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1909TRA - Caroline Imbert

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Saggi<br />

34. Due ceramiche orvietane provenienti dalla collezione <strong>Imbert</strong> non selezionate<br />

per il libro del 1909.<br />

zione più alta (Petrus vascellarius) datata 1211 rende, di fatto, Orvieto il più antico dei<br />

luoghi di produzione. Il passaggio successivo sarà quello di giustificare il ruolo avuto da<br />

tali oggetti nella realtà culturale della città medievale, richiamando i modi del commercio<br />

delle ceramiche. Le caratteristiche della fabbricazione delle ceramiche orvietane, con i vari<br />

passaggi dalla tornitura all’ultima cottura, è descritto dopo un excursus sulle terraglie in genere.<br />

Soltanto ora si presenta la collezione di <strong>Imbert</strong> 374<br />

che volemmo composta di non molti ma eletti esemplari, mirandosi al pregio di presentare agli amatori<br />

varie stoviglie interessanti per motivi diversi, riesce in un tempo a dimostrare il progredire<br />

di quest’arte alle forme più angolose di rozza decorazione dipinta a riquadri, rombi, croci, nodi<br />

e striature, agli animali e figure anche a rilievo di carattere emblematico e simbolico, sempre su<br />

fondo bianco e reticolato in manganese.<br />

Perali, non a caso, insiste sull’idea di selezione: altri pezzi provenienti da Orvieto arricchiscono<br />

la grande collezione <strong>Imbert</strong>, ma non sono rispondenti al ‘canone’ che lo studioso<br />

ha appena definito (fig. 34).<br />

La descrizione dei pezzi è chiara, sintetica, quasi contrasta con l’edizione documentaria delle<br />

Correzioni e giunte allo statuto dei vascellarii di Orvieto dal MCCCLXX al MCCCCXXVIIII che<br />

le fa da supporto. Ora, quegli oggetti, così contestualizzati e, quindi, trasformati, si possono<br />

vedere raccolti in quattordici tavole fotografiche poste alla fine del libro. Soltanto a Morgan,<br />

come detto, era stato accordato l’onore di avere assemblato al volume un quaderno con tutte<br />

le cinquanta riproduzioni ad acquerello, disposte su quindici tavole (cat. 1.6) 375 . La bibliografia<br />

è ridotta all’osso: oltre al Fortnum, testo di riferimento, sono citati Guasti, Argnani,<br />

e Bode 376 . In fin dei conti, gli studi conosciuti non possono essere di molta utilità perché<br />

descrivono le tecniche in uso in centri che hanno una produzione meno antica di Orvieto.<br />

bricazione delle ceramiche orvietane (pp. 23-24), Elenco della collezione A. <strong>Imbert</strong> (pp. 24-32); Documento:<br />

Correzioni e giunte allo statuto dei vascellarii di Orvieto dal MCCCLXX al MCCCCXXVIIII (pp. 35-42); Nomi<br />

e cose notevoli (pp. 43-44); quattordici tavole.<br />

376 Fortnum, 1896; Guasti, 1902; Argnani, 1903; Bode, 1908.<br />

377 La recensione esce sull’annata 1908: Fumi, 1908, pp. 630-631.<br />

378 Gnoli, 1909, p. 74.<br />

379 Solon, 1909, pp. 10-17. Vedi anche Solon, 1907, che non cita la produzione orvietana.<br />

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