell’intervallo [0,1] e siah i = x i − x i−1 , i = 1,2,... ,N + 1, allora V N è lo spazio dei polinomi lineari a tratti in [0,1] conderivata <strong>di</strong>scontinua nei no<strong>di</strong> x i , i = 1,2,... ,N, e che assumono valore 0 in x 0 = 0 e x N+1 = 1.15