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Notre-Dame (2019)
risposte agli interrogativi del proprio tempo e il linguaggio
informale manifesta questa tormentosa condizione. L’informale
rivendica la pittura come puro atto esistenziale, non
si propone di prospettare direzioni, intendimenti o significati,
ma si emancipa da qualsiasi intenzione rappresentativa,
diventa pratica tautologica, in linea con la filosofia dell’esistenzialismo
e la fenomenologia. Ma è nel neoespressionismo
tedesco dei cosiddetti Nuovi Selvaggi che la pittura
raccoglie il testimone di quell’irruenza trasgressiva e ribelle,
audace e indipendente, che sembra idealmente scorrere anche
nella pittura di Mario Pratesi. Attingendo istintivamente
alle esperienze pittoriche precedenti, che rappresentano
il lato dionisiaco della storia dell’arte, l’artista toscano interpreta
con tecnica essenziale e immediata la pratica pittorica
come mezzo per sondare il proprio grado di esistenza al
mondo. Nella composizione l’elemento descrittivo è ridotto
al minimo, l’artista va diretto all’essenziale, senza orpelli,
con capacità di sintesi e di far rivivere nella scena elementi
immaginativi e concreti insieme, compiendo un atto di identificazione
con le proprie istantanee di vita, con i propri personaggi.
Così facendo, può far emergere territori dolorosi e
sofferenti, luoghi di passioni e di affettuosi trasporti, di desideri
felici e di promesse infrante, manifestando sulla tela
la propria intensa adesione alla vita, con una forza che si impone
al di là di tutte le nostre paure, testimoniando che la realtà
è autentica quando è partecipazione.
L’alba dell’uomo (2018)
MARIO PRATESI
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