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disse il suo proposito: "Andiamo dunque da Cipride;
chiediamole di parlare a suo figlio
e di persuaderlo a colpire con le sue frecce
la figlia di Eeta, la maga, e ammaliarla
d'amore per Giasone. Credo che con le astuzie di lei
Giasone riporterà il vello in terra di Grecia".
Così parlò, e l'astuto progetto piacque ad Atena,
e allora di nuovo rispose ad Era con dolci parole:
"Era, mio padre mi ha generata ignara dei dardi d'amore,
non conosco il bisogno, l'incanto del desiderio.
Se a te piace questo disegno, ti verrò dietro,
ma sarai tu a parlare, quando andremo da lei".
Disse, e alzatesi andarono alla grande casa di Cipride,
costruita per lei dallo zoppo Efesto, suo sposo,
quando un tempo la ricevette in moglie da Zeus.
Entrarono nel cortile e si fermarono sotto il portico
della stanza dove la dea preparava il letto di Efesto.
Questi era andato di buon mattino nell'officina,
nel vasto recesso segreto dell'isola errante,
dove alla fiamma del fuoco forgiava le opere splendide,
e lei sola in casa sedeva su di un trono adorno, davanti alla porta.
Lasciando cadere da ambo le parti i capelli
sopra le candide spalle, li ravviava col pettine d'oro,
e ne faceva lunghissime trecce. Vedendole,
smise e le chiamò dentro, e si levò dal suo trono,
le fece sedere e sedette di nuovo anche lei,