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La tutela
dell’ingegno
A cura di
Aldo Fittante
Il caso Gucci nella tutela dei marchi notori
di Aldo Fittante / foto Gino Carosella
La Corte di Cassazione con una decisione di appena
qualche settimana fa – precisamente con la sentenza
n. 27217 depositata lo scorso 7 ottobre 2021 –
ha posto fine a una lunga bagarre giudiziaria che, iniziata nel
2015, ha avuto modo di occuparsi della particolare tutela giuridica
che deve essere riconosciuta al marchio Gucci. Il caso
ha preso origine dalla causa instaurata avanti al Tribunale di
Firenze dalla celebre maison fiorentina al fine di ottenere la
declaratoria di nullità di due marchi simili al proprio, riconducibili
ad una società cinese per difetto di novità degli stessi.
Gucci ha invocato l’esigenza di evitare il rischio di confusione
nel mercato da parte dei consumatori tra il proprio marchio
e i marchi della società cinese convenuta in giudizio, richiamando
le norme volte a prevenire qualunque confondibilità
tra imprese dettate dal nostro Codice della Proprietà Industriale
varato dal legislatore con D.Lgs. n. 30 del 10 febbraio
2005. In primo grado – prima che la controversia approdasse
cioè alla Suprema Corte di Cassazione – sia il Tribunale
di Firenze che la Corte d’Appello fiorentina avevano rigettato
le istanze della celebre casa di moda. Le riferite decisioni negative
dei giudici fiorentini erano approdate a tale conclusio-
ne escludendo che, tra i marchi oggetto della controversia,
sussistesse una similitudine tale da determinare un concreto
rischio di confusione da parte del pubblico. La Corte d’Appello
di Firenze aveva in particolare valorizzato – sul piano
del raffronto tra la concreta configurazione dei marchi oggetto
della disputa – i dati fattuali del riempimento in neretto
della gobba della “G” e della sottigliezza del carattere utilizzato
in uno dei due marchi contestati. Tali dissomiglianze –
se considerate in connessione con la spiccata rinomanza del
marchio Gucci – hanno indotto i giudici del gravame della
Corte fiorentina ad escludere che, nel caso di specie, sussistesse
quel rischio di confusione, da intendersi anche come
rischio di possibile associazione tra imprese, che era stato
posto dalla maison Gucci a fondamento dell’azione giudiziaria
promossa contro la riferita società cinese. A questo punto
la casa di moda fiorentina non si è data per vinta ed ha impugnato
la sentenza d’appello avanti alla Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha cassato la pronuncia di secondo grado
rilevando la circostanza che “la Corte d’Appello, nell’analizzare,
ai fini della valutazione di contraffazione, esclusivamente
il criterio del rischio di confusione tra i segni in conflitto,
La boutique Gucci in via de' Tornabuoni
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GUCCI