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ad affrontare l'impresa, ma se tu temi
di aggiogare i buoi o fuggi di fronte al raccolto mortale,
allora farò di tutto perché ogni altro uomo in futuro
non s'arrischi più a presentarsi a uno più forte di lui".
Disse così, apertamente: Giasone si alzò dal suo seggio
e con lui Augia e Telamone; Argo li seguì, solo,
facendo segno ai fratelli di restare là nel frattempo.
Uscirono dalla stanza e fra tutti splendeva
il figlio di Esone per la bellezza e la grazia;
e addosso a lui la fanciulla fissava lo sguardo
obliquo, scostando lo splendido velo e struggendosi
il cuore di pena; come in sogno, la mente
volava, trascinandosi sulle tracce di lui che partiva.
Gli eroi uscirono dalla reggia in preda all'angoscia;
Calciope, stando in guardia dall'ira di Eeta,
corse nella sua stanza assieme ai figli
e Medea fece lo stesso, ma nel suo animo
si agitavano tutti gli impulsi d'amore:
davanti ai suoi occhi si formavano ancora le immagini
di ogni cosa: l'aspetto di Giasone e l'abito che indossava,
come parlava, e come sedeva, e come si mosse ad uscire,
e nel pensarvi le sembrò che simile a lui non ci fosse
nessun altro uomo; le tornavano sempre alle orecchie
la voce e le dolci parole che aveva sentite.
Tremava per lui, che non lo uccidessero i tori
o lo stesso Eeta; e già lo piangeva per morto