Anton Giulio Majano. Il regista dei due mondi
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
giornalistico, Qui Squadra Mobile è pensato come una serie di “cronache<br />
di polizia giudiziaria”, Breve gloria di Mister Miffin racconta i dietro le<br />
quinte della televisione. L’aggancio all’attualità gli serviva per rendere<br />
più autentici i film e gli “sceneggiati contemporanei”, per la famosa<br />
legge della “sospensione del dubbio”, e non di rado si dilettò a mostrare<br />
gli strumenti tecnologici della comunicazione. Appena poteva,<br />
inquadrava un televisore, un registratore, una telecamera, un telefono,<br />
una radio, tutto ciò che fa parte dell’universo <strong>dei</strong> media.<br />
<strong>Il</strong> suo più grande atto mediatico riguarda I figli di Medea,<br />
un’operazione ardita, che andò ben oltre i confini dello spettacolo e creò<br />
un cortocircuito con i canali dell’informazione, facendo pensare a milioni<br />
di spettatori di essere testimoni, in diretta, in tempo reale, di un dramma<br />
vissuto dalla protagonista dello sceneggiato che stavano guardando. Un<br />
azzardo, che suscitò reazioni contrastanti e che ebbe un notevole strascico<br />
sui giornali. Naturalmente questa sua voglia di sapere, di immagazzinare<br />
nozioni, storie e riferimenti comprendeva anche il cinema.<br />
“Non sono di quei registi televisivi che dicono di non andare mai al<br />
cinema perché non hanno niente da impararvi. Io vado spesso al cinema<br />
e ho quattro titoli nella testa che per me sono le punte più alte alle quali<br />
può arrivare un uomo di spettacolo, Questo pazzo pazzo mondo (che ha<br />
permesso agli americani di frantumare al cinema l’ondata televisiva), e<br />
tre poemi cinematografici, <strong>Il</strong> posto delle fragole, L’arpa birmana e La<br />
ballata di un soldato. Delle cose mie alle quali tengo di più, <strong>Il</strong> caso<br />
Maurizius e Una tragedia americana”. 7<br />
Gli sceneggiati secondo <strong>Majano</strong>, che pur tradiscono una forte<br />
conoscenza del set cinematografico, sono come un teatro esteso e dilatato,<br />
un teatro televisivo, dove a volte la narrazione si snoda in modo<br />
estremamente sobrio, perché la storia si dipana lentamente, senza colpi<br />
di scena, al fine di creare un’atmosfera densa e immersiva, pastosa, una<br />
concatenazione di episodi senza soluzione di continuità, una maglia fatta<br />
di piccoli eventi che si sorreggono uno con l’altro in un’architettura<br />
complessa e ponderata. I lavori di <strong>Majano</strong> sono sempre molto meditati,<br />
diluiti in un tempo sospeso. D’altronde, il senso del tempo per lui era<br />
fondamentale, sia come elemento determinante nelle sue narrazioni, sia<br />
nella sua vita: dormiva tre o quattro ore a notte e lavorava moltissimo.<br />
Come spiegò in un’intervista del 1971 rilasciata a Maurizio Costanzo,<br />
20