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1909TRA - Caroline Imbert

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Saggi<br />

Le note di Solon sono le prime avvisaglie di un cambiamento in atto, sebbene ancora non<br />

avvertito. Ad Orvieto si continuava a scavare e a commerciare alacremente; anzi, sembrava<br />

che il libro di <strong>Imbert</strong> stesse richiamando ancora più attenzione sulle ceramiche medievali<br />

orvietane.<br />

Nell’estate del 1909, Friedrich Sarre, specialista di arte islamica del museo di Berlino, è a<br />

Orvieto: “ mi fermai ad Orvieto – dirà all’incontro dei responsabili dei Musei nord-europei<br />

contro le falsificazioni (incontri noti col nome di Museen Verband), che ebbe luogo a<br />

Praga nel mese di settembre dello stesso anno – per studiare questi ritrovamenti di ceramiche<br />

ed ho acquistata una serie di frammenti che permettono di capire le caratteristiche<br />

dell’argilla, della forma e della decorazione della ceramica orvietana”. L’interesse era motivato<br />

da un albarello comprato da Wilhelm Bode a Firenze e considerato orvietano: “L’opera,<br />

all’apparenza una maiolica di Orvieto del Trecento o del Quattrocento, solleva dubbi<br />

per varie ragioni”, come sostenne Sarre, ed i suoi dubbi furono confermati dal sopralluogo:<br />

“L’albarello in questione mostra caratteristiche decisamente diverse” 382 .<br />

Subito dopo è la volta di Wilhelm Bode, a Orvieto il 26 ottobre 1909, che, probabilmente,<br />

in quell’occasione acquista un piccolo gruppo di ceramiche, forse da Domenico Fuschini<br />

383 : quattro boccali di forme e decorazioni diverse ma, nel complesso, di modesta<br />

qualità. Forse il più interessante è un boccale integralmente ricomposto con frammenti di<br />

diversa provenienza (cat. 6.6.6), che può aver interessato lo studioso perché in quegli stessi<br />

giorni il tema del reintegro e della ricomposizione delle ceramiche orvietane era dibattuto,<br />

con accanimento, non soltanto a Orvieto 384 . Altre due ceramiche sono decorate con un<br />

grande uccello, entro un pannello filettato che va da un lato all’altro dell’ansa; nel primo,<br />

l’uccello, ad ali spiegate, è interamente leggibile, sebbene il boccale sia mancante del collo;<br />

sul secondo, del volatile s’individua soltanto il corpo piumato e parte del lungo collo (cat.<br />

6.11.5 e 6.11.7). Il quarto pezzo è un boccale con la caratteristica decorazione a ‘pigne’ in<br />

rilievo e stemma centrale, forse della famiglia dei Monaldeschi, apparentemente integro,<br />

ma soltanto le protomi e l’impresa araldica sembrano essere originali (cat. 6.11.2).<br />

Pezzi modesti, forse di studio, che non hanno trovato spazio nel libro del 1911 e che Bode<br />

donerà, lo stesso anno, al Metropolitan Museum di New York insieme a due altri boccaletti,<br />

con il beccuccio ad imbuto applicato direttamente sul corpo, caratteristica attribuita<br />

dallo stesso studioso alla produzione romana 385 .<br />

Il 13 febbraio 1910 sarà la volta di Joseph Henry Fitzhenry 386 (fig. 35), ad Orvieto insieme<br />

a Arthur B. Skinner, già direttore del South Kensington Museum di Londra, e, forse,<br />

allo stesso Morgan, tappa di un tour di tre settimane che li avrebbe portati da Roma a Or-<br />

384 Cfr. più avanti nel testo.<br />

385 Bode, 1911, p. 7. Ai pezzi donati da Bode e a quello acquistato da Sangiorgi nel 1910, si aggiunsero, nel<br />

1912, un boccale orvietano, con stemma gigliato e decorazione a rilievo, acquistato per 2.400 marchi tedeschi<br />

dall’antiquario Boehler, un boccale proveniente dagli scavi di Santa Maria Nuova a Firenze, acquistato<br />

per 105 lire da Lippmann, e quattro ceramiche acquistate alla vendita Volpi del 1916; undici ceramiche sono<br />

acquistate nel 1946 durante la vendita Schiff.<br />

386 AOPSM, Biblioteca, 818, Museo Opera del Duomo. Visitatori, 1891-1912, c. 252v.<br />

387 MLC, Correspondence, 1887-1948, F Fitzthenry J, 19100307. Fitzhenry avverte la bibliotecaria che Morgan<br />

ha acquistato soltanto due “lovely things (one today) but the rest is poor!” e si dice fiducioso di trovare<br />

qualcosa da Seligmann a Parigi.<br />

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