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FuoriAsse #18

Officina della cultura

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Politiche dello sguardo:<br />

la sapiente visione<br />

di Nando Vitale<br />

©Lucio Schiavon<br />

«Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso<br />

non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati<br />

e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con<br />

passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l’alto, in modo da portare al centro del<br />

campo visivo l’architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete<br />

percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari» (Guy Debord).<br />

Lo sguardo del flâneur definito da<br />

Benjamin segnalò uno stadio avanzato<br />

di riproducibilità tecnica delle metropoli,<br />

fatto di spazi urbani senza aura e<br />

senza memoria, indistinguibili dalle immagini<br />

del video/mondo, spazi di corpi<br />

viventi non sempre pacificati dalla felicità<br />

del consumo. Corpi attratti dalle nuove<br />

fantasmagorie della merce che generarono,<br />

nelle successive politiche dello<br />

sguardo, un essenziale nutrimento per<br />

singolarità resistenziali, non sempre o<br />

non ancora antagoniste. Valéry intuì<br />

l’assenza di un terzo nell’unicità del gesto<br />

di guardarsi negli occhi. Il modo in<br />

cui a volte le rughe disegnano i volti<br />

restituiscono il respiro della sofferenza.<br />

La vicinanza degli occhi di fronte ad altri<br />

occhi, nell’esperienza del viaggio urbano<br />

in un vagone del metrò, avvera l’intuizione<br />

di Paul Valéry secondo cui gli<br />

occhi sono organi che servono a chiedere.<br />

L’esercizio dello sguardo che attraversa<br />

la città oltrepassa lo stupore della<br />

bellezza o la repulsione dei luoghi del<br />

degrado, non riguarda solo il mistero del -<br />

l’arte, ma può accogliere, se esercitato<br />

con sapienza, una miriade di vite vissute.<br />

Il dolore del mondo oggi è alla portata<br />

dei nostri occhi, ma non facciamo altro<br />

che allontanarlo. Non un esercito di<br />

uomini armati pronti a una guerra oscu -<br />

ra, dovrà schierare la nostra politica del -<br />

lo sguardo, ma una moltitudine di sognatori<br />

erranti in grado di compiere il<br />

miracolo di trasformare l’invisibile spettacolo<br />

di una sofferenza remota nella<br />

visibilità della prossimità della tragedia.<br />

FUOR ASSE<br />

79<br />

Riflessi Metropolitani

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