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Anton Giulio Majano. Il regista dei due mondi

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giornalistico, Qui Squadra Mobile è pensato come una serie di “cronache<br />

di polizia giudiziaria”, Breve gloria di Mister Miffin racconta i dietro le<br />

quinte della televisione. L’aggancio all’attualità gli serviva per rendere<br />

più autentici i film e gli “sceneggiati contemporanei”, per la famosa<br />

legge della “sospensione del dubbio”, e non di rado si dilettò a mostrare<br />

gli strumenti tecnologici della comunicazione. Appena poteva,<br />

inquadrava un televisore, un registratore, una telecamera, un telefono,<br />

una radio, tutto ciò che fa parte dell’universo <strong>dei</strong> media.<br />

<strong>Il</strong> suo più grande atto mediatico riguarda I figli di Medea,<br />

un’operazione ardita, che andò ben oltre i confini dello spettacolo e creò<br />

un cortocircuito con i canali dell’informazione, facendo pensare a milioni<br />

di spettatori di essere testimoni, in diretta, in tempo reale, di un dramma<br />

vissuto dalla protagonista dello sceneggiato che stavano guardando. Un<br />

azzardo, che suscitò reazioni contrastanti e che ebbe un notevole strascico<br />

sui giornali. Naturalmente questa sua voglia di sapere, di immagazzinare<br />

nozioni, storie e riferimenti comprendeva anche il cinema.<br />

“Non sono di quei registi televisivi che dicono di non andare mai al<br />

cinema perché non hanno niente da impararvi. Io vado spesso al cinema<br />

e ho quattro titoli nella testa che per me sono le punte più alte alle quali<br />

può arrivare un uomo di spettacolo, Questo pazzo pazzo mondo (che ha<br />

permesso agli americani di frantumare al cinema l’ondata televisiva), e<br />

tre poemi cinematografici, <strong>Il</strong> posto delle fragole, L’arpa birmana e La<br />

ballata di un soldato. Delle cose mie alle quali tengo di più, <strong>Il</strong> caso<br />

Maurizius e Una tragedia americana”. 7<br />

Gli sceneggiati secondo <strong>Majano</strong>, che pur tradiscono una forte<br />

conoscenza del set cinematografico, sono come un teatro esteso e dilatato,<br />

un teatro televisivo, dove a volte la narrazione si snoda in modo<br />

estremamente sobrio, perché la storia si dipana lentamente, senza colpi<br />

di scena, al fine di creare un’atmosfera densa e immersiva, pastosa, una<br />

concatenazione di episodi senza soluzione di continuità, una maglia fatta<br />

di piccoli eventi che si sorreggono uno con l’altro in un’architettura<br />

complessa e ponderata. I lavori di <strong>Majano</strong> sono sempre molto meditati,<br />

diluiti in un tempo sospeso. D’altronde, il senso del tempo per lui era<br />

fondamentale, sia come elemento determinante nelle sue narrazioni, sia<br />

nella sua vita: dormiva tre o quattro ore a notte e lavorava moltissimo.<br />

Come spiegò in un’intervista del 1971 rilasciata a Maurizio Costanzo,<br />

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