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Mostre in
Italia
Lo Zibaldone nell’arte contemporanea
Al Beach Resort di Punta Marina Terme, la collettiva di pittura
ideata da Andrea Petralia per ricordare il celebre capolavoro
di Giacomo Leopardi
di Anna La Donna / foto Amedeo Mignogna
Lo scorso 9 novembre, al Beach
Resort di Punta Marina Terme,
vicino Ravenna, Andrea
Petralia, direttore della galleria, ha
inaugurato la collettiva intitolata Lo Zibaldone
nell’arte della figurazione contemporanea,
in cui le opere di nove
artisti del XXI secolo − Stefano Bianchi,
Ennio De Rosa, Salvo Messina,
Giorgio Plebani, Lisandro Ramacciotti,
Luisa Riceci, Daniela Sangiorgi,
Antonio Sgarbossa, Maila Stolfi − dialogano
con la poesia di Giacomo Leopardi.
Ogni artista, pur non rinunciando
al proprio stile e ispirandosi alle ‘criticità’
appuntate dal poeta recanatese sul
proprio diario, si è interrogato sui temi
leopardiani. In questa esperienza pittorica,
le intuizioni personali di ognuno
s’intrecciano intimamente con il pensiero
del grande poeta. Mentre si procede
per la sala, la vita consumata dal
poeta inseguendo una realtà che fin da
subito gli appare inafferrabile e infelice,
prende forma sulle tele; ogni parola
si traduce in immagine, il colore
diventa poesia. E incontriamo la “donna”,
croce e delizia del poeta che, in un
Il curatore della mostra, Andrea Petralia, con l'artista
Daniela Sangiorgi, ospite d'onore dell'iniziativa
crescendo di tensione dualistica, arriverà
a negare al femminile ogni potere
consolatorio. Da imago, ricordo muto e
sogno − o come viva in mezzo alle tenebre
/ sorgea la dolce imago, e gli occhi
chiusi / la contemplavano sotto alle palpebre
(Il primo amore) − a esperienza
erotica capace di accendere la passione
e spegnere la più grande delle illusioni:
l’amore eterno, “inganno estremo”
che lo fa approdare, infine, ad una concezione
materialistica della natura “matrigna”
e “ingannatrice”. Una metafora
tanto cara a Goethe che, ancor prima di
Leopardi, Schopenhauer e Nietzsche, la
descrisse come una danzatrice che accoglie
tra le proprie braccia gli uomini
per poi lasciarli cadere, immemore
e noncurante dei loro destini. In alcuni
dipinti, la natura implacabile esplode
nella materia, come se volesse impietosamente
inghiottire l’uomo nel suo
vortice per liberarlo dalla sofferenza del
vivere. Ma la speranza, si sa, è figlia del
mondo cristiano, è la “volontà di vivere”,
scriveva Nietzsche, contro l’inesorabilità
del fato (ananke per i Greci). In
questa meccanica destituita di ogni valore,
emerge onesto e retto il conversar
cittadino (La ginestra), la voce dell’illusione
più grande: la solidarietà fra gli
uomini. E con delle mani che si cercano
verso l’alto, si chiude questa rassegna
che prende nome dal celebre Zibaldone
leopardiano, parola derivante da “zabaione”,
ovvero un composto di diversi
ingredienti che, mescolati insieme, producono
una vivanda deliziosamente
amalgamata.
Un momento dell'inaugurazione
LO ZIBALDONE 57