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Anton Giulio Majano. Il regista dei due mondi

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Livorno. Altre volte, invece, si mantenne estremamente aderente alla<br />

storia e alla geografia: la Baviera di Ludwig è più bavarese del vero, al<br />

pari della Sicilia della Terra trema.<br />

<strong>Majano</strong> invece tende a non intaccare la toponomastica del romanzo, ma<br />

ne deforma il contesto culturale. Pur conoscendo a fondo la materia che<br />

tratta, non resiste a imporre la sua visione, e inevitabilmente tende a<br />

ricondurre le vicende all’Italia, a conferire una certa familiarità, a tradurre<br />

in un lessico locale (sempre aulico, mai dialettale) molte delle vicende, che<br />

siano tragedie americane o inglesi, vestendole con la sensibilità nostrana.<br />

Come scrisse Maurizio Costanzo, “agli inglesi, per sua esplicita<br />

affermazione, vorrebbe assomigliare, ne vorrebbe possedere il “self<br />

control” e il “sense of humour”, ma al contrario la sua italianità vien fuori<br />

a ogni pie’ sospinto e quindi si consola di questo amore non corrisposto<br />

traducendo diligentemente in immagini quanto gli inglesi hanno scritto<br />

sulla pagina”. 4<br />

Per i suoi teleromanzi scelse una serie di storie straniere e le adattò<br />

allo spirito nostrano, rendendole omogenee tra loro in un linguaggio<br />

stilistico nuovo, che tende a italianizzare i romanzi d’origine – siano essi<br />

francesi o russi-, riconducendoli tutti a una sintassi semplificata, usando<br />

volti di attori italiani che aiutavano il pubblico ad orientarsi nel dramma,<br />

ritrovando sempre le stesse fisionomie.<br />

“Antoine Jules de la Nouvelle Vague”, come lo chiamava<br />

simpaticamente Nando Gazzolo, fu un grande sperimentatore nella<br />

tradizione, e tradusse in un linguaggio inedito alcuni <strong>dei</strong> più grandi<br />

classici di tutti i tempi, appoggiandosi a una schiera di attori di vaglia<br />

che ricorrono nei suoi film e nei suoi sceneggiati, definendo una grande<br />

famiglia sul set. Proprio grazie a quegli attori, quasi esclusivamente<br />

italiani, spesso provenienti dal teatro, <strong>Majano</strong> riuscì ad addomesticare<br />

anche le storie più esotiche, permettendo allo spettatore di trasfigurare<br />

luoghi lontani con scenari conosciuti: si guarda la spiaggia di Brighton e<br />

si pensa a Forte <strong>dei</strong> Marmi, si ammira la Scozia e si pensa a Candelo, e<br />

viceversa, si pensa di vedere la Francia e invece si osserva Tirrenia,<br />

perché comunque, in un modo o nell’altro, prevale un sentire italiano. E<br />

dove non arriva la scenografia, si supplisce con l’immaginazione.<br />

Quello di <strong>Majano</strong> è una sorta di esperanto televisivo, che permette di<br />

tradurre in una stessa lingua, con una funzione pedagogica, la poetica di<br />

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