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WineCouture 7-8/2022

WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

WineCouture è la testata giornalistica che offre approfondimenti e informazione di qualità sul vino e quanto gli ruota attorno. È una narrazione di terroir, aziende ed etichette. Storytelling confezionato su misura e che passa sempre dalla viva voce dei protagonisti, dalle riflessioni attorno a un calice o dalle analisi di un mercato in costante fermento. WineCouture è il racconto di un mondo che da anni ci entusiasma e di cui, con semplicità, vogliamo continuare a indagare ogni specifica e peculiare sfumatura, condividendo poi scoperte e storie con appassionati, neofiti e operatori del comparto.

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29<br />

Photo: Damijan Simčič - Zoso<br />

Cronaca di un tasting<br />

senza confini<br />

Al cuore della modernità dei vini di Brda, la casa<br />

della Rebula<br />

Parlare di Ribolla Gialla significa non arrestarsi<br />

ai confini del vino italiano. Proprio<br />

varcando la linea che separa i due volti di<br />

una terra baciata dalla medesima vocazione,<br />

grazie a quel suolo in cui la Ponca,<br />

con la sua alternanza di marne e arenarie, si fa comune<br />

patrimonio enologico mutando il nome in Opoka, se<br />

ne possono comprendere pienamente gli orizzonti. A<br />

partire da quelli meno celebrati, ma altrettanto felici,<br />

soprattutto nelle loro diverse sfumature capaci di regalare<br />

vini dai tratti estremamente moderni e dall’identità<br />

ben marcata, anche a distanza di decenni. A pochi<br />

passi dal Collio italiano si trova, infatti, la sua controparte<br />

slovena. Lì, dove la linea del confine si sviluppa a<br />

partire da Cividale, scendendo poi verso Udine, Cormons<br />

e Gorizia, per proseguire infine lungo la direttrice<br />

di San Floriano del Collio, passando la frontiera si<br />

giunge in Brda, terroir che racchiude in sé un’infinita<br />

di storie. Un’area dove la viticoltura ti conquista fin dal<br />

primo sguardo, con i terrazzamenti che tratteggiano i<br />

profili delle colline. Si parla di vigne, che si estendono<br />

nella regione per quasi 1900 ettari di filari curati da 700<br />

produttori, ma soprattutto di una vendemmia che ogni<br />

anno si fa racconto eroico su pendii che si colorano di<br />

mille colori e godono dei benefici conseguenti dal trovarsi<br />

alla convergenza tra le calde influenze dei venti<br />

mediterranei che salgono dall’Adriatico e le fresche<br />

brezze che scendono dalle vette delle Alpi. Qui ha la<br />

DI MATTEO BORRÈ<br />

sua “casa” la Rebula, com’è chiamata la Ribolla Gialla<br />

che cresce da questa parte del confine. I numeri indicano<br />

che oggi rappresenta la più importante varietà in<br />

Brda, con le sue uve a coprire attorno al 20% della superficie<br />

vitata per complessivi 400 ettari. Ma dietro ai<br />

2 milioni di litri di Rebula qui prodotta ogni anno, sul<br />

totale di 8 milioni di vino della regione, c’è una storia<br />

tutta da ripercorre. Un racconto che parte ancor prima<br />

della dominazione romana nell’antichità, ma che vede<br />

la sua prima testimonianza scritta nel 1336, quando in<br />

un documento ufficiale si menziona la produzione di<br />

Rebula in Brda. Nel corso dei secoli successivi, questa<br />

varietà cresce in apprezzamento e considerazione raggiungendo<br />

Venezia e orizzonti più lontani ancora, tanto<br />

che i vini prodotti nella regione slovena cominciano a<br />

essere usati anche come pagamento in natura, moneta<br />

di scambio per cancellare i debiti contratti. E dopo che<br />

il Catasto Teresiano del 1751 valuta con il tasso più alto<br />

i fondi dove sono presenti i vigneti di Rebula, collocandone<br />

le produzioni al primo posto tra i vini bianchi per<br />

la loro “dolcezza e nobiltà”, la svolta giunge nel 1786,<br />

quando a venire redatta, quasi 70 anni prima di quella<br />

più celebre di Bordeaux, è una classificazione imperiale<br />

dei vini presenti nella contea di Gorizia e Gradisca,<br />

dove i vigneti in Brda sono inseriti nelle prime tre tra<br />

le nove classi che definiscono la graduatoria. “Qui viviamo<br />

davvero di vino e amiamo davvero la Rebula”,<br />

ha sottolineato, non a caso, Uroš Peterc, direttore del<br />

Consorzio dei vini della regione slovena in occasione<br />

della quinta edizione della prestigiosa “Brda - Home of<br />

Rebula Exclusive Wine Experience”, cui <strong>WineCouture</strong><br />

ha preso parte. Un appuntamento nato nel 2017 e che<br />

quest’anno ha permesso di confrontarsi con il vitigno<br />

principe della zona sotto diverse forme, andando a coglierne<br />

appieno le potenzialità. Innanzitutto, quelle che<br />

sono derivazione dell’incontro di due climi, che conferiscono<br />

alla Rebula quella freschezza e vivacità capaci<br />

di rappresentare un tratto identitario che perdura nel<br />

tempo, come ha dimostrato l’apertura e l’assaggio di tre<br />

bottiglie della più vecchia annata in Brda, una 1957, custodita<br />

per tutto questo tempo negli archivi della cantina<br />

della cooperativa più importante della regione, Klet<br />

Brda. Un vino nato in origine per essere bevuto entro<br />

forse un paio d’anni, ma che una volta giunto oggi nel<br />

calice ha stupito innanzitutto per l’età dichiarata: difficile<br />

predire che un vino bianco di questo tipo non solo<br />

reggesse alla prova del tempo, ma soprattutto desse la<br />

sensazione di avere ancora strada davanti a sé, dimostrando<br />

forse una quindicina d’anni se si fosse provato<br />

a giudicarlo alla cieca. L’altro aspetto che ha colpito<br />

all’assaggio delle diverse sfumature di Rebula in Brda,<br />

da quelle più classiche a quelle maggiormente mature,<br />

fino alle macerate, è il ritrovare in ogni sorso la caratteristica<br />

mineralità conferita dall’Opoka. Un altro elemento,<br />

quest’ultimo, a testimonianza dell’indissolubile fil<br />

rouge che lega i 13 viticoltori di entrambe le sponde del<br />

confine che nel corso della kermesse slovena hanno presentato<br />

le loro migliori interpretazioni di questo straordinario<br />

terroir e vitigno. Dolfo Rumena Rebula 2021 e<br />

Klet Brda Rebula Quercus 2021, tra i classici, Ferdinand<br />

Rebula Epoca 2007, Gradis’ciutta Sveti Nikolaj Rebula<br />

2019 ed Erzetič Orbis Rebula 2018, tra le versioni mature,<br />

Marjan Simčič Rebula Opoka Medana Jama Cru<br />

2012 e Kristian Keber Brda 2019, tra i macerati, senza<br />

dimenticare le bollicine con il Sinefinis Rebolium Brut<br />

Nature 2016 e il Medot Brut 48: questi gli assaggi che<br />

più ci hanno impressionato tra i molti altrettanto meritevoli.<br />

Un caleidoscopio di interpretazioni molto diverse<br />

tra loro, ma tutte capaci di esprimere il potenziale<br />

della Rebula, il vino del futuro, non solo in Brda.<br />

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