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schio viene custodito, per chi può<br />
permetterselo, in una teca (scarabattolo)<br />
di marmo, con la scritta<br />
“Per Grazia Ricevuta”, alla quale<br />
seguono nome, cognome e anno<br />
di adozione del devoto. In caso<br />
contrario si utilizza una semplice<br />
scatola di latta, magari dei biscotti.<br />
Se il teschio è particolarmente<br />
“generoso” viene addirittura<br />
messo in sicurezza, chiudendo la<br />
teca con un lucchetto, ma se le<br />
richieste non sono state esaudite,<br />
lo si abbandona a se stesso e lo si<br />
sostuisce con un altro.<br />
C’è poi l’abitudine di lasciare<br />
messaggi all’interno dei teschi;<br />
per esempio: “Anima bella venitemi<br />
in sogno e fatemi sapere come vi<br />
chiamate. Fatemi la grazia di farmi<br />
uscire la mia serie della cartella nazionale.<br />
Anima bella fatemi questa<br />
grazia, a buon rendere…”<br />
E’ naturale che una simile pratica<br />
non abbia mai goduto delle simpatie<br />
del clero, tanto che in un editto<br />
del 1969 l’allora cardinale Corrado<br />
Ursi vietò ufficialmente questa<br />
pratica definendola ”aberrante e<br />
superstiziosa”. Il cimitero fu chiuso<br />
ed è stato riaperto solo nel 2010.<br />
Percorriamo ora i vari ambienti<br />
del cimitero e le varie personificazioni<br />
delle “capuzzelle”. Nella<br />
navata centrale, subito sulla sinistra,<br />
nel bel mezzo di uno spazio<br />
di grande impatto visivo ed emozionale,<br />
sorge quella che potrebbe<br />
essere definita “l’ossoteca”,<br />
una cappella colma di tibie e femori<br />
al cui centro spunta la figura<br />
di un Cristo risorto.<br />
Proseguendo, in una cavità, sempre<br />
sulla sinistra, ci si imbatte<br />
nell’inquietante simulacro acefalo<br />
del “Monacone”. La statua decapitata<br />
rappresenta San Vincenzo<br />
Ferrer, col tipico abito bianco-nero<br />
domenicano, la cui testa mancante<br />
è stata sostituita, da sconosciuti,<br />
con un teschio, rimosso<br />
durante il periodo di sistemazione<br />
del cimitero.<br />
Nel fondo, si trova forse lo spazio<br />
più noto, detto il “Tribunale”,<br />
per la presenza di tre croci con<br />
una base di teschi. Qui, secondo<br />
quanto si racconta, si riunivano i<br />
vertici della camorra per svolgere<br />
le loro cerimonie, prestare i giuramenti<br />
di sangue ed emettere<br />
condanne a morte.<br />
Proprio la corsia alla destra del<br />
Tribunale ospita uno dei teschi più<br />
famosi di questo cimitero, quello<br />
del Capitano, talmente importante<br />
per il popolo partenopeo che<br />
viene conservato in una teca di<br />
vetro per difenderlo dall’umidità<br />
e dall’incuria dei più curiosi.<br />
La leggenda racconta che questo<br />
teschio fu adottato da una povera<br />
ragazza, che gli rivolse tutte le<br />
sue cure e preghiere, supplicandolo<br />
perché le facesse trovare<br />
marito. La sua richiesta fu esaudita;<br />
giunse il giorno delle nozze<br />
e tra gli ospiti si presentò un<br />
<strong>Orizzonte</strong> <strong>Magazine</strong> • 21