1909TRA - Caroline Imbert
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Saggi<br />
ca medievale attraverso le circa 4.100 opere della collezione Morgan esposte al pubblico nelle<br />
sale del Metropolitan Museum of Art, alle quali si aggiungerà la collezione di George<br />
Grey Barnard, raccolta nei Cloisters, aperti nel mese di dicembre 1914 450 .<br />
È in questo spiraglio che si sarebbe inserito Elia Volpi con la grande vendita organizzata<br />
a New York, per cura dell’American Art Galleries, nel 1916. Due anni di mostre al Metropolitan<br />
e ai Cloisters avevano reso più familiare la produzione medievale ma l’avevano<br />
decontestualizzata, inevitabilmente, malgrado gli sforzi di Barnard. Non a caso ciò che avrebbe<br />
colpito l’immaginario americano sarebbero state le fotografie degli allestimenti di<br />
palazzo Davanzati. La vendita Volpi fu un grande successo di pubblico, ma le ceramiche<br />
orvietane non ebbero l’attenzione sperata. Benché nell’introduzione alla vendita, firmata<br />
dallo stesso Volpi, e nell’altra, alla sezione, di Horace Townsend, si sia data ampia risonanza<br />
alla produzione orvietana, presentandola come il risultato di scavi condotti nel<br />
1911 e descritta riproducendo e traducendo le pagine del libro di Bode dello stesso anno,<br />
che illustrava l’importanza e il ruolo dalla raccolta Volpi nella definizione e comprensione<br />
di tale produzione, le ceramiche orvietane non ebbero molto successo 451 . I 49 oggetti<br />
presentati per vendita furono in massima parte aggiudicati per cifre modeste, una addirittura<br />
ritirata perché falsa (la 642 del catalogo).<br />
Come si è già detto, W.B. Thompson e W.M. Milliken comprarono ceramica orvietana;<br />
il secondo, che al tempo della mostra al Metropolitan era ‘assistant curator’ nel dipartimento<br />
delle arti decorative del museo, dovette subire il fascino della raccolta Morgan, formandosi<br />
un vero e proprio gusto per le arti minori, che avrebbe condizionato la formazione<br />
della collezione medievale al Museo di Cleveland, di cui sarà direttore dal 1917. Alla<br />
vendita Volpi, Milliken avrebbe acquistato, per il Metropolitan Museum of Art di New<br />
York, oltre alle due brocche di Todi, già ricordate (cat. 8.1.16-17), un piatto dalla tipica<br />
decorazione orvietana: una banda intrecciata a formare quattro nodi con, al centro, un<br />
motivo floreale (cat. 8.1.18) 452 .<br />
Probabilmente sull’esito non felice della vendita della ceramica orvietana poteva aver influito<br />
più la “volubilità della moda” che la polemica sui falsi sbandierata dalle pagine de<br />
“L’Antiquario”; quest’ultima, stando a quanto sostenuto da Otto von Falke nel 1925, poteva<br />
dirsi conclusa fin dal 1913, quando i falsari non copiavano più i frammenti orvietani<br />
o la produzione quattrocentesca fiorentina, ma la ceramica rinascimentale della prima<br />
metà del Cinquecento 453 .<br />
La stagione della ceramica medievale orvietana poteva dirsi conclusa, almeno in America,<br />
e Bode, nel 1924, avrebbe, dopo quasi un secolo di scavi e di studi, costatato come questi<br />
oggetti rimanevano ‘sconosciuti’ al grande pubblico e apprezzati soltanto da a small circle<br />
of connoisseurs.<br />
452 Rottner, 1996, p. 126; McCune Bruhn, 1996, pp. 195-198; Ferrazza, 1994, p. 272.<br />
453 Wilson in questo volume.<br />
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