1909TRA - Caroline Imbert
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Saggi<br />
oggetti da destinare ai musei inglesi, come il South Kensington, così come la definizione<br />
delle basi culturali per una moderna arte industriale (Robinson) 17 ; la conoscenza e lo studio<br />
delle collezioni, che stanno affiorando sul nuovo mercato antiquario in grande espansione<br />
(Molinier). In entrambi gli autori si percepisce la stagione delle trasformazioni<br />
in atto, con il collezionismo che sta diventando un fattore sociale determinante, una moda,<br />
forse perché, come è stato recentemente scritto, “incarner tout à tout […] le désir de<br />
repli dans l’art et la sphère privée, né de l’angoisse d’un monde nouveau” 18 .<br />
Robinson e Molinier, da punti di vista diversi, ignorano la produzione medievale. Per il<br />
primo, sebbene “in every age pottery has been a favorite vehicle for the display of art”, la<br />
migliore produzione di maiolica italiana è quella cinquecentesca, così come il Quattrocento<br />
fu the great age per i bronzi. Circa trent’anni dopo, Molinier risente dei cambiamenti<br />
in atto e anticipa di un secolo la cronologia proposta da Robinson; inoltre, pure<br />
considerando che la storia della ceramica italiana può essere racchiusa “depuis ses commencements,<br />
au XV e siècle, jusqu’à sa decadence, à la fin du XVI e siècle”, accenna alle conoscenze<br />
tecniche e alle produzioni più antiche, affermando che i vasai italiani conoscono<br />
lo smalto stannifero fin dal XIII e XIV secolo 19 .<br />
È rifacendosi a tale contesto e all’impatto che su di esso ha avuto la mostra d’arte medievale<br />
e rinascimentale nelle collezioni private tedesche, organizzata da Wilhelm Bode, a<br />
Berlino, nel 1898, oltre alle pubblicazioni dello studioso tedesco 20 , che Valentiner attribuisce<br />
al Bode l’apertura alla maiolica medievale-protorinascimentale, indicata come ‘arcaica’<br />
o ‘primitiva’ 21 . Bode, però, con buona pace di Valentiner, non è da solo.<br />
Primi segnali del cambiamento in atto sono rappresentati dalla precoce collezione di maiolica<br />
arcaica raccolta da Charles Fairfax Murray (cat. 6.3.2), pittore preraffaellita allievo di<br />
Ruskin e agente outsider del South Kensington, a partire dal suo primo viaggio in Italia,<br />
negli anni 1871-1872. Fra il 1874 e il 1876, acquista a Siena, da Stasi e da Giuseppe Porri;<br />
a Firenze, da Pacini e Ciampolini; a Roma, da Castellani (1884) e da Augusto Alberici<br />
(1889) 22 . La sua passione per questi particolari manufatti gli conferirà un ruolo chiave nella<br />
riscoperta della ceramica ‘arcaica’ e lo renderà, negli ultimi due decenni del XIX secolo,<br />
un vero e proprio punto di riferimento per i musei italiani e stranieri e per amatori, studiosi<br />
e mercanti 23 . La collezione, di grande pregio, che lo stesso Murray riproduce in tre-<br />
17 Wilson, 1985, pp. 68-80; Wilson, 1987, pp. 17-21; Wainwright, 1999, pp. 171-185: 172; Wainwright,<br />
2002, pp. 63-78; Levi, 2005a .<br />
18 Saisselin, 1984; Pety, 2001, p. 71. Le trasformazioni in atto sono avvertite anche nella presenza e nei cambiamenti<br />
di significato del termine ‘collezione’ nei dizionari francesi dell’Ottocento: Hamos, 2001, pp. 55-70.<br />
19 Robinson, 1856, pp. 1-2, 105-106. La cronologia proposta da Robinson sarà ripresa in Fortnum, 1873.<br />
Collection Émile Gavet, 1889; Molinier, 1897.<br />
20 Bode, 1899; 1908, 1911.<br />
21 Cfr. il contributo di Netzer in questo volume.<br />
22 Berresford, 1989, pp. 191-210 (Murray, pp. 198-205); Ruskin, 1993, pp. 155-156 (per attività di mercante<br />
e di studioso); Elliot, 2000; Tucker, 2002, p. 121 e nota relativa (per il viaggio in Italia). Sul ruolo<br />
svolto dagli artisti preraffaelliti a Firenze e a Siena in questi stessi anni: Robinson, 1975, pp. 348-351, il già<br />
ricordato Berresford e Mazzoni, 2001, p. 49. Anche Edith Wharton, in False Dawn (Wharton, 1996, p.<br />
177), attribuisce a John Ruskin, William Morris e Dante Gabriel Rossetti l’apertura verso i ‘primitivi’ di<br />
Lewis Raycie (James Jackson Jarves); cfr. infra, nota 68.<br />
23 Tucker, 2002, pp. 124 (“key role in the rediscovery of early maiolica”), 117 e 134.<br />
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