FuoriAsse #18
Officina della cultura
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coni era direttore alla Biennale Teatro di<br />
Venezia: decidemmo di andare, c’era il<br />
meglio della ricerca internazionale, la<br />
crema della crema, il Living Theatre,<br />
Andrei Serban, Eugenio Barba, Grotowski,<br />
Meredith Monk e tanti altri…<br />
Prendemmo da Termini il treno delle<br />
0:40 per Venezia, con i nostri zaini e<br />
sacchi a pelo, non avendo nessuna idea<br />
di dove saremmo andati a dormire.<br />
Nello scompartimento dove ci eravamo<br />
seduti per la notte entrò dopo poco un<br />
altro ragazzo, anche lui andava alla<br />
Biennale: era Giorgio Barberio Corsetti,<br />
parlammo per ore. Aveva appena finito<br />
l’Accademia d’Arte Drammatica, la Silvio<br />
D’Amico. Andava soprattutto per il<br />
Living Theatre, noi soprattutto per Grotowski.<br />
Era simpatico, nonostante il termine<br />
Accademia a noi scavezzacollo<br />
anarcoidi facesse un po’ senso…<br />
A Venezia ci arrangiammo dormendo<br />
dove capitava, allora era tutto più facile,<br />
Giorgio ci fece conoscere una sua amica,<br />
Anna Antonelli, anche lei uscita dall’Accademia,<br />
che ci sistemò alla meno<br />
peggio in una specie di cantina. Andammo<br />
agli incontri a Palazzo Grassi per<br />
ascoltare il maestro polacco. Grotowski<br />
aveva scelto per la sua permanenza al<br />
Festival un’isola nella laguna, San Giacomo<br />
in Palude, dove in una specie di<br />
capannone spartanamente allestito presentava<br />
Apocalypsis cum figuris.<br />
Andammo a vedere quello spettacolo<br />
monstre. Gli attori erano meravigliosi,<br />
l’allestimento nella sua nudità di una<br />
forza enorme. Dopo lo spettacolo, chi<br />
voleva poteva iscriversi a uno dei vari<br />
laboratori condotti da lui direttamente o<br />
dai suoi assistenti, attori, collaboratori.<br />
Così scegliemmo di partecipare a uno<br />
che durò diversi giorni, era la fine di<br />
ottobre, l’inizio di novembre. C’era lui,<br />
Grotowski, con un gruppo di giovani<br />
discepoli. Fu un’esperienza che mi segnò<br />
profondamente, che mi trasmise<br />
un’energia fantastica. Nel frattempo ar-<br />
rivò all’isola, dove eravamo seclusi, la<br />
notizia della morte di Pier Paolo Pasolini,<br />
cioè dell’omicidio, per dirla chiara. Il<br />
gruppo degli italiani si mise inevitabilmente<br />
a parlare di quanto successo, a<br />
fare congetture e ipotesi. Ma tra le poche<br />
regole che ci erano state date c’era<br />
quella del silenzio: parlare il meno possibile,<br />
usare la parola solo quando non<br />
se ne può fare a meno. Un po’ straniti<br />
dalla regola monastica, la accettammo.<br />
Le altre norme erano niente alcolici o<br />
droghe, niente sesso. In effetti le percezioni<br />
si modificano totalmente.<br />
Ma questo è un discorso lungo…<br />
comunque è stato qualcosa che mi è<br />
rimasto e ancora mi rimane.<br />
Due anni dopo Grotowski ci invitò in<br />
Polonia, per un altro laboratorio, in<br />
mezzo a una foresta, in un castello. Da<br />
Wroclav, la città del Teatr Laboratorium,<br />
un furgoncino ci aveva portato ai<br />
margini di un bosco. Ci fecero scendere<br />
e dopo una bella marcia di qualche ora,<br />
in silenzio tra le latifoglie, arrivammo<br />
©Andrea Fiorentino - Archivio privato Marco Solari<br />
FUOR ASSE<br />
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Redazione Diffusa