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in faccia parole di morte; ma il figlio di Esone
lo trattenne e rispose lui prima in tono cortese:
"Non t'irritare, Eeta, per il nostro viaggio. Non al modo che dici
veniamo alla tua città ed alla tua reggia,
e neanche per nostro volere. Chi mai avrebbe l'audacia
di attraversare tanto spazio di mare per prendere le cose d'altri?
Mi manda un dio, e il feroce comando di un re superbo
Ti supplichiamo, concedici il tuo favore;
ed io per tutta la Grecia diffonderò la tua fama
illustre. Noi siamo pronti a compensarti
subito, combattendo per te, se tu desideri
sottomettere al tuo scettro i Sauromati, o qualche altro popolo".
Così disse con voce soave, adulandolo;
il cuore di Eeta era diviso nel petto
tra due diversi pensieri, se prenderli subito
e ucciderli, oppure provare il loro valore:
riflettendo, questo gli parve il meglio, e così gli rispose:
"Straniero, perché parlare di tutto ciò, punto per punto?
Se veramente siete figli di dei, o in ogni caso
non mi siete inferiori, voi che venite per prendere le cose d'altri,
io ti darò il vello da portar via, se lo desideri -
ma dopo una prova. Non sono invidioso degli uomini prodi
come voi dite che è il sovrano di Grecia.
La prova del tuo coraggio e della tua forza sarà una fatica,
di cui, per quanto tremenda, io vengo a capo con le mie braccia.
Due miei tori pascolano nella piana di Ares: