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La Toscana nuova Dicembre 21

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La tutela

dell’ingegno

A cura di

Aldo Fittante

Il caso Gucci nella tutela dei marchi notori

di Aldo Fittante / foto Gino Carosella

La Corte di Cassazione con una decisione di appena

qualche settimana fa – precisamente con la sentenza

n. 27217 depositata lo scorso 7 ottobre 2021 –

ha posto fine a una lunga bagarre giudiziaria che, iniziata nel

2015, ha avuto modo di occuparsi della particolare tutela giuridica

che deve essere riconosciuta al marchio Gucci. Il caso

ha preso origine dalla causa instaurata avanti al Tribunale di

Firenze dalla celebre maison fiorentina al fine di ottenere la

declaratoria di nullità di due marchi simili al proprio, riconducibili

ad una società cinese per difetto di novità degli stessi.

Gucci ha invocato l’esigenza di evitare il rischio di confusione

nel mercato da parte dei consumatori tra il proprio marchio

e i marchi della società cinese convenuta in giudizio, richiamando

le norme volte a prevenire qualunque confondibilità

tra imprese dettate dal nostro Codice della Proprietà Industriale

varato dal legislatore con D.Lgs. n. 30 del 10 febbraio

2005. In primo grado – prima che la controversia approdasse

cioè alla Suprema Corte di Cassazione – sia il Tribunale

di Firenze che la Corte d’Appello fiorentina avevano rigettato

le istanze della celebre casa di moda. Le riferite decisioni negative

dei giudici fiorentini erano approdate a tale conclusio-

ne escludendo che, tra i marchi oggetto della controversia,

sussistesse una similitudine tale da determinare un concreto

rischio di confusione da parte del pubblico. La Corte d’Appello

di Firenze aveva in particolare valorizzato – sul piano

del raffronto tra la concreta configurazione dei marchi oggetto

della disputa – i dati fattuali del riempimento in neretto

della gobba della “G” e della sottigliezza del carattere utilizzato

in uno dei due marchi contestati. Tali dissomiglianze –

se considerate in connessione con la spiccata rinomanza del

marchio Gucci – hanno indotto i giudici del gravame della

Corte fiorentina ad escludere che, nel caso di specie, sussistesse

quel rischio di confusione, da intendersi anche come

rischio di possibile associazione tra imprese, che era stato

posto dalla maison Gucci a fondamento dell’azione giudiziaria

promossa contro la riferita società cinese. A questo punto

la casa di moda fiorentina non si è data per vinta ed ha impugnato

la sentenza d’appello avanti alla Corte di Cassazione.

La Suprema Corte ha cassato la pronuncia di secondo grado

rilevando la circostanza che “la Corte d’Appello, nell’analizzare,

ai fini della valutazione di contraffazione, esclusivamente

il criterio del rischio di confusione tra i segni in conflitto,

La boutique Gucci in via de' Tornabuoni

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GUCCI

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