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e la distese là sopra, poi diede fuoco alla legna,
mescolò e versò le libagioni, invocando
Ecate Brimo in aiuto alle sue imprese.
Quando l'ebbe invocata, tornò indietro. La dea
tremenda l'udì e dai recessi profondi
venne a ricevere l'offerta. Il capo era cinto
di spaventosi serpenti, intrecciati con rami di quercia:
lampeggiava l'immenso bagliore delle sue fiaccole;
d'intorno ululavano con acuti latrati i cani infernali.
Tremavano tutte le erbe al suo passaggio;
diedero un grido le Ninfe delle paludi,
che danzavano sopra quei prati del Fasi Amaranzio.
Il terrore prese il figlio di Esone, e tuttavia
non si volse indietro, fino a quando fu giunto
in mezzo ai compagni. Sulle nevi del Caucaso
già sorgeva l'aurora, e diffondeva la luce.
Allora Eeta si cinse al petto la salda corazza
che gli diede Ares, quando con le sue mani
ebbe ucciso Mimante di Flegra: si mise
sul capo l'elmo dorato con quattro creste,
splendente come il globo di luce del sole,
appena si leva dall'acque d'Oceano.
E poi prese lo scudo, fatto di molte pelli,
e la spada tremenda, invincibile: nessuno poteva resistervi
degli eroi, da quando lasciarono Eracle in terre lontane:
lui, lui soltanto avrebbe potuto combattere da pari a pari.