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Anton Giulio Majano. Il regista dei due mondi

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storie le tensioni drammatiche e le soluzioni spettacolari che avrebbe<br />

adottato se avesse potuto realizzare <strong>dei</strong> kolossal. <strong>Majano</strong>, definito anche<br />

“il Cecil B. De Mille italiano”, pensava in grande, e i suoi lavori sono<br />

kolossal in potenza.<br />

<strong>Il</strong> richiamo dell’immaginario esotico non si manifesta in modo esplicito,<br />

come nello Squadrone bianco o in Abuna Messias. Negli sceneggiati di<br />

<strong>Majano</strong> l’esotismo si vede concretamente in pochi casi, per esempio nella<br />

Pietra di luna e, con vaghi accenni, nella Fiera della vanità, dove si parla<br />

di avventure coloniali in India. Ma, in senso lato, il fascino per ciò che è<br />

diverso e lontano <strong>Majano</strong> lo trasfonde anche nelle atmosfere incantate <strong>dei</strong><br />

salotti borghesi <strong>dei</strong> Barras o <strong>dei</strong> von Andergast. Sono <strong>mondi</strong> eccentrici e<br />

bizzarri quelli che racconta <strong>Majano</strong>, coadiuvato da grandi scenografi e<br />

costumisti, da Giancarlo Bartolini Salimbeni a Pier Luigi Pizzi, adattandoli<br />

al gusto italiano. L’esotismo si ricollega inevitabilmente anche all’epica<br />

militare, alle gesta <strong>dei</strong> soldati che combatterono in India o in Africa. E<br />

spesso c’è questo senso militaresco nella sua opera: il dottor Manson della<br />

Cittadella, molto invecchiato nelle sequenze iniziali e finali (un espediente<br />

per far sembrare più giovane Alberto Lupo, allora quarantenne, nelle scene<br />

del racconto principale), in cui racconta la sua storia al giovane dottor<br />

Grenfell, fa l’effetto di un ufficiale anziano, e sempre nella Cittadella, come<br />

in E le stelle stanno a guardare, nelle scene in miniera si ha la sensazione<br />

di assistere a un film di guerra, con i minatori che sembrano soldati che<br />

affrontano la vita con eroismo, resistendo stoicamente alle sofferenze (vedi<br />

Uomini sul fondo di De Robertis).<br />

L’esotismo di cui sopra ha una valenza aristocratica, è un’esperienza<br />

riservata a pochi. Ne rimane esclusa la povera gente, una componente<br />

fondamentale nei teleromanzi di <strong>Majano</strong>. Per le grandi masse sottoposte<br />

a sacrifici quotidiani l’ispirazione si sposta al Realismo poetico <strong>dei</strong> grandi<br />

registi francesi degli anni Trenta, a una personale interpretazione del<br />

Naturalismo e del Verismo.<br />

Ma non è solo storia, mistero e melodramma la formula dell’arte di<br />

<strong>Majano</strong>. C’è un altro versante importante, che è quello della<br />

comunicazione, del desiderio di esperire ogni possibile ramificazione <strong>dei</strong><br />

media, quelli tradizionali e quelli più all’avanguardia. Da giovane <strong>Majano</strong><br />

lavorò nei quotidiani e alla radio, e portò spesso un atteggiamento da<br />

cronista nei suoi lavori. Terrore sulla città è impostato come un diario<br />

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