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e se ne andò sconsolato a mani vuote, senza avvedersi
dell'arrivo di Cipride, che si fermò davanti a suo figlio,
gli accarezzò il viso e gli parlò in questo modo:
"Di che cosa sorridi, sciagurato, canaglia? Hai ingannato
quel povero sciocco e l'hai sconfitto coi tuoi imbrogli?
Orsù, sii buono, e fammi il favore che ti domando:
ti darò in dono il balocco stupendo di Zeus,
quello che fece per lui la nutrice Adrastea
nell'antro dell'Ida, quand'era ancora bambino,
una palla veloce; niente potresti avere più bello
dalle mani di Efesto. È fatta di cerchi dorati,
e attorno a ogni cerchia, dall'una parte e dall'altra,
girano intorno gli anelli, ma le giunture
sono nascoste; sopra di loro corre un'azzurra voluta.
Se tu l'avrai nelle mani, e la lanci,
lascia per l'aria un solco splendente, come una stella.
Io te la dono, ma tu dovrai colpire con le tue frecce
e incantare la figlia di Eeta d'amore per Giasone,
e senza indugio, oppure più scarso sarà il mio compenso".
Così disse, ed egli si rallegrò ad udire questo discorso.
Gettò via i suoi giochi, e aggrappato con ambo le mani
alla veste di lei, di qua e di là, la teneva
con insistenza, e la pregava di dargliela subito.
Però Afrodite lo trasse a sé con dolci parole
e lo baciò sulle guance e sorridendo rispose:
"Lo giuro sul tuo caro capo e sul mio,